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Giudici e inviti all'obiezione di coscienza

Sommario

Leggi e istituzioni
La sfida dell'ordinamento giudiziario (Considerazioni realistiche sul
"progetto Mastella"), di Valeria Fazio
Le misure alternative tra deflazione carceraria e revisione
del sistema sanzionatorio penale, di Massimo Niro
Linguaggio, legalità, giurisdizione, di Patrizia Bellucci

Obiettivo 1. Famiglie, convivenze di fatto, Costituzione
I Dico tra resistenze culturali e bisogni costituzionali, di Nicola
Pignatelli
Appunti su famiglia naturale e principio di uguaglianza (A proposito
della questione omosessuale), di Marco Gattuso
Quando la chiesa disciplinava le unioni di fatto, di Gian Carlo Caselli

Obiettivo 2. Lo stato del processo del lavoro in Italia. Un tentativo
di ricognizione
Poco più di uníintroduzione, di Rita Sanlorenzo
1. Il Tribunale di Torino, di Pietro Rocchetti
2. Il Tribunale di Milano, di Riccardo Atanasio
3. Il Tribunale di Modena, di Carla Ponterio
4. Il Tribunale di Roma, di Cristiano Valle
5. Il Tribunale di Napoli, di Linda DíAncona
6. Il Tribunale di Bari, di Simonetta Rubino
7. Il Tribunale di Cosenza, di Emilio Siriani

Prassi e orientamenti
Ancora sul ´caso Welbyª (ovvero i ritardi della giurisprudenza nel
riconoscimento dei diritti della persona), di Antonio Lamorgese

Magistratura e società
Essere giudici in Calabria, di Emilio Sirianni

Rubriche
Cronache dal Consiglio superiore della magistratura, di Livio Pepino
(1. La composizione del Consiglio, l'elezione del vicepresidente e alcuni profili di novità / 2. La collaborazione tra Consiglio e Ministro della giustizia / 3. La risoluzione relativa agli interventi possibili per razionalizzare l'impatto dell'indulto sul sistema della giustizia penale / 4. Esiste una questione deontologica ? ovvero la bocciatura di Vincenzo Carbone nella corsa per la presidenza della Cassazione / 5. Il Consiglio dimezzato e i limiti alla possibilità di trasferimento di ufficio / 6. Direttivi e semidirettivi / 7. Gli incarichi extragiudiziari / 8. La riammissione in servizio di Corrado Carnevale / 9. Il Consiglio superiore
e i giudici di pace / 10. Palermo: il conflitto Messineo/Grasso).

Osservatorio internazionale
La Corte penale internazionale: una realtà ormai in movimento, di
Michela Miraglia
Stati Uniti: lo strano caso della revoca di otto procuratori federali, di
Vito Monetti

Giurisprudenza e documenti
1. L'epilogo dei processi Imi/SirLodo Mondadori e Sme (Giuseppe
Santalucia)
I. Cass., sez. 6, 4 maggio - 5 ottobre 2006, pres. Ambrosinirel.
Milo, imp. Battistella e altri
II. Cass., sez. 6, 30 novembre - 6 dicembre 2006, pres. de Roberto
rel. Cortese, imp. Pacifico e altri
2. Parità scolastica e oneri economici per lo Stato (Gianfranco
Gilardi)
Tribunale Roma - 1 dicembre 2006, Cooperativa Istituto San
Vincenzo c. Ministero istruzione, giud. Lamorgese

Editoriale

1. Nel nostro ordinamento il giudice non è chiamato solo ad applicare la legge ma pu? legittimamente dubitare di essa alla luce della Costituzione, sollevando questione di legittimit? dinanzi alla Corte costituzionale ove ravvisi un contrasto tra la norma da applicare ed i principi ed i valori della carta fondamentale. ? la Costituzione , dunque - alla quale egli ha giurato fedelt? - la tavola dei valori cui il magistrato deve far riferimento nell'esercizio quotidiano delle sue funzioni. E la sola "obiezione" per lui possibile nei confronti del diritto positivo ? l'eccezione di legittimit? costituzionale. Del resto la Corte costituzionale, nella sentenza n. 196 del 1987, ha gi? affrontato la questione della obiezione di coscienza del magistrato su temi simili a quelli di cui oggi si discute, negando al giudice la possibilit? di astenersi dal giudizio sulla autorizzazione di una minore all'interruzione della gravidanza?.
Roma, 17 marzo 2007

2. Stilato all'indomani di una nota della Accademia Pontificia - che invitava i cattolici impegnati nelle professioni o investiti di funzioni pubbliche all'obiezione di coscienza nelle questioni riguardanti il diritto alla vita ? questo documento ha raccolto, nel giro di pochi giorni, centinaia di firme di giudici e di magistrati del pubblico ministero e a suscitato un confronto assai vivace e plurale nell'agor? elettronica delle mailing list.
Impossibile rendere conto qui dei ragionamenti e dei sentimenti espressi attraverso le tante adesioni e nella discussione che si ? sviluppata a partire da un testo volutamente breve ed essenziale. Baster? dire che in essa si sono riversate riflessioni di diverso segno e natura: sul costituzionalismo e sul giuspositivismo; sulla differenza tra obiezione di coscienza e conflitto di fedelt? tra diverse obbedienze; sui princ?pi e valori che devono orientare il magistrato nel suo quotidiano lavoro; sulla possibilit? di introdurre nel nostro ordinamento un'obiezione di coscienza del giudice.
Un dibattito, questo, tanto più rilevante in quanto ha precorso quello suscitato nel mondo politico da un successivo monito della Conferenza episcopale ai politici cattolici a sentirsi impegnati a sostenere leggi ispirate ai ?valori fondanti della natura umana? e a contrastare i progetti di legge - come quelli sulle coppie di fatto - che le gerarchie ecclesiastiche ritengono difformi rispetto a tali valori.
La nostra aspirazione ? che nel dibattito pubblico sia riaffermata l'essenziale distinzione tra sfere diverse dell'esperienza e dell'attivit? umana e venga ribadita l'autonomia della sfera pubblica da ogni indebita ingerenza, comando o forma di responsabilit? ad essa estranei. Ma non vogliamo lasciar cadere senza qualche considerazione ulteriore il tema sempre aperto - e come si tenter? di dire irrisolto ? dell'obiezione di coscienza che va ben oltre l'occasione contingente da cui ? stato riproposto.

3. Un tale riflessione deve misurarsi con il fatto, raramente esplicitato nelle discussioni pubbliche sull'argomento, che oggi questa espressione non ha un significato univoco ma accoglie in s? ed esprime due realt? notevolmente diverse e le loro molteplici sfumature.
Di obiezione di coscienza si parla ancora per designare il contrasto irriducibile della coscienza individuale con la legge, accompagnato da drammatici corollari: la disobbedienza alla legge ingiusta, la rottura del rapporto di lealt? con lo Stato o con la collettivit? che quella regola ha posto, la testimonianza e la sofferenza personale dell''obiettore. Nei moderni ordinamenti liberaldemocratici l'obiezione di coscienza ? per? divenuta anche altro: una sorta di facolt? di astensione ?riconosciuta? all'individuo dalla collettivit? che, in determinati ambiti moralmente sensibili, permette ai singoli di non essere personalmente coinvolti in attivit? che la loro coscienza rifiuta.
All?origine della prima forma di obiezione (id est: di disobbedienza) sta una duplice e speculare rigidit?. Rigidit? del potere e del comando pubblico cui si contrappone una altrettanto assoluta ripulsa individuale. Nell'illustrare il percorso umano e intellettuale che lo condusse nel 1906, in Sud Africa, a ?rifiutare di obbedire alle leggi discriminatorie affrontando per questo anche la prigione?, ? proprio il teorico della non-violenza e della forza della verit? (satyagraha) Mohandas Karamchand Ghandi a sottolineare la radicalit? della sua scelta definendola icasticamente come ?l'equivalente morale della guerra? (Young India, 5 novembre 1931). Nei casi ?generalmente rari? in cui un cittadino ?considera alcune leggi ingiuste e l'obbedienza ad essa un disonore ? egli viola queste leggi e sopporta con pazienza la punizione che gli viene inflitta per tale violazione? (Young India, 14 gennaio 1920).
Il riconoscimento pubblico di un diritto individuale all'obiezione di coscienza si fonda, invece, su di un positivo, ma al tempo stesso fragile, compromesso. Il singolo non si ribella al fatto che la legge che ritiene ingiusta resti in vigore e produca i suoi effetti e lo Stato, dal canto suo, gli riconosce la facolt? di non cooperare attivamente alla sua attuazione, di ?chiamarsi fuori? da quel particolare aspetto della vita pubblica. A fronte di un potere relativamente tollerante, che offre al dissenziente una nicchia entro la quale collocarsi, si pone un singolo che limita la sua intransigenza entro il confine della sua esperienza individuale. ? quanto avviene nel nostro ordinamento per il medico in tema di aborto o di tecniche di procreazione medicalmente assistita e quanto ? avvenuto (all'esito di un lungo travaglio) per il servizio militare sino a che esso ? stato ?obbligatorio?.

4. La naturale precariet? del compromesso sta in questo: che esso riposa da un lato sulla marginalit? quantitativa e qualitativa del fenomeno dell'obiezione ?riconosciuta? e, dall'altro, sulla possibilit? morale del singolo di nutrire un dissenso solo relativo e parziale, e per cos? dire individualizzato, riguardo alla legge che ritiene ingiusta.
Ove uno di questi due elementi di equilibrio dovesse venire meno, il compromesso si incrinerebbe irrimediabilmente e rinascerebbe, nella sua forma più radicale, il conflitto, solo aggirato e sopito dalla relativa tolleranza (o, se si preferisce, dalla salutare astuzia) dello Stato liberale.
? del tutto evidente che se tutti i medici esercitassero la facolt? di astenersi dal praticare aborti sarebbe vanificato il diritto alla salute delle donne intenzionate a interrompere la gravidanza; e il legislatore dovrebbe correre ai ripari.
Meno evidente, ma altrettanto certo, ? che se agli occhi di singoli individui, di minoranze o di vasti settori della collettivit? il livello di ?ingiustizia? della legge divenisse intollerabilmente alto, si ridurrebbero drasticamente gli spazi individuali per ?chiamarsi fuori?. Cos?, ad esempio, difficilmente la reintroduzione nel nostro ordinamento della pena di morte o di pratiche punitive crudeli e disumane potrebbe consentire ai singoli vie di uscita laterali (e tanto meno far sentire in pace con la sua coscienza il magistrato che si limitasse a trasferirsi dalla giurisdizione penale a quella civile).
Queste riflessioni ne richiamano un'altra che riguarda più direttamente i magistrati e gli uomini politici. ? possibile parlare di un ?diritto? all'obiezione di coscienza (nei termini del compromesso liberale che si ? prima descritto) per chi, come il parlamentare o il giudice, per la natura dei compiti svolti, esercita funzioni fondamentali dello Stato e non pu? dunque rifugiarsi in una nicchia, senza assumere responsabilit? dirette per quanto gli appare moralmente inaccettabile?
La risposta che ci sentiamo di dare ? che per questi soggetti vale sempre e solo la regola della responsabilit? individuale. Che essi non possono chiamarsi fuori o mettersi a margine delle questioni più scottanti della vita pubblica. Che sono sempre in gioco complessivamente e che proprio in questo consiste la grandezza, l'indispensabilit? e l'esemplarit? del loro compito agli occhi dei cittadini. Che in definitiva devono obbedire solo alla loro coscienza e ai valori fondanti del patto costituzionale, se sono legislatori, e solo alla legge rettamente interpretata e conforme alla Costituzione, se sono giudici. Senza altre fedelt?, senza altre obbedienze, senza indebite interferenze. E a loro rischio e pericolo.
Per questo non appaiono particolarmente convincenti le scorciatoie, e in particolare le proposte di risolvere il problema della obiezione di coscienza dei magistrati con accorgimenti tecnici, dislocandoli in posti che non pongano loro problemi di coscienza.
Forse, all'atto del loro invito all'obiezione di coscienza ai magistrati italiani (che per la verit? ? sembrato un puro e semplice invito all'obbedienza), gli accademici e i vescovi non si sono resi conto di tutto questo e quindi dell'enormit? di quanto stavano dicendo.

? stato un bene ricordarglielo.


Indirizzo:
http://old.magistraturademocratica.it/platform/2007/07/24/giudici-e-inviti-allobiezione-di-coscienza