[Area] R: (senza oggetto)

Angela Tomasicchio angela.tomasicchio a giustizia.it
Mer 25 Set 2024 15:05:05 CEST


Grazie collega e’ necessario rinnovare i ricordi di magistrati esemplari non solo per i giovani ma anche per i”vecchi” che come me stanno per terminare l’avventura giudiziaria.Angela Tomasicchio
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Il giorno 25 set 2024, alle ore 10:53, Fernando Asaro <fernando.asaro a giustizia.it> ha scritto:


Alcune persone che hanno ricevuto questo messaggio non ricevono spesso messaggi di posta elettronica da fernando.asaro a giustizia.it. Scopri perché è importante<https://aka.ms/LearnAboutSenderIdentification>
Grazie Ottavio, il tuo ricordo è fondamentale per testimoniare i nostri modelli di etica professionale poco ricordati
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Il giorno 25 set 2024, alle ore 09:54, Angelo Costanzo <angelo.costanzo a giustizia.it> ha scritto:


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Grazie a Ottavio Sferlazza per averci ricordato fatti che non si devono dimenticare.
Angelo Costanzo

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________________________________
From: Area <area-bounces a areaperta.it> on behalf of Bruno Giordano <bruno.giordano a giustizia.it>
Sent: Wednesday, September 25, 2024 9:21:51 AM
To: Ottavio Sferlazza <ottavio.sferlazza a giustizia.it>; iscritti a magistraturademocratica.it <iscritti a magistraturademocratica.it>; Area <area a areaperta.it>
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Alcune persone che hanno ricevuto questo messaggio non ricevono spesso messaggi di posta elettronica da bruno.giordano a giustizia.it. Scopri perché è importante<https://aka.ms/LearnAboutSenderIdentification>

Grazie ad Ottavio Sferlazza per la testimonianza e il monito del suo scritto.

Bruno Giordano



Da: Area <area-bounces a areaperta.it> Per conto di Ottavio Sferlazza
Inviato: mercoledì 25 settembre 2024 00:18
A: iscritti a magistraturademocratica.it; Area <area a areaperta.it>
Oggetto: [Area] (senza oggetto)
Priorità: Alta



Alcune persone che hanno ricevuto questo messaggio non ricevono spesso messaggi di posta elettronica da ottavio.sferlazza a giustizia.it<mailto:ottavio.sferlazza a giustizia.it>. Scopri perché è importante<https://aka.ms/LearnAboutSenderIdentification>




A distanza di appena cinque giorni dal 34° anniversario
dell'assassinio di Rosario Livatino sento oggi il dovere morale di
ricordare il sacrifico di un altro giudice siciliano, Antonino Saetta,
presidente della Corte di assise di appello di Palermo, anch'egli di
Canicattì come Rosario, e come lui ucciso, insieme al figlio Stefano,
mentre percorreva la stessa SS 640 a pochi chilometri da Caltanissetta
per fare rientro a Palermo nella tarda serata del 25 settembre 1988.
  Lo voglio ricordare, a distanza di 36 anni,  perchè Saetta,
appartenente alla schiera dei primi magistrati giudicanti uccisi da
"Cosa Nostra", è un eroe civile poco noto e quasi dimenticato.
  Lo voglio ricordare soprattutto per i colleghi più giovani che nel
1988 erano nati solo da qualche anno.
  Ho conosciuto la statura morale del presidente Saetta solo
attraverso lo studio delle carte processuali, avendo avuto l'onore di
presiedere la corte di assise di Caltanissetta che ha condannato i
mandanti Salvatore Riina e Francesco Madonia, ed un esecutore
materiale, Pietro Ribisi.
  E' giusto ricordare, per rendere onore al suo altissimo senso del
dovere e dello Stato, che in esito alle indagini preliminari ed alla
istruttoria dibattimentale, come risulta dalla motivazione della
sentenza che ho redatto, fu accertato che con l'uccisione del dr.
Antonino Saetta, "cosa nostra" volle perseguire una duplice finalità.
   Innanzitutto vendicarsi nei confronti di un giudice che non aveva
voluto piegarsi in più occasioni alle intimidazioni ed alle richieste
di "cosa nostra".
   Il presidente Saetta aveva presieduto la Corte di Assise di appello
che dopo un tormentato iter processuale, fortemente condizionato da
molteplici tentativi di "aggiustamento" dei precedenti giudizi, aveva
condannato, in sede di rinvio dalla cassazione, gli esecutori
materiali dell'omicidio del capitano Emanuele Basile, ucciso a
Monreale nel maggio del 1980, Giuseppe Madonia, figlio di Francesco e
figlioccio d Riina, Armando Bonanno e Puccio Vincenzo.
   Molteplici fonti probatorie, fra le quali anche collaboratori di
giustizia, rivelarono che alcuni giudici popolari erano stati
contattati tramite le famiglie mafiose dei rispettivi luoghi di
residenza e che quegli stessi giudici popolari avevano successivamente
fatto sapere a chi li aveva avvicinati che il presidente Saetta si era
imposto in camera di consiglio affermando di non essere disposto ad
emettere una sentenza di assoluzione in presenza di un grave quadro
probatorio nei confronti degli imputati.
   Appare univocamente significativa la seguente cronologia: la
sentenza fu emessa il 23 giugno 1988, il successivo 16 settembre fu
depositata la motivazione e a distanza di appena 9 giorni fu eseguito
l'agguato che costò la vita al presidente ed al figlio Stefano che gli
sedeva accanto.
   Il secondo obiettivo, processualmente accertato, era quello di
prevenire il pericolo che un giudice che aveva dato prova di essere
integerrimo ed inavvicinabile presiedesse la Corte di Assise di
appello nel processo a carico di Abbate Giovanni + 459, quello che
ormai è storicamente noto come il primo maxi- processo a Cosa Nostra
istruito da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
   La convinzione che si era diffusa in "cosa nostra" era fondata,
perchè effettivamente il maxiprocesso era stato assegnato alla prima
sezione della Corte di assise di appello di Palermo che era presieduta
proprio dal presidente Saetta, il quale nei primi giorni di settembre
del 1988 era stato ufficiosamente incaricato della trattazione di quel
dibattimento.
   La sua intransigenza morale era, peraltro, ben nota a "cosa nostra"
fin dal 1985 allorchè  aveva personalmente respinto ogni tentativo di
avvicinamento per condizionare l'esito del primo processo per la
strage di via Pipitone Federico in cui perse la vita il consigliere
istruttore di Palermo Rocco Chinnici, tentativo segnalato dallo stesso
presidente Saetta all'allora comandante della compagnia dei
carabinieri di Canicattì.
   Il processo si concluse con la condanna di Michele Greco, detto il
papa, Greco Salvatore ed altri.
  E' appena il caso di sottolineare l'importanza che rivestiva per
"cosa nostra" evitare che il giudizio di appello del maxiprocesso
fosse presieduto dal dr. Saetta: prevenire il pericolo che si
consolidassero determinati principi giurisprudenziali che erano stati
affermati per la prima volta nella sentenza di primo grado, con
particolare riguardo al riconoscimento della unitarietà e della
struttura verticistica di "cosa nostra", e ciò anche in relazione alla
responsabilità della "commissione" per i delitti cosiddetti
“eccellenti” ed in genere per quelli corrispondenti ad un interesse
strategico della organizzazione come quelli della c.d. guerra di
mafia; principi che sarebbero stati definitivamente affermati dalla I
sezione della Corte di Cassazione con la sentenza n. 30 del 30/1/1992
  Per molti aspetti l'assassinio del presidente Saetta e del figlio
Stefano ha rappresentato, oltre che un vendetta, anche un delitto con
chiara finalità intimidatoria di natura "esemplare" nei confronti di
magistrati con funzioni giudicanti.
  Al presidente Antonino Saetta ed al figlio Stefano va la nostra
immensa gratitudine ed il commosso ricordo.

     Ottavio Sferlazza
     Magistrato in

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