[Area] AreaDG Gruppo Consiliare - Dirigenza giudiziaria, un'occasione di trasparenza

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Ven 14 Giu 2024 17:58:22 CEST


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DIRIGENZA GIUDIZIARIA,
UN’OCCASIONE DI TRASPARENZA
Nell’ampio lavoro compiuto negli incontri di Bologna (dicembre 2023) e di
Napoli (marzo 2024) AreaDG ha messo a fuoco la crisi dell’orizzontalità
della magistratura che deriva dalla gerarchizzazione degli uffici indotta
dalla riforma del 2006 e dalla progressiva formazione di un ceto
professionale di dirigenti giudiziari nel quale chi entra, anche in età
relativamente giovane, può di fatto permanere, transitando da uno ad altro
incarico, fino al pensionamento.
Nel documento programmatico adottato nello scorso aprile all’esito del
suddetto lavoro, intitolato “La dirigenza che vogliamo”, sono state
formulate, in sintesi, cinque proposte:
I) la riduzione del numero dei semidirettivi;
II) un modello partecipato di gestione degli uffici;
III) la valorizzazione della partecipazione fattiva dei colleghi alle
scelte organizzative dell’ufficio, anche quale parametro di valutazione
professionale;
IV) l’onere di portare a termine l’incarico direttivo o semidirettivo,
prima di potere partecipare a concorsi per altri incarichi;
V) la durata massima di sei anni per ogni funzione direttiva e
semidirettiva, senza conferma in itinere, salva la previsione di una
procedura per la rimozione dall’incarico.
Sono proposte che condividiamo e che stanno orientando la nostra azione in
C.S.M. perché diventino patrimonio comune.
Le questioni che attengono alla disciplina della dirigenza giudiziaria, in
particolare, sollecitano il Consiglio a porsi come interlocutore attivo e
propositivo con il Ministero (a cui compete la definizione delle piante
organiche) e con il legislatore (a cui spetta la definizione dei requisiti
di
legittimazione per il conferimento delle funzioni semidirettive e direttive
e la determinazione del tempo di permanenza in tali funzioni); esse
inoltre, e soprattutto, sollecitano il Consiglio a rivedere le regole che
esso stesso si è dato in materia di conferimento di uffici direttivi e
semidirettivi.
Ora, infatti, il C.S.M. ha davanti a sé un’occasione straordinaria per
ridiscutere il profilo della dirigenza giudiziaria: entro il prossimo 21
luglio il testo unico andrà adeguato alle novità normative introdotte dalla
riforma “Cartabia”.
Con la revisione della circolare possiamo dare sostanza alla visione
costituzionale della magistratura quale potere diffuso e orizzontale tanto
nell’esercizio della giurisdizione quanto nella gestione degli uffici
giudiziari.
Due gli obbiettivi di fondo da perseguire intervenendo sul nuovo t.u. sulla
dirigenza.
Il primo: rendere le decisioni consiliari in materia di nomine più
prevedibili ex ante e più leggibili ex post; proprio a causa dell’enfasi
che le accompagna, infatti, è sulle scelte relative alla dirigenza, sulla
loro trasparenza e sulla loro credibilità, che si gioca in misura
preponderante, dentro e fuori la magistratura, l’autorevolezza del
Consiglio.
Il secondo: favorire il superamento di quella separatezza della carriera
dirigenziale che oggi ha reso i titolari di incarichi direttivi o
semidirettivi un corpo sostanzialmente distinto all’interno della nostra
categoria.
Per conseguire il primo obbiettivo, di trasparenza, il C.S.M. deve rendere
i criteri di selezione degli aspiranti più leggibili e adatti a una
applicazione rigorosa. L’esercizio della discrezionalità consiliare – che
va salvaguardata – dovrebbe essere anticipato dalla fase della scelta del
singolo nome per il singolo posto alla fase della definizione, in
circolare, del peso e dell’ordine gerarchico dei criteri selettivi di
legge; questa definizione andrebbe calibrata sulle caratteristiche delle
diverse funzioni direttive e semidirettive e sulle dimensioni dell’ufficio.
Il profilo del candidato verrebbe così a valutarsi non sulla base
dell’astratta qualificazione come “migliore” o “peggiore”, ma in rapporto
alla tipologia dell’incarico richiesto.
La definizione ottimale dei criteri selettivi potrà avvenire per più vie
alternative: specificando con più cura gli indicatori attitudinali;
stabilendone un ordine preferenziale; attribuendo dei punteggi numerici
ponderati; prevedendo degli indicatori in difetto dei quali sarebbe
preclusa una valutazione ulteriore. Su ciò vi è già intenso dibattito in
Consiglio.
Ci batteremo per un sistema di regole che impedisca che in delibere
relative ad incarichi analoghi si operi una valutazione opposta degli stessi
indicatori (si pensi all’esperienza nel secondo grado o nella legittimità;
alla pluralità delle funzioni e dei settori lavorativi sperimentati; al
carattere specialistico delle funzioni svolte; alla titolarità di incarichi
fuori ruolo nel percorso professionale; al servizio attuale nell’ufficio
richiesto; al rilievo di pregressi incarichi vari di collaborazione).
Vogliamo che la discrezionalità consiliare si esprima più nella definizione
dei profili adatti alle diverse funzioni che nella selezione dei singoli
aspiranti. Decisioni leggibili, consequenziali rispetto all’applicazione di
criteri sufficientemente chiari, sono garanzia di maggiore trasparenza e
prevengono l’arbitrio, vero o apparente che sia.
Il nostro secondo obbiettivo - il superamento del fenomeno della carriera
separata dirigenziale - può essere raggiunto lungo due direttrici
compatibili col perimetro d’intervento consentito dalle dettagliate
previsioni del decreto legislativo delegato (e già dalla stessa
legge-delega n. 71 del 2022): valorizzare l’esperienza nella giurisdizione
e premiare il senso di responsabilità di chi si astenga dal chiedere un
incarico direttivo o semidirettivo senza aver prima completato gli otto
anni di quello già eventualmente ricoperto.
Non si vuole un ritorno ai tempi, mai rimpianti, della progressione per
“anzianità senza demerito”, bensì il riconoscimento che il tempo di
esercizio nella giurisdizione negli uffici, se accompagnato da giudizi
lusinghieri, è fonte di autorevolezza e indice dell’attitudine del
magistrato a divenire punto di riferimento nella sezione, nel gruppo di
lavoro, nella sede giudiziaria.
Per altro verso, il compimento dell’intero ottennio nella funzione
dirigenziale consente di vagliare appieno questa esperienza prima di
valutare l’idoneità ad un nuovo incarico; verrebbe così anche scoraggiata
la prassi, ormai dilagante, del passaggio senza soluzione di continuità
dall’uno all’altro direttivo.
Siamo convinti che la funzione dirigenziale sia un servizio reso
all’ufficio e ai colleghi, non la tappa di un cursus honorum.
*Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli,
Antonello Cosentino, Tullio Morello.*
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