[Area] Il diritto penale non può essere una costante “emergenza” - Documento approvato dal Consiglio nazionale del 12 ottobre 2024

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Sab 12 Ott 2024 15:46:41 CEST


_Documento approvato dal Consiglio nazionale del 12 ottobre 2024_

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_Il diritto penale non può essere una costante "emergenza"_

Il Consiglio nazionale di Magistratura democratica esprime 
preoccupazione di fronte a diversi interventi - alcuni annunciati e 
altri già realizzati - di "riforma" in materia penale.

Magistratura democratica ha già rimarcato più volte le criticità che qui 
ribadiamo. Lo facciamo nel pieno rispetto delle responsabilità e delle 
prerogative degli organi di rappresentanza politica, ma nella serena 
convinzione che l'intervento degli operatori della giustizia nel 
dibattito pubblico costituisca un esercizio di cittadinanza attiva, 
potenzialmente utile ad avviare una riflessione sulla direzione che sta 
prendendo il sistema penale.

Sempre più di frequente il legislatore interviene in materia penale per 
fronteggiare emergenze (talora reali, talora solo percepite come tali) 
con la decretazione di urgenza: si pensi al c.d. _decreto - Rave 
_(decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162; cfr. al riguardo la seguente 
pagina del pagina del sito di MD [1]), al c.d. _decreto - Cutro 
_(decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20; cfr.  Comunicato di MD su cd. 
decreto Cutro [2]), al c.d. _decreto - Caivano _(decreto-legge 15 
settembre 2023, n. 123).

L'approccio costantemente emergenziale al diritto penale conferma la 
tendenza a spostare l'asse del potere legislativo reale dal Parlamento 
alle stanze del Governo.  Si tratta di un approccio che - soprattutto in 
materia penale - suscita preoccupazione: la ristrettezza dei tempi per 
la conversione dei decreti legge e alcune prassi parlamentari 
affermatesi negli ultimi anni (proposizione di maxi-emendamenti, 
contingentamento dei tempi di discussione, proposizione di questioni di 
fiducia) rischiano di marginalizzare il Parlamento nella declinazione 
delle politiche penali. Parlamento che, in quanto "eletto a suffragio 
universale dall'intera collettività nazionale […] esprime, altresì, le 
sue determinazioni all'esito di un procedimento - quello legislativo - 
che implica un preventivo confronto dialettico tra tutte le forze 
politiche, incluse quelle di minoranza, e, sia pure indirettamente, con 
la pubblica opinione" (così Corte costituzionale, sentenza n. 230 del 
2012).

Ma la questione non può porsi solo sulle "forme" che assume il 
procedimento legislativo.

A suscitare preoccupazione è anche il cedimento alla tentazione di 
ricorrere al diritto penale simbolico; sempre più spesso si cede 
all'illusione che i problemi di sicurezza dei cittadini possano trovare 
soluzione magicamente con il rigore della risposta penale. Crediamo che 
la risposta penale, specie se informata alla logica puramente muscolare, 
non sia la via più efficace per offrire sicurezza ai consociati e per 
risolvere i problemi sociali. Limitarsi ad alzare le pene "costa poco", 
ma non risolve i problemi sociali che spesso alimentano i fenomeni di 
insicurezza sociale. Si tratta di problemi sociali e di sicurezza che 
spesso sono autentici e incidono sulla vita di persone concrete e reali. 
Ma questi problemi possono essere più efficacemente prevenuti 
irrobustendo i presidi di welfare e di inclusione, evitando di creare 
nelle periferie urbane sacche di abbandono e degrado sociale.

Con gli interventi penali sopra segnalati, il legislatore - per 
fronteggiare fenomeni criminali che già trovavano risposte sanzionatorie 
- ha esibito risposte informate a estremo rigore punitivo con interventi 
di dubbia efficacia: non risulta che - dagli inasprimenti di pena del 
c.d. _decreto Cutro_ - siano discesi effetti positivi e concreti nel 
contrasto al traffico di esseri umani; né risulta che gli inasprimenti 
sanzionatori relativi al c.d. _piccolo spaccio_ - disposti dal c.d. 
_decreto Caivano - _abbiano offerto una risposta positiva in termini di 
contrasto al traffico di stupefacenti o nella prevenzione della 
criminalità minorile (anzi: tra gli effetti del c.d. _decreto Caivano 
_segnaliamo il fatto che è ora inaccessibile agli imputati l'importante 
percorso di risocializzazione della messa alla prova per il c.d. piccolo 
spaccio e che - sempre per effetto del decreto Caivano - si è registrato 
un significativo aumento del numero di minorenni detenuti, generando 
così anche negli istituti per minorenni fenomeni di sovraffollamento).

Altrettanta preoccupazione è legata ad alcuni disegni in discussione in 
Parlamento: DDL 623 (AC) e DDL 341 (AS) sull'abrogazione del reato di 
tortura (in evidente contrasto rispetto agli obblighi internazionali 
assunti dal nostro Paese); ma soprattutto il DDL 1660 [c.d. DDL 
Sicurezza, proponenti i ministri Nordio, Piantedosi e Crosetto]. Con 
riguardo a quest'ultimo DDL [per cui, più diffusamente, cfr. Comunicato 
MD su DDL 1660 [3]], numerose disposizioni suscitano preoccupazione 
nella comunità dei giuristi: non solo in MD, ma anche nell'accademia (si 
veda l'intervento dell'Associazione italiana dei Professori di Diritto 
penale [4] ), nel mondo dell'avvocatura (si veda la delibera dell'Unione 
camere penali italiane [5]) e della società civile (si veda l'intervento 
delle associazioni Antigone e ASGI [6]).

Il DDL 1660 - in linea con precedenti interventi normativi - affida al 
rigore esemplare della risposta punitiva i comportamenti di precisi tipi 
di autore: i marginali, i manifestanti, i detenuti, le donne condannate 
con figli minorenni (implicito - ma chiaro - è lo stigma che cade sulle 
donne Rom), con un rigore sanzionatorio che tradisce il fastidio per le 
complessità di una società aperta e pluralista, in cui vi è spazio per 
la povertà, il disagio sociale, il dissenso e la disobbedienza (in 
questo caso sanzionato anche quando non violento: si pensi alla 
criminalizzazione del blocco stradale, anche non violento, e 
all'incriminazione - nel reato di rivolta - anche dei comportamenti di 
mera resistenza passiva).

La risposta penale è una scelta. Una scelta che, però, suscita 
preoccupazione, poiché sanzionare in modo deteriore gli autori di reato 
che hanno commesso fatti nel corso di manifestazioni pubbliche o di 
iniziative di protesta contro la realizzazione di c.d. grandi opere, o 
la scelta di ampliare il catalogo di misure di prevenzione atipiche (con 
attribuzione del potere al Questore di vietare a determinate categorie 
di persone l'accesso ai luoghi ove si realizzano le c.d. grandi opere) 
rappresentano scelte che rischiano di disegnare un "tipo d'autore", 
veicolando nel discorso pubblico l'idea che la pubblica manifestazione 
di protesta è in sé un fatto da stigmatizzare.

Non si tratta di inseguire romantiche visioni del conflitto sociale, ma 
di esprimere preoccupazione per tutti quegli interventi - che in nome 
della logica dell'ordine e della disciplina - rischiano di deprivare la 
nostra democrazia degli elementi di vitalità che derivano dal pluralismo 
e dall'espressione del dissenso.

Se è chiara la linea di tendenza che intende reprimere - con l'esemplare 
risposta punitiva - i marginali e i disobbedienti, è altrettanto chiara 
la scelta di _tranquillizzare _la classe dirigente del Paese, come reso 
evidente dalla scelta di abrogare il reato di abuso di ufficio (su cui, 
cfr. Comunicato di MD [7]).

A ciò si aggiunge poi il ripetersi di interventi sul fronte della 
procedura, in un susseguirsi di "riforme" - alcune attuate, altre solo 
prospettate - che riflettono, sul piano processuale, il medesimo 
orientamento: si allude al garantismo selettivo che informa gli 
interventi in materia di intercettazioni telefoniche, custodia cautelare 
(con la problematica introduzione del GIP collegiale e del previo 
interrogatorio di garanzia), di limiti alla pubblicazione di notizie in 
materia di procedimenti penali.

Ma, nel criticare i molti interventi in materia di giustizia penale, ci 
troviamo soprattutto a registrare con preoccupazione crescente la 
assenza di efficaci interventi, capaci di riavvicinare al mondo delle 
carceri la parola "dignità" (delle persone che vi sono detenute o che vi 
lavorano).

Carceri sovraffollate, con problemi di assistenza sanitaria, con un 
numero allarmante di suicidi, con evidenti carenze strutturali (in 
ragione della fatiscenza di molte strutture) e con gravi carenze di 
personale, (educativo e psicologico, oltre che di polizia penitenziaria) 
non hanno trovato il legislatore - mostratosi sordo persino al monito 
sollevato il 18 marzo 2024 dal Presidente della Repubblica - altrettanto 
attento e solerte. Il Governo è intervenuto con il decreto legge n. 92 
del 2024, ma si è trattato di un intervento assolutamente inadeguato a 
riavvicinare l'esecuzione penale al "volto costituzionale della pena" 
(per un'analisi delle criticità e insufficienze di tale intervento, cfr. 
  il documento della Conferenza Nazionale dei Garanti Territoriali [8] ).

Quell'intervento normativo non ha inciso in modo efficace sui profondi 
bisogni del sistema penitenziario. Ad essi si può certamente rispondere 
con misure di lungo periodo, ma riteniamo doveroso chiamare il 
legislatore alla responsabilità di rispondere al bisogno di dignità che 
- qui ed ora, non tra dieci anni - reclamano decine di migliaia di 
detenuti, di lavoratori dell'amministrazione penitenziaria e decine di 
migliaia di loro familiari. Accanto agli interventi di lungo periodo 
sono indispensabili misure urgenti, volte a fronteggiare -  oggi - 
l'emergenza penitenziaria [per le proposte di MD, cfr. il documento Il 
carcere: tra dignità umana e rieducazione [9]].

Si è detto che allargare l'ambito di applicazione della c.d. 
_liberazione anticipata speciale_ o - peggio - discutere di una 
modulazione degli accessi in carcere in modo da scongiurare il 
sovraffollamento (il c.d. _numero chiuso_ in carcere, come 
semplicisticamente si dice) o - ancor peggio - discutere di amnistia e 
indulto rappresenterebbero una sconfitta per lo Stato.

È nostra ferma convinzione che - per lo Stato - sia una sconfitta ancora 
peggiore quella di non assicurare dignità alle persone che si trovano a 
vivere o lavorare nel mondo delle carceri. Perché la _dignità__ _che si 
porta dietro tutte le promesse costituzionali è un diritto che non può 
essere teorico ed illusorio. Deve essere concreto ed effettivo. Per 
tutti e per ciascuno. Qui e ora.

Leggi sul sito di Magistratura democratica [10]

Links:
------
[1] 
https://www.magistraturademocratica.it/articolo/nm63b19c31035cd6-87947303
[2] 
https://www.magistraturademocratica.it/articolo/nm640c824c5bbff5-78941556
[3] 
https://www.magistraturademocratica.it/articolo/ddl-1660-se-la-scelta-repressiva-alimenta-l-insicurezza-e-la-distanza-dalle-istanze-sociali
[4] 
https://sistemapenale.it/it/documenti/pacchetto-sicurezza-il-comunicato-del-consiglio-direttivo-dellassociazione-italiana-dei-professori-di-diritto-penale
[5] 
https://sistemapenale.it/it/documenti/pacchetto-sicurezza-lunione-delle-camere-penali-delibera-lo-stato-di-agitazione
[6] 
https://www.asgi.it/allontamento-espulsione/no-ad-un-disegno-di-legge-che-minaccia-il-nostro-stato-di-diritto/attachment/antigone-asgi-commento-ddl-1660-sicurezza_def/
[7] 
https://www.magistraturademocratica.it/articolo/ultime-nuove-in-materia-penale-tra-vuoti-selettivi-di-tutela-e-misure-dannose-per-i-processi-e-per-gli-obiettivi-del-pnrr
[8] 
https://www.sistemapenale.it/it/documenti/ddl-nordio-e-carcere-il-documento-della-conferenza-nazionale-dei-garanti-territoriali
[9] 
https://www.magistraturademocratica.it/articolo/il-carcere-tra-dignita-umana-e-rieducazione
[10] 
https://www.magistraturademocratica.it/articolo/il-diritto-penale-non-puo-essere-una-costante-emergenza
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