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L'utile, il giusto e la giurisdizione

Sommario

sommario n. 6/2007

 

sommario e avvertenza

Leggi e istituzioni
Appunti sui lavori della commissione per la riforma del codice
penale, di Piergiorgio Morosini
L'emergenza sicurezza. Appunti su sicuritarismo e politiche del
diritto, di Angelo Caputo
Welfare e diritti di cittadinanza, di Franco Ippolito
Il diritto costituzionale all'abitazione (I presupposti per una immediata
applicazione giurisprudenziale), di Andrea Giorgis

Obiettivo. Ancora su "buona morte" e intervento giudiziario
La giurisprudenza riapre il dibattito sul diritto di vivere e di morire, di
Ignazio Juan Patrone
I. Dopo quindici anni di stato vegetativo permanente. Che fare per
medici, parenti e giudici?
(Corte di cassazione - sezione 1^ civile 2007, 16 ottobre 2007,
n. 21748, pres. Luccioli, rel. Giusti, ric. Englaro)
II. Quando il paziente rifiuta la terapia. I doveri del medico
(Tribunale Roma - giudice della udienza preliminare, 23 luglio
2007, giud. Secchi, imp. Riccio)
 

Prassi e orientamenti
Giudici a Sud. Tendenze e problemi del processo penale, di
Giuseppe Santalucia

Giurisdizione e sicurezza: cosa succede in città?
Milano: una giornata particolare, di Ilio Mannucci Pacini

Osservatorio internazionale
Il processo a Saddam Hussein. Ovvero l'ingiustizia dei vincitori, di
Vittorio Fanchiotti

Giurisprudenza e documenti
1. Ancora su fecondazione assistita e diagnosi preimpianto (Amedeo
Santosuosso
)
Trib. Cagliari, 24 settembre 2007, giud. Cabitza, X e Y contro Usl 8
Cagliari
2. Cognome e diritto all'identità personale (Paola Lovati)
Tribunale Bologna- 1^ sezione civile, decreto 11 settembre 2007,
pres. Betti, correzione cognome
3. La legge, la zingara e la propaganda (di Giancarlo De Cataldo)
Tribunale Palermo - giudice per le indagini preliminari, ordinanza
31 luglio 2007, giud. Gamberini, imp. F. Maria
4. Il parere della Cassazione sul progetto di riforma del processo
penale

Editoriale

Non è - come vorrebbe una vulgata diffusa nella politica, sulla stampa e persino tra i magistrati - un copione già visto. Le misure cautelari che, il 16 gennaio, hanno colpito sodali e congiunti del guar-dasigilli Mastella anticipandone le dimissioni annunciate e spianando la strada alla caduta del Governo Prodi hanno poco a che vedere con l'arresto per corruzione, avvenuto a Milano il 17 febbraio 1992, del socialista emergente Mario Chiesa, a cui seguirono, come una valan-ga, il ciclone di Tangentopoli e la fine della prima repubblica. Ed e-gualmente distanti esse appaiono dall'avviso di garanzia (anch'esso per corruzione) emesso dalla Procura milanese nei confronti del presiden-te del Consiglio Berlusconi, che, notificato a Napoli il 22 novembre 1994, contribuì a determinare la fine anticipata del primo Governo della Repubblica sostenuto da un partito azienda e dagli eredi del fa-scismo (con il supporto di alcuni remissivi comprimari). Ci sono, cer-to, delle analogie: in particolare, le incursioni del giudiziario nel si-stema politico e l'acuirsi della crisi di quest'ultimo, foriera di competi-zioni elettorali ravvicinate e laceranti (peraltro determinate - crisi ed elezioni - da ragioni profonde, a fronte delle quali l'intervento giudi-ziario appare, ora come allora, una concausa secondaria se non addi-rittura un comodo alibi). Ma le analogie si fermano qui ché ben diver-sa è la situazione nella politica, nella società, nella giurisdizione. Se ne parlerà a lungo, anche perché la giustizia si preannuncia come tema centrale della prossima campagna elettorale e della legislatura che ver-rà... È bene, dunque, cominciare da subito, seppur con pochi flash a caldo.
La politica, travolta dalla "questione morale" e incapace di rin-novamento, è oggi più debole e delegittimata di quanto non fosse nei primi anni Novanta, quando esisteva, almeno, la speranza di una im-minente primavera, propiziata dal risveglio della società civile, da un diffuso impegno delle istituzioni (in primis quelle giudiziarie) contro mafie e corruzione, da una voglia di politica fondata sul bisogno di cambiamento anziché sulle alchimie di palazzo. Quella stagione è oggi sideralmente lontana e sulle ceneri di una primavera mai sbocciata (per incapacità e miopia di chi avrebbe potuto e dovuto promuoverla) fioriscono, da un lato, delusione e antipolitica e, dall'altro, un crescen-te populismo, accompagnato da diffusi fenomeni di corruzione e mal-costume e spesso venato di intolleranza e razzismo. Stanno qui - e non in presunte spallate inferte da incursioni giudiziarie - le ragioni vere della implosione del sistema.
Ma la crisi non risparmia la giurisdizione, pur uscita sostanzial-mente indenne, in termini ordinamentali, da tentativi di ridimensiona-mento senza precedenti e tuttora capace di iniziative indipendenti e rigorose. Un decennio di delegittimazione ha lasciato - non poteva non lasciare - il segno nella cultura e nelle prassi di pubblici ministeri e giudici, talora modificandone l'approccio al processo e producendo fenomeni, tra loro speculari, di autonormalizzazione preventiva o di contrapposizione esibita come cifra della propria indipendenza. Il sus-seguirsi di leggi ad personam ha degradato la norma a comando poli-tico diretto, innescando, anche nella giurisdizione, la tentazione di so-stituire il primato del giusto (che ne è l'irrinunciabile proprium) con quello dell'utile e incidendo così in profondità sulle stesse categorie della interpretazione. L'interessata presentazione del processo come luogo dove si conduce una battaglia senza esclusione di colpi ha, qua e là,, determinato l'emergere di spinte tese a far prevalere la cultura del risultato su quella delle regole. E c'è, anche tra i magistrati, chi ha dedicato maggior cura alla tutela della propria immagine (magari di eroe solitario) che al rigore della motivazione. Non è, questa, una si-tuazione generalizzata; ma ciò accaduto e accade. Occorrono, dunque, analisi rigorose e interventi conseguenti, la cui sede naturale sta nel confronto e, se del caso, nello scontro culturale (non surrogabili con scorciatoie disciplinari o burocratiche pur - nei casi estremi - necessa-rie). Si impone qui un non rinviabile protagonismo della comunità dei giuristi, a cui intendiamo concorrere aprendo le pagine della Rivista a un dibattito franco e senza reticenze. Cominciamo con uno scritto di Giuseppe Santalucia dedicato a tendenze e problemi della giustizia penale in alcune aree del Sud, a cui farà seguito, nel prossimo fascico-lo, un forum con la partecipazione di Paolo Flores d'Arcais, Antonio Ingroia, Nello Rossi. Donatella Stasio e Luciano Violante. Vogliamo che questo sia solo l'inizio.

gennaio 2008


Indirizzo:
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