- Il disegno di legge Pittelli: scopi dichiarati e realtà inquietanti.
Il testo unificato elaborato dall’on Giancarlo Pittelli raccoglie una
serie di proposte di legge (25) presentate in materia di "Modifiche
al codice di procedura penale e al codice penale in attuazione dei principi
del giusto processo". A parole viene fatto un richiamo all’art.111 della
Costituzione e al messaggio garantista ad esso sotteso, ma in realtà
il tutto si rivela una mera sintesi declamatoria di un interesse preciso
individuabile nella volontà di garantire l’impunità agli imputati eccellenti.
Il risultato è piuttosto di disseminare il funzionamento del processo
con una costellazione di mine. Si può affermare senza alcuna forzatura
che se tale testo venisse approvato le conseguenze sull’intero processo
penale sarebbero devastanti, rendendo di fatto impossibile celebrare
i processi per molte tipologie di reato, facendo dipendere gli atti
dalla mera volontà degli imputati di sottoporsi o meno al processo e,
in ogni caso, ritardando complessivamente in modo intollerabile i tempi
nel rendere giustizia. La natura strumentale del richiamo all’art. 111
della Cost. emerge chiaramente dal fatto che la sua interpretazione
ed applicazione sono sganciate dalla valutazione contestuale di altri
principi cardine del nostro ordinamento quali l’obbligatorietà dell’azione
penale, l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, i principi di
autonomia e indipendenza della magistratura. L’equivocità della proposta
legislativa emerge proprio dalla considerazione della voluta confusione
realizzata tra fase delle indagini e dibattimento, che invece , nell’art.
111 della Costituzione trovano una rigida e separata collocazione. - La sintesi delle nuove norme. Il disegno di legge contiene norme eterogenee
su materie del tutto diverse : incompatibilità del giudice ed obbligo
di astensione del giudice e del p.m. (articoli da 1 a 8 e 12), termini
a difesa (artt.9,10), ammissione delle prove (artt.11,43), onere della
prova (artt.13,24,25,26), prove utilizzabili (art.14,16), valutazione
della prova (art.15), informazione di garanzia (art.17), richiesta di
rinvio a giudizio (artt.18,19,28), modifiche dell’imputazione e nuove
contestazioni (artt.20,21,22,23), ricorso immediato in cassazione (artt.27,39,40),
esigenze cautelari e criteri di scelta delle misure cautelari (artt.29,30,31),
organo competente per emettere le misure cautelari (artt.32,33,34),
intercettazioni ed individuazioni di cose e persone (artt.35,36,37),
notifiche (art.38), partecipazione al dibattimento a distanza (art.41),
estensione del patteggiamento (art.42), ammissione di nuove prove (art.43),
successione di leggi penali (art.44), determinazione della pena (art.45). - Incompatibilità ed astensione. In nove articoli vengono estese a dismisura
e in maniera molto generica le possibilità per l’imputato di eccepire
sulla incompatibilità del giudice o sui suoi obblighi di astensione,
introducendo una serie di garanzie, sostanzialmente di carattere formale,
cumulativamente dedotte sia dal processo inquisitorio che dal processo
accusatorio. Le ricadute sui tempi del processo e, quindi, sull’efficienza
del servizio giustizia saranno devastanti. L’art. 1 fissa le nuove incompatibilità
dei giudici. Si inizia con l’estendere le ipotesi di incompatibilità
( cioè di impossibilità a giudicare) a chi abbia preso in qualità di
giudice o di P.M. qualsiasi tipo di provvedimento nei confronti dello
stesso imputato, anche in procedimenti connessi o collegati. Il giudice
che dispone una misura cautelare non potrà esaminare la richiesta di
revoca. Il giudice che avrà autorizzato un’intercettazione telefonica
non potrà poi decidere sulla sua proroga. All’interno delle indagini
preliminari per ogni procedimento si alterneranno diversi GIP, che dovranno
scambiarsi il testimone all’esito del compimento di un atto processuale;
appare evidente la drammatica dispersione del consapevole sapere di
ogni giudice rispetto alle decisioni da adottare. Questa previsione
comporta semplicemente la paralisi di tutti i medi e piccoli Tribunali
( che in Italia sono la stragrande maggioranza) che contano su pochissimi
G.I.P. ( normalmente uno pi un supplente) e che su un numero di giudici
del Tribunale inferiore o di poco superiore alla decina. In qualsiasi
normale processo (anche di limitata complessità) i giudici che necessiteranno
e che si alterneranno nel trattarlo saranno superiori alla decina con
uno spreco indicibile di risorse e con il trasferimento obbligato del
procedimento ad altra sede una volta esauriti i giudici disponibili
nel Tribunale. Tra i casi di astensione del giudice previsti dall’art.
3 è stato introdotto l’obbligo di astensione del giudice in caso di
una sua presunta inimicizia con un avvocato difensore. La norma si presta
chiaramente ad evidenti torsioni interpretative e a strumentalizzazioni
personali, essendo sufficiente che un avvocato presenti un esposto,
anche infondato, nei confronti del giudice per creare immediatamente
le condizioni perch possa essere invocata l’applicazione della disposizione
in esame, ed ottenere lo scopo di liberarsi del giudice sgradito. Sempre
nell’art. 3 è previsto l’obbligo di astensione per il giudice " che
abbia manifestato il proprio convincimento sui fatti oggetto del procedimento"
o " …se ha manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento".
E’ stato eliminato l’inciso "fuori delle funzioni giudiziarie" attualmente
previsto dalla lettera c) del vigente art. 36 c.p.p. Appare chiara la
volontà di estendere l’operatività dell’istituto dell’astensione anche
in caso di manifestazioni del pensiero del giudice legate allo svolgimento
di legittima e dovuta attività processuale. Appare evidente la pesante
ipoteca posta sull’esercizio del diritto costituzionalmente protetto
della libertà di manifestazione del pensiero, ove ogni singola manifestazione
rischia di ritorcersi o essere utilizzata nei confronti del giudice
come motivo di astensione o ricusazione. Sarà ricusabile il giudice
che abbia sostenuto l’interpretazione di una norma in una qualsiasi
sede scientifica ? Dovrà astenersi il giudice che prospetti un accordo
tra le parti nei procedimenti a querela ? Sembra quasi che con il disegno
di legge Pittelli si sia voluto creare un supporto normativo suppletivo
alla previsione del "legittimo sospetto", introdotto con il disegno
di legge Cirami. L’art. 4 procede di conserva con i nuovi obblighi di
astensione nell’ampliare i casi di ricusazione del giudice per manifestazione
"indebita" del proprio convincimento, legando, tra l’altro, la possibilità
di proporre la relativa dichiarazione non ai termini tassativi previsti
dall’attuale comma 1 dell’art. 38 c.p.p., ma alla "piena conoscenza
della causa d’incompatibilità"; appare evidente come una accorta strategia
difensiva abbia interesse a dimostrare la conoscenza della causa di
ricusazione il pi tardi possibile. Il regime di ricusazione relativo
al giudice viene posto a base dei doveri di astensione del p.m.; se
la norma in qualche modo riconosce il ruolo di parte pubblica del p.m.,
non può non essere vista con preoccupazione la prospettiva di un organo
dell’accusa impossibilitato all’esercizio dell’azione penale attraverso
denunce pretestuose, insieme alla reintroduzione di poteri di sostituzione
in capo ai dirigenti degli uffici, svincolati dalle rigide regole paratabellari
che regolano attualmente le assegnazioni e le revoche dei procedimenti
ai sostituti. - Termini a difesa Viene prevista la concessione di almeno sette giorni
come termine a difesa. Questo comporterà inevitabili rinvii dei processi
ad ogni cambio di difensore, solo che lo chieda il nuovo legale. Resta
un termine inferiore, non pi breve di ventiquattro ore, nei casi di
scarcerazione o di prescrizione. Resta da vedere quali sarebbero i riflessi
su questo particolare termine a difesa della norma introdotta con l’art.
108-bis, che stabilisce un principio di necessario prolungamento dei
termini, di tutti i termini, fino a che non garantiscano la effettiva
conoscenza degli atti del processo. Sono evidenti le ricadute di una
tale previsione sui tempi di celebrazione del processo, soprattutto
nel caso in cui al nuovo difensore sia riconosciuto il diritto al prolungamento
anche nelle ipotesi previste dal 2 comma dell’art. 108 ed è evidente
la possibilità di comportamenti dilatori per far maturare termini di
prescrizione e di scarcerazione. - Informazione di garanzia. Con l’art. 17 si è stabilito che l’avviso
di garanzia deve essere notificato appena è aperto un fascicolo d’indagine.
Appare evidente l’influenza di tale previsione sulla segretezza delle
indagini e l’ostacolo obiettivo interposto al loro svolgimento. Non
devono essere sottovalutate anche le ricadute negative sul piano dell’organizzazione
degli uffici che dovranno spedire avvisi a tutti gli indagati e alle
persone offese, anche se poi il procedimento si concluderà con un’archiviazione
ed i costi enormi che ciò comporterà (si tratta di almeno oltre 2 milioni
di notifiche all’anno) . Appare evidente la forzatura interpretativa
della formula costituzionale contenuta nell’art.111 Cost. "nel pi breve
tempo possibile", e l’assenza di ogni contemperamento con le concrete
esigenze delle indagini, che richiedono comunque un termine pi ampio
e articolato, anche di quello previsto in deroga, soprattutto quando
riguardano reati di criminalità organizzata mafiosa. N può essere giustificata
la nuova disciplina con il richiamo a ciò che era in vigore negli anni
’80. L’avviso di garanzia è stato radicalmente cambiato e "ritardato"
da un lato perch con l’attuale codice nella fase delle indagini non
si raccolgono prove utilizzabili nel dibattimento, ma solo elementi
che possano convincere sull’ipotesi accusatorie, e dall’altro per una
tutela dello stesso indagato che non venga additato come responsabile
prima del processo e dello stesso esercizio dell’azione penale. La realtà
è che, anche in questo caso, si sono volute innestare garanzie tipiche
del processo inquisitorio all’interno del modello di un processo accusatorio.
Una cosa è certa: la disposizione comporterà notevoli difficoltà, se
non azzererà, tutte quelle indagini (criminalità organizzata, corruzione)
in cui il prematuro avviso ad uno degli indagati impedirà qualsiasi
ulteriore indagine ( si pensi alle intercettazioni telefoniche ed ambientali,
ai pedinamenti, alle perquisizioni). - Le prove L’art.11 prevede la sottrazione al giudice del potere di
escludere le prove manifestamente superflue e irrilevanti. E’ una norma
capestro rispetto all’obiettivo di una giustizia efficiente e allo svolgimento
di un processo svolto in tempi ragionevoli, che prefigura il diritto
dell’imputato all’ammissione di qualunque prova, in modo indiscriminato
sotto il profilo quantitativo, senza l’esercizio di alcun possibile
filtro da parte del giudice, che perderebbe anche il potere di assumere
di sua iniziativa le prove necessarie alla decisione. Basti pensare
alla parte che chieda l’ammissione di centinaia di testimoni a fini
meramente dilatori. Si tratta di una brusca virata da un sistema accusatorio
attenuato, ad un sistema accusatorio puro, nel quale il giudice è vincolato
alle allegazioni delle parti, con una mera funzione notarile di valutazione
delle prove. Il giudice deve essere, oltre che puro e ingenuo all’inizio
del dibattimento, dovendo ignorare tutto all’infuori del capo d’imputazione,
anche apatico e ottuso al termine dell’istruttoria dibattimentale. Il
Capo II prevede disposizioni in materia di parità tra le parti nel procedimento
e di effettività del diritto di difesa. Con l’art. 13 e’ introdotto
l’onere per il p.m. di provare la colpevolezza dell’imputato al di là
di ogni ragionevole dubbio. La previsione di legge appare piuttosto
come una norma manifesto, in quanto già adesso l’imputato deve essere
assolto se la prova è insufficiente o contraddittoria. L’art.14 riscrive
il comma 1 ter dell’art. 190 bis ponendo come requisito per l’utilizzabilità
delle dichiarazioni rese dal testimone o dal coimputato sentito durante
le indagini preliminari ed impedito a ripeterle perch morto, scomparso,
o minacciato, che il difensore dell’imputato interessato abbia comunque
partecipato alla loro assunzione. Il risultato pratico di questa previsione
normativa è il concreto rischio di aumentare il tasso di esposizione
dei testimoni scomodi, in particolare nei processi di criminalità organizzata
e rendere inutilizzabili una serie di informazioni rese da persone che
inevitabilmente si allontanano dall’Italia dopo il fatto. Si pensi al
turista derubato o rapinato, la cui denuncia, perderà ogni valore se
non tornerà in Italia a deporre in dibattimento ( ipotesi manifestamente
irrealistica). In tema di valutazione della prova l’art. 15 riscrive
l’art. 192 c.p.p. prevedendo che a supporto delle dichiarazioni di un
collaboratore di giustizia non siano sufficienti quelle di un altro
collaboratore, ma occorre trovare testimoni esterni o altri elementi
documentali. Appare evidente come questa disposizione da un lato indebolisca
l’impianto accusatorio dei processi di mafia fondati sulle chiamate
in correità, ove è sicuramente difficile trovare riscontri esterni alla
partecipazione all’associazione o per i mandanti di un delitto, e dall’altro
svilisca il principio del contraddittorio, cardine del processo accusatorio.
Il pericolo di compressione del principio del libero convincimento del
giudice e l’introduzione di sempre pi numerose ipotesi di prova legale
sono la manifestazione di un rinnovato intento punitivo nei confronti
della magistratura e della volontà di ridurre il suo ruolo autonomo
ed indipendente all’interno della società. Ma la riforma non si ferma
qui. Tra le nuove norme c’è infatti l’abrogazione dell’art. 238 bis
che consente di acquisire ai fini della prova del fatto le sentenze
divenute irrevocabili (art. 238 - bis, abrogato ex art. 16) Dovrà ad
esempio essere dimostrata in ogni processo l’esistenza di Cosa nostra,
e potranno essere dunque pertinenti e non superflue le prove asseritamente
utili a dimostrarne l’inesistenza. Il progetto di legge Pittelli restringe
il potere di disposizione dell’intercettazione di comunicazioni attraverso
l’introduzione di un dovere di motivazione, il cui inadempimento è sanzionato
dalla previsione di nullità. L’autorizzazione allo svolgimento delle
operazioni di intercettazione è data, anche per il progetto, nelle forme
del decreto, provvedimento strutturalmente connotato da una motivazione
succinta, ma deve essere assistito da adeguata motivazione in punto
di indispensabilità di tale strumento ai fini della prosecuzione delle
indagini e di collegamento tra il reato per il quale si procede e la
persona o le persone, le cui comunicazioni si vuole intercettare, con
specifica indicazione inoltre degli elementi da cui si trae il giudizio
di gravità indiziaria L’obbligo di motivazione sul collegamento tra
l’ipotesi criminosa per la quale si procede e le persone coinvolte dalle
operazioni di intercettazione sembra porre il pericolo di snaturamento
di uno dei due presupposti dell’autorizzazione all’uso di questo importante
strumento di ricerca della prova, che non è la gravità degli indizi
di colpevolezza ma la gravità degli indizi di reato, senza quindi la
necessità di addebitare il coinvolgimento partecipativo nel fatto criminoso
a soggetti già individuati e di ritenere una probabile responsabilità
delle persone, le cui comunicazioni è utile, anzi indispensabile intercettare.
L’introduzione di una specifica disposizione in tema di individuazione
di persone e di cose quale atto di polizia giudiziaria sembra avere
il significato di privare di atipicità l’operazione che anche oggi la
polizia giudiziaria ben può compiere in assenza di una disposizione
che delinei il paradigma normativo. La tipizzazione dell’atto si risolve
infatti nel richiamo delle norme poste per lo svolgimento dell’atto
di individuazione del pubblico ministero. - Le esigenze cautelari e le misure cautelari. Una prima modifica attiene
alla restrizione delle possibilità di emettere provvedimenti cautelari:
il pericolo di fuga, che è presupposto di esigenza cautelare, deve essere,
secondo il progetto di legge, non solo concreto ma anche attuale e deve
fondarsi su circostanze di fatto da indicarsi espressamente nel provvedimento
a pena di nullità rilevabile d’ufficio. A tanto si aggiunge che il provvedimento
cautelare non può essere emesso se il giudice non dà adeguata motivazione
delle ragioni per cui ritiene che possa essere irrogata una pena superiore
non pi a due anni ma a tre anni di reclusione. L’esigenza di prevenzione
speciale, consistente nel pericolo di reiterazione criminosa, per commissione
di delitti della stessa specie, può giustificare l’emissione di un provvedimento
di natura cautelare a condizione che la pena edittale massima, stabilita
dalla legge per tali delitti, non sia inferiore, non pi a quattro ma
a sei anni di reclusione, ove si intenda disporre la restrizione carceraria,
ed a quattro anni, ove si intenda disporre la restrizione domiciliare.
Ciò non consentirà pi di fatto la custodia in carcere per alcuni reati
di notevole pericolo come la corruzione ed i maltrattamenti in famiglia,
laddove la "reiterazione" dei comportamenti è l’ipotesi pi frequentemente
riscontrata. Viene inoltre abolita la presunzione in ordine alla sussistenza
delle esigenze cautelari per i reati di mafia. Anche per tali reati,
pertanto, occorrerà spiegare ogni volta perch "ogni altra misura risulti
inadeguata". La presunzione (salvo la sussistenza di elementi contrari)
era stata prevista, ritenendosi implicito il pericolo di reiterazione
criminosa nei confronti di un soggetto gravemente indiziato di operare
all’interno di un sodalizio mafioso in assenza di elementi di dissociazione.
Al di là degli effetti concreti, che saranno probabilmente modesti,
risolvibili con un rafforzamento delle motivazioni, resta in ogni caso
il segnale molto preoccupante e indicativo di un abbassamento della
guardia nella lotta contro la criminalità organizzata, non pi prioritaria.
L’innovazione pi forte è comunque la devoluzione del potere di applicazione,
modifica e revoca delle misure cautelari personali e delle misure di
sicurezza al giudice in composizione collegiale, che viene individuato
nel tribunale del capoluogo in cui ha sede la Corte di appello o una
sezione della Corte di appello. Al giudice in composizione monocratica
residua un potere di applicazione, modifica e revoca delle sole misure
cautelari reali (ovvero i sequestri). L’attribuzione di poteri di coercizione
ad un organo collegiale è una scelta che sottolinea la particolare delicatezza
della materia, anche se è attualmente in contro tendenza con l’attribuzione
al giudice monocratico di una competenza estremamente elevata. Il modo
con cui tale scelta viene ad essere realizzata ( al di là del mancato
raccordo con le altre norme in materia) si risolve in un nuovo ulteriore
forte appesantimento: la decisione del Tribunale sulla libertà, che
già oggi per norma costituzionale, è sempre immediatamente ricorribile
per cassazione, viene ad essere impugnabile avanti la Corte di appello
territorialmente competente, e poi ricorribile per cassazione. La fase
del procedimento relativa alla libertà viene ad essere costruita come
un vero processo nel processo, con enorme dispendio di risorse e di
tempo, ritardando inevitabilmente in tal modo il momento fondamentale
dell’accertamento dei fatti nel processo. - Ricorso immediato in cassazione. La previsione di un’immediata ricorribilità
per cassazione delle ordinanze sulle questioni preliminari e sull’ammissione
delle prove in dibattimento con l’effetto sospensivo del ricorso sul
dibattimento per un tempo non superiore a mesi sei, è del tutto inaccettabile.
La riforma contrasta vistosamente con l’esigenza di snellire il carico
della Corte di cassazione, per restituirla pienamente alla funzione
di guida interpretativa e con l’esigenza di contenere in temi ragionevolmente
brevi la durata del giudizio. La sospensione automatica del dibattimento,
sia pure a termine, non è per nulla conciliabile col principio della
durata ragionevole dei processi di cui all’art. 111 cost. . I medesimi
rilievi critici attengono al regime di ricorribilità per cassazione
delle ordinanze che decidono sulle richieste di prova. Non si comprende
qui la sospensione, per il tempo di sospensione del dibattimento, dei
termini di custodia cautelare e di prescrizione, mancando la precisazione
che tanto si ha solo in conseguenza di un ricorso dell’imputato. La
proposta prevede in tale periodo la sospensione dei termini di prescrizione
e custodia cautelare, ma solo per le questione relative alle prove,
mentre la sospensione non è prevista, inspiegabilmente, per le questioni
preliminari (è solo una dimenticanza?). In ogni caso la disposizione
produrrà l’inevitabile effetto di allungare i tempi della maggioranza
dei processi, creando inoltre inestricabili problemi. Ad esempio nei
maxi processi contro la mafia il ricorso in cassazione proposto da alcuni
imputati comporta la sospensione dell’intero processo, come sembra dalla
perentorietà della disposizione, o è possibile la separazione delle
posizioni? Se non è possibile la separazione, la sospensione del processo
e dei termini riguarderà solo gli imputati che hanno proposto il ricorso
in cassazione, con conseguenti scarcerazioni a valanga? Se è possibile
la separazione e il collegio decide la causa per alcuni imputati, diventerà
poi incompatibile per gli altri, sulla base delle disposizioni già viste,
con conseguente necessità di ricominciare il processo con altre collegio
e magari con nuove questioni avanzate dalle parti, nuovo ricorso per
cassazione, nuovo stralcio e così via? Va segnalato anche l’improvviso
sovraccarico di lavoro che la proposta produrrà in Cassazione, che certamente
non sarà in grado con l’attuale organico di decidere tutti i ricorsi
in sei mesi, con la conseguenza che i processi proseguiranno, con il
rischio di svolgere un’inutile attività istruttoria in caso di accoglimento
del ricorso. - Determinazione della pena. Viene introdotta la diminuente obbligatoria
di un terzo della pena applicabile all’imputato incensurato. Si badi,
non si tratta di applicazione automatica delle attenuanti generiche,
ma di riduzione di un terzo, cui potrebbe accompagnarsi l’applicazione
delle attenuanti generiche proprio per lo stesso motivo per cui è disposta
la riduzione: lo status di incensurato. La disposizione favorisce i
cd. colletti bianchi, normalmente incensurati, ed integra forse un’eccessiva
disparità di trattamento sanzionatorio tra soggetti incensurati e soggetti
già colpiti da condanne definitive, anche di scarso rilievo (per una
rapina in banca in concorso l’incensurato potrebbe vedersi ridurre la
pena alla metà). Ma soprattutto non appare giustificabile una così consistente
riduzione di pena (obbligatoria) per quei soggetti, il cui status di
incensurato non costituisce un elemento particolarmente significativo,
ad esempio per la carica o funzione rivestita dall’imputato (merita
una riduzione di pena, solo perch incensurato, il magistrato inserito
in un’associazione mafiosa, il pedofilo che adesca un fanciullo, il
padre che violenta la figlia, l’assessore che intasca tangenti?).