[Area] Tra etica e imparzialità: il passato ci insegni ad affrontare le sfide del futuro - un contributo al dibattito congressuale
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Mar 7 Maggio 2024 09:11:56 CEST
_Tra etica e imparzialità: il passato ci insegni ad affrontare le sfide
del futuro_
_Un contributo al dibattito congressuale_
1. La gravità della questione morale in magistratura ha indotto il
Presidente della Repubblica a censurare la «modestia etica» rivelata dai
noti scandali del 2019.
Di quella crisi l'associazionismo giudiziario non ha fatto il volano per
un'autentica autocritica, funzionale a dare istruzioni per il futuro,
preferendo - piuttosto - affidare agli organi disciplinari interni le
valutazioni sulle responsabilità individuali. Lo sguardo si è ristretto
alla caccia al singolo colpevole, al punto da impedire agli associati di
ricevere adeguate informazioni su quanto emerso in sede disciplinare.
Non è stato così possibile comprendere le ragioni sistemiche della crisi
e avviare un confronto interno che fungesse da base per un dibattito
consapevole sulla autoriforma della magistratura. Questa, infatti, non
si alimenta solo di interventi legislativi, ma è determinata anche dalla
percezione che la magistratura ha di sé e del suo ruolo. L'esperienza ci
ha insegnato come allo statuto formale (normativo) del magistrato,
partecipa anche uno statuto materiale, arricchito dal dibattito
associativo, che si esprime nell'idem sentire di ciascuno, nel più ampio
contesto dello _ius dicere_.
Proprio la mancanza di un dibattito consapevole sulla crisi ha portato
anche voci autorevoli della magistratura a sostenere che il magistrato
non debba avere una "propria" etica, o comunque non debba manifestarla
né attingere a essa come fonte ̶ insieme alla legge e al ragionamento
interpretativo ̶ del proprio libero convincimento, perché questo
condurrebbe a uno "stato etico".
2. È evidente come il termine "etica" sia stato utilizzato in maniera
diversa dal Presidente del Repubblica e nel più recente dibattito
interno alla magistratura, nel quale è stata postulata non solo
l'imparzialità del magistrato ma anche una sorta di sua separazione dal
corpo sociale a tutela della sua presunta purezza e mirando, piuttosto,
all'appiattimento etico e alla normalizzazione del corpo giudiziario su
un piano di indifferenza rispetto ai valori sociali e politici espressi
dalla nostra Costituzione.
Non condividiamo l'idea, pur autorevolmente espressa, per cui qualora il
magistrato coltivi, nell'esercizio delle sue funzioni, preoccupazioni
etiche, ciò potrebbe condurrebbe a uno "stato etico", in cui il potere
giudiziario andrebbe a espropriare la funzione di indirizzo politico (di
cui è investito solo il legislatore).
Si tratta di una mistificazione storica, giacché gli "stati etici" (come
i regimi autoritari del Novecento) furono anzi caratterizzati da una
feroce repressione del dissenso perseguita con l'abolizione di ogni
organo indipendente, primo fra tutti il corpo giudiziario, ridotto nei
totalitarismi del passato - ma, si badi bene, anche nelle cosiddette
"democrature" del presente - a mero esecutore della volontà politica.
La natura della giurisdizione finisce così con il trasformare anche
quella del diritto che, in questi contesti, perde ogni legame con la
giustizia per diventare mera calligrafia dei rapporti di forza
esistenti, di cui la magistratura deve essere fedele e acritico
amanuense.
E infatti, storicamente, non sono state le preoccupazioni etiche dei
magistrati, ma è stata proprio l'idea che solo il potere politico e
l'autorità che esso esprime detengano il monopolio del diritto, a
trasformare parte degli apparati pubblici, giudici compresi, in complici
ed esecutori dei progetti bellici e liberticidi perseguiti dagli "stati
etici".
3. Riteniamo, pertanto, che respingere una simile visione sia il primo
dovere etico di ciascun magistrato.
Oggi, proprio in conseguenza delle tragiche esperienze del passato, quel
dovere può e deve fondarsi sul diritto positivo. Oggi più di ieri la
tutela dei diritti di libertà e dei diritti civili e sociali non è
affidata alle sole cure del legislatore contingente: le Carte
costituzionali, le Carte dei diritti e la riflessione sociale e
filosofica ci insegnano che esistono sfere di diritti intangibili,
sottratti anche alle determinazioni dei legislatori e che devono essere
tutelati, al fine di una loro attuazione concreta, anche ove la
contingente maggioranza politica sia diversamente orientata.
Nelle sfide che ci riserva il futuro assume perciò cruciale rilievo - e
costituisce dovere etico del magistrato - la gelosa e caparbia tutela
dello statuto costituzionale di indipendenza esterna della magistratura,
funzionale alla garanzia dei diritti fondamentali, in quanto proprio
tale rivendicazione di indipendenza riflette e invera la consapevolezza
e la volontà del Legislatore costituente, di immunizzare la
magistratura dal controllo politico proprio per farne, in ogni
contingenza storica, potere di bilanciamento e di contrasto agli
autoritarismi.
Per questo crediamo, da una parte, che la rivendicazione
dell'indipendenza esterna come dovere etico di ciascun magistrato, in
funzione della tutela dei diritti, sia l'anticorpo essenziale contro i
rischi di deriva autoritaria; e, dall'altra parte, che sia frutto di un
artificio retorico ed elusivo degli equilibri costituzionali, il
descrivere e rappresentare tale rivendicazione come espressione della
volontà degli attori della giurisdizione di sostituirsi ai corpi
politici.
4. La conseguenza logica e assiologica di questo ragionamento è che il
magistrato ha il dovere, e prima ancora la necessità, di provare a
comprendere la realtà sociale in cui si innestano le situazioni della
vita che chiedono tutela alla giurisdizione. Spesso si sente ripetere, a
più voci, che "i magistrati accertano fatti, non contrastano fenomeni".
Si tratta di un'affermazione condivisibile per la parte in cui pone
l'accento sulla funzione _cognitiva _e accertativa della giurisdizione,
ma si tratta anche di un'affermazione insidiosa, ove con essa si intenda
ridurre la magistratura a una burocrazia obbediente e incapace di
mantenere una vigile attenzione sulla realtà sociale e sulla portata dei
diritti che in essa emergono.
È in questa prospettiva che - tra i doveri insiti nello statuto
materiale del magistrato - ci pare rientri quello di coltivare lo
sguardo sui fenomeni sociali: comprendere i sistemi criminali, leggere
nel profondo le asimmetrie di potere che si determinano nelle strutture
economiche, sociali e familiari, generando o perpetuando situazioni di
vulnerabilità e di sopraffazione; vedere i nuovi bisogni di tutela che
il progresso tecnologico e il mutamento climatico portano all'attenzione
della giurisdizione; cercare di intuire quali risposte possa dare - se
ne può dare - la giurisdizione a fenomeni epocali come quello
migratorio; e, sempre, interrogarsi su un contenuto minimo e mai
coercibile della dignità umana.
In questo esercizio di attenzione alla [e comprensione della] realtà,
ciascun magistrato deve essere autonomo e indipendente, ma non separato
dalla società civile, proprio perché il magistrato è tanto più
consapevole del suo ruolo quanto più è capace di abbandonare ogni
tentazione di autoreferenzialità, e di ascoltare, invece, e di
confrontarsi con ciò che gli sta attorno: le istanze sociali, il mondo
della rappresentanza politica, l'Accademia e la riflessione scientifica,
il mondo dell'associazionismo (giudiziario e non).
L'esercizio dello sguardo sulla realtà sociale e il costante confronto
tra essa e le aspirazioni costituzionali non rappresentano affatto la
rinuncia all'indipendenza, né costituiscono una volontà di affermazione
di un'etica individuale del magistrato; si tratta, all'opposto, proprio
del modo di adempiere al mandato costituzionale, che impegna la
Repubblica a ridurre lo scarto tra diritti affermati e diritti tutelati.
È questo il messaggio dell'articolo 3, comma 2, della Costituzione:
l'impegno alla rimozione degli ostacoli che limitano «di fatto» la
libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo della
persona umana.
5. Sappiamo bene, tuttavia, che l'indipendenza esterna non è sufficiente
ad assicurare che l'esercizio della funzione giudiziaria sia coerente
con l'alto compito assegnato dalla Costituzione al corpo giudiziario. È
necessario che il magistrato eserciti la giurisdizione sine _spe ac
metu_.
La previsione costituzionale per cui i magistrati si distinguono fra
loro soltanto per diversità di funzioni intende promuovere una figura di
magistrato che - per l'appunto, sine _spe ac metu_ - ha come unico
interesse l'esercizio della giurisdizione e che, in esso, vede il più
alto compito assegnato.
La cronaca ci dice quanto il corpo della magistratura si sia allontanato
da questa visione costituzionale: le riforme legislative degli ultimi
decenni hanno introdotto molteplici elementi di gerarchia interna al
corpo giudiziario e hanno veicolato in esso un'idea di carrierismo che
si pone in contraddizione con l'idea di magistratura orizzontale, che -
in ogni luogo in cui è esercitata la giurisdizione - prova ad assolvere
al mandato che la Costituzione assegna al corpo giudiziario.
Gli scandali del 2019, emersi nella gestione delle nomine da parte del
CSM, ci dicono come gerarchia e carrierismo abbiano trasfigurato anche
la fisionomia degli organi di governo autonomo della magistratura e dei
gruppi che si muovono nell'associazionismo giudiziario.
Tassello essenziale dello statuto di indipendenza costituzionale del
corpo della magistratura - e anch'essa dovere etico di ciascun
magistrato - è dunque la ferma tutela dell'indipendenza interna di
ciascuno, che va affermata in tutti i luoghi in cui il tema viene in
rilievo: nella vita degli Uffici, nell'esercizio delle funzioni
giudiziarie, nell'esercizio delle funzioni direttive o semi-direttive,
così come nei luoghi in cui si esercita il governo autonomo della
magistratura e in quelli in cui si vive l'associazionismo giudiziario.
Questo non significa demonizzare gli incarichi direttivi, giacché siamo
ben consapevoli degli oneri che derivano da un loro esercizio
consapevolmente volto alla ricerca del difficile equilibrio tra la
tutela dell'indipendenza e autonomia di ciascuno e le esigenze di
garantire qualità nella tutela dei diritti ed efficienza nella
produzione giudiziaria dell'Ufficio.
Tuttavia, abbiamo assistito alla creazione di carriere parallele che
separano, di fatto, in classi la magistratura, in maniera non più
tollerabile, a causa degli effetti nefasti che tali situazioni
determinano sulla percezione di sé di ciascun magistrato, inquinandone
lo statuto materiale e pregiudicandone autonomia ed indipendenza.
6. Auspichiamo pertanto che l'Associazione Nazionale Magistrati -
nell'interrogarsi al prossimo Congresso sul tema: «Magistratura e legge,
tra imparzialità e interpretazione» - voglia mettere al centro della
riflessione la questione del binomio inscindibile che si dà tra
esercizio della giurisdizione ed etica professionale del magistrato. La
proposta che portiamo al confronto e al dibattito associativo è quella
di riconoscere che l'etica professionale del magistrato si esprime nella
ferma tutela dell'indipendenza esterna della giurisdizione dai
condizionamenti del legislatore contingente (a tutela dei diritti
affermati dalle Carte costituzionali); nella vigile attenzione alla
realtà e al mutamento sociale (poiché l'indipendenza non postula la
separazione, né l'indifferenza); nella caparbia ambizione di contribuire
alla rimozione degli ostacoli che si frappongono al pieno sviluppo della
persona umana, cui devono essere garantiti diritti "concreti ed
effettivi" e non "teorici ed illusori"; nella ferma tutela
dell'indipendenza interna al corpo della magistratura, accompagnata da
uno statuto dei doveri di ciascun magistrato, illuminato dalla
prospettiva collettiva dell'Ufficio in cui opera.
Porre al centro della riflessione questi doveri etici - che chiamano in
causa la responsabilità di ciascun magistrato e di tutto
l'associazionismo giudiziario - è, forse, la precondizione necessaria
per far sì che l'applicazione del diritto favorisca l'affermazione
dell'uguaglianza, della libertà e della solidarietà sociale che la
nostra Costituzione continua a reclamare come tratti caratterizzanti la
vita della nostra comunità sociale.
_L'Esecutivo di Magistratura democratica_
_Leggi sul sito di Magistratura democratica_ [1]
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