Diritto di vivere, diritto di morire : il convegno del 5 novembre 2005

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Sabato 5 novembre si è svolto a Bologna il Convegno della Fondazione Carlo Maria Verardi sul tema "Diritto di vivere. Diritto di morire". Nella introduzione il direttore della Fondazione Giovanni Berti Arnoaldi Veli ha ricordato che l´iniziativa costituisce il proseguimento della riflessione avviata nello scorso anno con il convegno su "Senso e attualità dei diritti fondamentali" (preceduto da quello di Forlì del maggio 2002 su "Immigrazione: sentire e ragionare", e seguito il 24 giugno 2005 dall´incontro - dibattito di Villa San Giovanni su "La Costituzione europea e i diritti fondamentali"), con l´intento di aprire un "osservatorio permanente" sull´orizzonte dei diritti e di concorrere allo scopo essenziale della giurisdizione che è quello di proteggerli e di realizzarli.

Il vicesindaco di Bologna Adriana Scaramuzzino, portando il saluto della città, ha sottolineato che l´emarginazione dei diritti e le diseguaglianze sociali debbono essere contrastate con politiche di inclusione, combattendo le paure che sono fuori e dentro di noi, e creando una fitta rete di solidarietà, di integrazione e di strumenti capaci di favorire la convivenza..

Nella sessione antimeridiana - introdotta e coordinata con sensibilità esemplare da Margherita Cassano, la quale ha l´altro sottolineato la necessità di innescare un processo di uguaglianza tra i paesi che si affianchi a quello di uguaglianza tra le persone, ed ha raccordato lungo una linea di organica continuità le diverse relazioni ed i vari interventi - il Prof. Pier Giorgio Ardeni del Dipartimento di Scienze Economiche, ha sottolineato nella sua relazione ("La qualità della vita alla prova dell´economia") che una rilevante percentuale della popolazione mondiale è sotto la soglia della povertà estrema e della possibilità di sopravvivenza; il 70% dichiara od ha la percezione di essere povera; disuguaglianze e povertà sono in crescita costante; il reddito africano è pari a circa il 5% di quello dei soli Stati Uniti. L´Italia è tra i Paesi che meno contribuiscono in termini di aiuti per ridurre la povertà, verso la quale si va diffondendo un atteggiamento di "tolleranza", di progressivo abbandono dell´impegno politico, sociale e culturale per cercare di superarla. Una parte del mondo - ha sottolineato il dott.Vincenzo De Luca, diplomatico ed esperto di cooperazione internazionale, nella relazione dal titolo"Miti e realtà della cooperazione internazionale" - sta sprofondando, mentre in altri Paesi, come la Cina, si va verso un processo di innalzamento. Rispetto agli squilibri planetari è urgente un "governo della globalizzazione" capace di includere i paesi pi poveri. E´ necessario, cioè, elaborare progetti coerenti, idonei a coinvolgere anche i paesi in via di sviluppo, ridefinendo tra l´altro le politiche dello scambio e facendo in modo che gli aiuti perseguano l´obiettivo di mettere i Paesi pi poveri in condizioni di agire da soli. Agli immigrati si deve guardare come ad un risorsa per un diverso concetto di sviluppo fondato sulla partecipazione, e non sull´esclusione..

Angelo Caputo, nel sottolineare il ritorno del razzismo in Italia ed in Europa e la dimensione asimmetrica dello "jus migrandi" (l´art. 13 CEDU, ad esempio, prevede il diritto del migrante di lasciare il propri paese ma non quello di arrivare in un altro paese), ha ricordato nella sua relazione ("Politiche migratorie e diritto alla vita") che nel contesto di un pi ampio apartheid europeo le politiche migratorie hanno funzionato come fattore frenante dell´immigrazione, ed ha messo in luce il carattere artificioso della distinzione tra stranieri "regolari" e stranieri "irregolari", posto che anche lo straniero regolare è trattato come un soggetto pericoloso; vi è una precarizzazione del suo status resa particolarmente evidente dalla subordinazione del permesso di soggiorno al presupposto della disponibilità di mezzi di sussistenza; si assiste ad un regime di "amministrativizzazione" dei diritti fondamentali dello straniero. Se poi si guarda alla condizione dello straniero "irregolare", emergono con ancora maggiore nettezza i tratti della subcittadinanza e della pericolosità presunta che caratterizzano in modo sistematico la legislazione sui migranti, per la quale è il fatto in s di essere migrante a fondare il presupposto della restrizione della libertà. Anche la trasformazione del ruolo del giudice di pace in una sorta di "guardiano delle frontiere", prima nei confronti degli immigrati e, da qui a breve, nei confronti dei tossicodipendenti, costituisce un aspetto della torsione dei caratteri costitutivi dello stato di diritto..

Tutto questo sottolinea con forza la necessità di tornare ad attingere la vocazione universalistica che è alla base del costituzionalismo moderno..

Il prof. Angelo Stefanini, del Dipartimento medicina e sanità pubblica dell´Università di Bologna ha rilevato nella sua relazione ("La salute: diritto o fortuna?") come nell´era della globalizzazione la salute dei diritti umani sia in condizioni di sempre pi grave malattia. Esistono nel mondo profonde disuguaglianze di salute, come ad esempio nei livelle di mortalità infantile; e quanto pi cresce il divario tra ricchi e poveri, tanto pi si riduce per questi ultimi la speranza di vita, e tanto pi si accentua la mancanza di coesione sociale. Tutto ciò non costituisce il frutto del caso, ma è conseguenza in gran parte della logica del profitto eretta a regola dello sviluppo o, meglio, di un modello di sviluppo che finisce per negare i diritti e si pone in contrasto con il principio di non discriminazione..

Ma il desiderio di non cedere alla rassegnazione torna in superficie dopo aver ascoltato parole semplici e grandi come quelle che ha pronunciato p. Alex Zanotelli, direttore di Nigrizia ("Morire nel mondo: tragedia inevitabile o scelta economica?"), parole che scavano nell'anima e sanno guardarvi dentro, parole limpide e senza compromessi perchè quando sono in gioco i valori dell'uomo e la dignità della persona, nessuno può fingere di non vedere, nessuno puòvoltarsi dall'altra parte. "Andate a parlare di legalità a coloro che vivono nelle baraccopoli di tutto il mondo", ha detto padre Zanotelli. Come facciamo a non accorgerci delle tante "baraccopoli" della terra, dei tre miliardi di essere umani che sono costretti a sopravvivere ogni giorno con quello che a noi basta per comprare un cappuccino, di quei muri mai abbattuti e sempre pi alti che il mondo dei "ricchi" e "potenti" innalza e difende con le armi e con la guerra contro il mondo immenso e sterminato dei poveri, dei diseredati, dei "sans papier" di ogni parte del pianeta? E' davvero difficile andare a parlare di legalità davanti ai volti dei tre milioni di esseri umani che a Nairoibi vivono sotto la discarica. Nairobi, con i suoi quattro milioni di abitanti divisi tra quelli che vivono sopra e quelli che vivono sotto la discarica, è il simbolo dell´assurdità del mondo; degli inferni sempre pi estesi che crescono nel pianeta; dell´immagine di un "impero" in cui nulla cambia, dove è possibile teorizzare e praticare la "guerra preventiva", distruggere l´ecosistema, far sì che anche l´aria e l´acqua diventino oggetto di appropriazione e di esclusione. L´Africa ha bisogno di giustizia, non di carità. Se non riportiamo la persona al centro di ogni pensiero, ed il diritto non ritrova la sua funzione del dovere essere prima di tutto dalla parte degli oppressi, le Afriche di tutto il mondo finiranno per travolgerci..

La sessione antimeridiana si è conclusa con gli interventi dell´Avv. Anna Tonioni (che, parlando delle discriminazioni verso i migranti, ha messo in luce quelle specifiche delle donne rispetto agli uomini), dell´Avv. Nazzarena Zorzella (la quale ha evidenziato la mancanza di norme che consentano in concreto l´esercizio del diritto d´asilo, ed il fatto che neppure il lavoro possa essere considerato ragione sufficiente per riconoscere il diritto d´asilo), di Pieluigi Di Bari (che ha descritto la drammatica realtà di quei veri e propri "spazi senza diritti" che sono i centri temporanei di accoglienza) e di Livio Pepino, il quale ha sottolineato come da ogni relazione del mattino sia emersa l´urgenza di riportare in primo piano gli interessi materiali ed i beni della vita in contrapposto al formalismo giuridico e che - rilevando che il problema principale riguarda il come fare affinch le politiche "sane" riescano ad affermarsi - ha ribadito che il terreno dell´immigrazione è un banco di prova decisivo per l´affermazione dell´uguaglianza...

Maria Acierno ha quindi aperto, conducendola in modo perfetto sino alle conclusioni, e stimolando il confronto con interrogativi estremamente puntuali, la tavola rotonda del pomeriggio ("vivere e morire tra etica, economia e diritto") dedicata ai delicatissimi profili - lungo i quali diventano a volte pi incerti gli stessi confini tra morale e diritto - del diritto alla dignità della vita quale si esprime anche attraverso lo "stacco della spina". Alla tavola rotonda hanno partecipato il Prof. Gilberto Corbellini - Dipartimento di Medicina sperimentale, Università di Roma La Sapienza (che ha toccato tra gli altri il profilo del diritto di decidere a come morire), il Prof. Luciano Eusebi - Facoltà di giurisprudenza dell´Università Cattolica del S.Cuore, Piacenza (che ha sottolineato il largo consenso esistente su alcuni aspetti come il rifiuto dell´accanimento terapeutico ed il diritto di non soffrire, rilevando tuttavia come sia ingannevole la rappresentazione della medicina come "arte" per prolungare le sofferenze), Amedeo Santosuosso (che ha posto l´interrogativo se ogni persona sia libera nelle scelte relativa al proprio corpo, alla stregua degli artt. 13 e 32 della Cost., e sollevato la questione del rapporto tra le scelte individuali e la dimensione collettiva) ed il Prof. Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte Costituzionale il quale, escluso che possa negarsi un diritto di morire (pena, in caso contrario, l´affermazione di un dovere di vivere che non si saprebbe laicamente su cosa fondare), nel rilevare la complessità dei temi, ha messo in luce come la relativa soluzione non possa essere affidata ad un diritto "imperativo", ma ad una procedimentalizzazione tale per cui in ogni passaggio emerga l´insieme dei diversi profili in gioco, ed ha sottolineato l´esigenza che il giudice ragioni secondo logiche compositive e non deduttive, in base al canone della "prudentia juris" piuttosto che a quello della "scientia juris". Non si può parlare di giudice "bocca della legge", ma di giudice "interprete del diritto", reimpostando su questa base di ineliminabile discrezionalità il rapporto tra indipendenza e responsabilità...

Giovanni Palombarini, raccogliendo le fila di un intenso dibattito che ha toccato molti temi anche assai diversi tra loro, ha infine tracciato in modo mirabile la sintesi di una giornata che davvero non potrà essere dimenticata..

Intendo rivolgere un forte ringraziamento a tutti coloro che con l´opera di ideazione, programmazione ed organizzazione, con l´ausilio operativo e logistico, con le relazioni e gli interventi, con la partecipazione al convegno, lo hanno reso concretamente possibile, un ringraziamento che formulo insieme all´augurio di rivederci tutti al prossimo appuntamento..

Nel ricordare che la Fondazione è un patrimonio comune di tutti coloro che hanno a cuore la sorte dei diritti, ricordo anche che essa, per sopravvivere e portare avanti il proprio impegno, ha bisogno di incoraggiamento e di sostegno. .

Il presidente della Fondazione Carlo Maria Verardi.

Gianfranco Gilardi .

12 11 2005
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