Gli aumenti ai magistrati amministrativi

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  1. L’emendamento alla legge finanziaria: una breve cronistoria

    L’art. 50 comma III, III periodo delle legge finanziaria del 2001 prevede che ai magistrati di cassazione, del Consiglio di Stato, dei Tribunali amministrativi regionali, della Corte dei Conti e dell’Avvocatura dello Stato che non abbiano goduto di galleggiamenti venga attribuito, all’atto del conseguimento della qualifica, un trattamento economico complessivo pari a quello spettante ai magistrati di cassazione nominati per meriti insigni, ovvero un’anzianità di 24 anni e l’aumento spettante per l’idoneità alle funzioni direttive superiori dopo quattro anzich dopo otto anni. Vengono, inoltre, aboliti definitivamente i cosiddetti galleggiamenti. La nuova normativa è di difficile interpretazione: sia in punto identificazione dei beneficiari, sia per quanto concerne l’entità degli aumenti, sia per la possibile estensione dell’aumento a tutti i magistrati, anche di qualifica inferiore.
    In realtà la vicenda non ha nulla n di trasparente, n di razionale ed è il frutto di una trattativa privata condotta dai magistrati amministrativi con il Ministero della funzione pubblica a cui è seguito il cedimento del Governo.
    Il 12 febbraio 1998 il Consiglio di Stato, in contrasto con la precedente giurisprudenza in materia, ha formulato un parere con cui sono stati reintrodotti, per i magistrati dello stesso Consiglio, quei galleggiamenti che la legge 8 agosto 1992 n.359 aveva inteso impedire. Il punto della decisione riguarda la disciplina secondo cui, ai magistrati di corte d’appello e di cassazione vincitori dei concorsi per esami previsti dalla legge 4 gennaio 1963 n. 1 (poi abrogata), veniva riconosciuta – agli effetti economici - una anzianità pari a quella riconosciuta al magistrato di pari qualifica con maggiore anzianità effettiva che li seguiva nel ruolo. Il Consiglio ha ritenuto applicabile tale disciplina ai consiglieri di Stato assunti per concorso, rispetto ai consiglieri provenienti dal Tar o di nomina governativa.
    Ciò ha aperto un contenzioso con il Governo, che non ha voluto disattendere il parere (costituente, in verità, un tipico esempio di giurisdizione domestica). Le successive trattative hanno portato a un’intesa con previsione della parificazione del trattamento retributivo a quello dei magistrati nominati in Cassazione per meriti insigni (ed estensione della disciplina ai magistrati dei Tar). L’intesa è stata quindi inserita in uno dei molteplici emendamenti della finanziaria, denominato Bassanini dal nome del ministro proponente. Anche i magistrati della Corte dei conti e gli avvocati dello Stato si sono agganciati all’emendamento Bassanini, che dunque escludeva solo i magistrati ordinari e militari.
    La Giunta esecutiva centrale dell’Associazione Nazionale Magistrati, venutane a conoscenza, ha chiesto l’immediata estensione del nuovo trattamento ai magistrati ordinari. Ciò ha portato ad una nuova modifica dell’emendamento, con estensione dei “benefici” anche ai magistrati ordinari e militari.

  2. Gli squilibri di trattamenti retributivi tra le magistrature

    Si è trattato, per l’ANM, di una scelta necessitata, data l’indisponibilità del Governo ad accantonare l’emendamento (ritenuto necessario per risolvere il problema aperto dal parere del Consiglio di Stato sui galleggiamenti). Si è, inoltre, ritenuto che non fosse tollerabile un’ulteriore divaricazione con le altre magistrature e che, a partire dalla nuova disciplina, fosse possibile aprire la contrattazione sul tema pi ampio della perequazione retributiva. Ma la questione va ora ripresa.
    La revisione dell’assetto retributivo dei magistrati si impone per le profonde modifiche intervenute negli ultimi anni nelle retribuzioni delle categorie in qualche modo ricollegabili alla magistratura ordinaria. Da un lato, la dirigenza dello Stato si è indirizzata verso livelli pi alti rispetto al passato, ma collegati al raggiungimento di obiettivi e comunque alle funzioni effettivamente svolte (ruolo unico dei dirigenti generali): con effetti di retribuzioni pi elevate, all’ingresso nella carriera, di quelle di un uditore. Dall’altro, i magistrati amministrativi e contabili hanno avuto sostanziosi incrementi, attraverso la ridefinizione del rapporto con gli scatti di anzianità dei magistrati ordinari. Anche gli aumenti ad essi assicurati dall’emendamento Bassanini sono di molto superiori a quelli previsti per la magistratura ordinaria): così, invece di ridursi, lo squilibrio tra le magistrature aumenterà di molto con definitivo venir meno del principio della tendenziale parità retributiva stabilito dalla legge n.392 del 24 maggio 1951 (legge Piccioni). N va dimenticato che solo la magistratura ordinaria è esclusa – per sua scelta risalente quanto sacrosanta – da arbitrati e collaudi, che invece costituiscono una rilevante fonte di guadagno per le altre magistrature.
    Questo problema non può essere sottovalutato. La marginalizzazione retributiva dei magistrati ordinari ha importanti riflessi sul prestigio della funzione, sulla selezione di coloro che vi accedono o che intendono restarvi, sul modo di lavorare e di rapportarsi con la società civile.

  3. Le prospettive

    L’emendamento apre pi problemi di quanti ne risolve.
    Innanzitutto c’è l’interpretazione dell’espressione “magistrati di cassazione”, pur se sembra assodato che si tratti dei magistrati idonei alle funzioni di cassazione, cioè di tutti i magistrati con 20 anni di anzianità positivamente valutati, indipendentemente dalla funzione svolta. In secondo luogo è incerto il calcolo degli scatti aggiuntivi (se due del 2,5 % ciascuno o pi) cui si avrebbe diritto, a seconda dell’anzianità e dell’avvenuto godimento in passato di galleggiamenti. In terzo luogo si discute sulla possibilità interpretativa (e quindi senza necessità di ulteriori interventi normativi) di estendere la disciplina ai magistrati di tribunale e di appello, in forza del principio dell’estensione del trattamento retributivo secondo i parametri stabiliti dalla legge n. 31/1981 (soluzione che comporterebbe un aumento per tutti i magistrati di circa il 5%). Quest’ultimo punto è evidentemente fondamentale, non essendo accettabile uno squilibrio retributivo collegato con la nomina a magistrato di cassazione.
    Su questi temi è aperto il confronto sindacale con i ministri della giustizia e della funzione pubblica. Ma la vicenda impone alcune considerazioni.
    Il comportamento delle magistrature amministrativa e contabile, che hanno scelto la strada del “colpo di mano” di categoria rompendo il patto di consultazione e di unità di azione che aveva portato all’istituzione del Comitato intermagistrature, è sempre pi inaccettabile e impone una radicale riconsiderazione dei rapporti tra le Associazioni e del ruolo del Comitato.
    Anche il metodo seguito dal Governo merita profonde critiche. Non è possibile trattare temi così delicati, che attengono anche alla giurisdizione e ai rapporti tra le diverse magistrature, con un’ottica settoriale, subalterna alle pressioni delle corporazioni pi forti.
    E’ il riequilibrio delle posizioni retributive che deve divenire un effettivo obiettivo del Governo.
    In tale riequilibrio vanno considerate (o riconsiderate) discriminazioni o carenze che incidono sulla effettiva parità dei magistrati, come l’esclusione dalla indennità giudiziaria nei periodi di astensione per maternità, l’adeguamento delle prime fasce retributive e le agevolazioni per i giovani magistrati nelle sedi disagiate.
    Vanno, al contrario, respinte ipotesi di incentivi legati al risultato, di premi di produttività e simili, che porterebbero ad una “rinascita della carriera” e ad un sistema di condizionamenti incompatibili con l’indipendente esercizio della funzione giurisdizionale. Tali ipotesi vanno in senso del tutto opposto rispetto alla creazione di un serio sistema di valutazione della professionalità dei magistrati, terreno ormai ineludibile che deve diventare centrale per l’intera magistratura, anche per evitare il risorgere di tentazioni “meritocratiche”.
    La questione retributiva, inoltre, deve essere agganciata – come da tempo chiediamo – all’effettivo miglioramento delle condizioni di lavoro di ogni singolo magistrato, che deve essere messo in condizione di avere luoghi di lavoro decenti, assistenza qualificata, opportunità di formazione e qualificazione continua.
    Su questi terreni occorre da parte dell’ANM una forte iniziativa, con la serietà e la responsabilità che ci hanno sempre contraddistinti, e da parte dei colleghi un sostegno perch questa azione sia al massimo produttiva.
07 06 2002
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