Il Ministro della giustizia è titolare di un generale potere di sorveglianza sul funzionamento degli uffici giudiziari che si concretizza nel potere di disporre ispezioni ordinarie sull'intero funzionamento dei servizi di un ufficio ed ispezioni parziali per accertare la produttività, entità e tempestività del lavoro di singoli magistrati. Accanto a questo potere vi è quello di promuovere le cosiddette inchieste ministeriali mirate ad accertare presunte anomalie che possono sfociare in ipotesi di illecito disciplinare a carico di un magistrato.
Per cercare di definire i diritti e i doveri dei magistrati in relazione ad inchieste ed ispezioni ministeriali, riguardanti il merito dell'attività giudiziaria, è necessario prendere spunto dalle risoluzioni del Csm del 17 maggio 1995 e del 26 ottobre 1995 che si sono occupate dell'argomento. Nelle indicate delibere si è evidenziato: anzitutto il diritto-dovere dei magistrati sottoposti ad attività di inchiesta, e dei dirigenti de loro uffici, di essere puntualmente informati circa il contenuto dell'incarico ispettivo o di inchiesta; il divieto di estensione dell'inchiesta a fatti diversi da quelli specificati nell'incarico del Ministro senza previa e specifica integrazione di quest'ultimo; con specifico riferimento ad inchieste riguardanti attività di esercizio della funzione giudiziaria, specie se relative a procedimenti ancora in corso, si è sottolineato il divieto di inchieste che non abbiano ad oggetto ipotesi di fatti specifici e determinati e suscettibili di rilievo disciplinare; nonch il potere del singolo magistrato di valutare l'opponibilità agli ispettori del segreto di indagine, prevedendo che i magistrati interessati informino il Consiglio Superiore della Magistratura nel caso in cui gli accertamenti ispettivi o di inchiesta interferiscano con l'ambito insindacabile dell'attività giudiziaria.
In proposito, la precisa informazione circa il contenuto dell'incarico ispettivo o d'inchiesta "è funzionale a garantire al magistrato inquisito ed al dirigente dell'ufficio la possibilità di controllare che gli accertamenti siano effettivamente pertinenti rispetto alle fonti che li legittimano, cioè la lettera di incarico e le norme che attribuiscono il relativo potere. In particolare, il magistrato inquisito e il dirigente dell'ufficio debbono essere posti nella possibilità di controllare:
1) che ogni atto accertativo sia riconducibile al provvedimento di chi - il Ministro - è titolare del potere di inchiesta;
2) che l'oggetto dell'inchiesta sia tale da non interferire sull'indipendenza del magistrato e da non collidere con il principio della insindacabilità dell'azione giudiziaria al di fuori delle ipotesi di illecito disciplinare. Quindi - allorquando si riferisca ad attività processuale - il sindacato deve limitarsi al "mero controllo estrinseco di legittimità" degli atti, sotto l'aspetto del rilievo della esistenza di (indiscutibili e inescusabili) violazioni di legge, di provvedimenti abnormi o di esercizio della funzione per finalità diverse da quelle di giustizia.
La predetta possibilità di controllo è essenziale - ha affermato il Consiglio - perch il magistrato e soltanto il magistrato è investito della titolarità della funzione giudiziaria ed egli per primo ha quindi il dovere istituzionale di salvaguardarla da interferenze indebite o improprie, posto che l'autonomia da ogni condizionamento è presupposto di legittimazione per l'esercizio della funzione.
Tale possibilità di controllo deve esser data non solo al magistrato interessato, ma anche - ove non vi ostino giustificati motivi - al dirigente dell'ufficio giudiziario al quale egli appartiene, posto che al dirigente incombe il dovere tanto di garantire l'indipendenza dei magistrati del suo ufficio, quanto di essere a conoscenza di ciò che nell'ambito di esso si verifica.
In particolare, occorre - allorquando l'inchiesta riguardi l'esercizio della funzione giudiziaria e specialmente se il procedimento sia ancora in corso - che l'oggetto dell'inchiesta sia rappresentato da fatti determinati e, nel contempo, suscettibili di costituire illecito disciplinare.
Peraltro nelle delibere consiliari si è precisato che "nel caso in cui l'informazione circa il contenuto dell'incarico di inchiesta non sia data o sia insufficiente o denoti che l'inchiesta è volta ad inquisire profili riservati all'autonoma discrezionalità del magistrato o comunque esclusivamente sindacabili in sede processuale, come pure a fronte di concreti atti accertativi dei magistrati ispettori parimenti rivolti ad inquisire profili riservati all'autonoma discrezionalità del magistrato o comunque esclusivamente sindacabili in sede processuale, il magistrato inquisito ed il dirigente del suo ufficio - a salvaguardia del superiore valore dell'indipendenza e dell'autonomia della funzione giudiziaria - non sono tenuti ad assoggettarsi al potere inquisitorio così esercitato".
Il Consiglio ha ritenuto che il controllo anche disciplinare sugli atti e i comportamenti dei magistrati debba essere rigoroso ed effettivo e che da tale controllo non sia di per s immune l'attività giudiziaria, allorquando essa sconfini dai limiti propri della interpretazione delle norme e della ricostruzione dei fatti. Questo indirizzo si riflette nella formulazione delle fattispecie di illecito disciplinare, ma non può non riflettersi anche sulle attività di accertamento degli illeciti. Ma proprio la prospettiva di rendere pi effettivo tale controllo richiede, perch non si traduca in un attentato al bene fondamentale costituito dall'autonomia di esercizio della funzione giudiziaria, che siano accuratamente e rigorosamente precisate anche quelle garanzie che sono rivolte alla salvaguardia del pi antico e del pi fondamentale dei principi che governano questa materia e cioè l'inammissibilità di inchieste parallele dell'esecutivo che si sovrappongano o interferiscano su procedimenti giudiziari in corso, condizionandone l'andamento e l'esito.