MEDEL : dall’idea alla
realizzazione
Relazione introduttiva di Christian Wettinck
all'Assemblea generale, Lisbona 8-9 ottobre 1999 (FR – IT)
Alla Assemblea
generale tenutasi a Lisbona l’8-9 ottobre 1999 la relazione
introduttiva viene affidata a Christian Wettink, giudice belga della
ASM, ex-Presidente di MEDEL. Il suo testo è stato
successivamente tradotto in italiano e pubblicato sul n. 6 del 2000
di Questione giustizia, pag. 1143.
Lo riproponiamo qui come
contributo alla storia dell’associazione.
(il testo originale può essere consultato in questa pagina)
Un giorno, mi ricorderò della scena, mi ci perderò al
passato.
Il quadro amoroso, come la prima estasi, non è fatto che di troppo tardi;
è l’anamnesi, che non ritrova che tratti insignificanti,
per nulla drammatici, come se mi ricordassi del tempo stesso e solamente del tempo..
(Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso)
1. Le premesse
Fornire un’anamnesi
di Medel: una “evocazione volontaria del passato”, ma
innanzitutto, nel senso proprio, le “informazioni fornite dal
soggetto interessato sul suo passato e sulla storia della sua
malattia”? Il compito è impossibile.
Tra i magistrati dei
vari punti cardinali dell’Europa, presenti alla nostra
assemblea generale, i più anziani sono nati intorno al 1929, i
più giovani dopo il 1970. Vedete quale diversità di
esperienze, di volontà, di speranze, di influenze, di
reazioni; quanto anche di limiti e di impotenza, di ignoranza e di
incomprensioni: bisogna avere la lucidità di riconoscerlo. Il
tempo è lineare nella finzione degli atlanti storici. Il
nostro tempo, quello delle nostre vite, dei nostri sforzi, delle
nostre speranze, delle nostre vittorie, delle nostre sconfitte, è
multiplo e inafferrabile. Per disegnare i volti, descrivere le
amicizie, conferire all’avventura la sua vera umanità
bisognerebbe scrivere un libro. Un libro che dobbiamo scrivere. Provo
qui ad evocare chi eravamo in quell’inizio degli anni ottanta,
come un pugno di “piccoli giudici rossi” si mise in testa
d’unire le rare associazioni di magistrati progressisti
dell’epoca su un progetto comune, e quello che avvenne secondo
la mia percezione. Eravamo allora dei veri lupi bianchi ed eccoci
diventati dei vecchi lupi imbiancati. Bisogna ricordare come il mondo
è cambiato intorno a noi e come noi siamo cambiati.
Ecco il mio
tentativo, soggettivo, di parte e parziale.
Questa evocazione
sembrerebbe alla piccola storia di un gruppo di boy scout se
passasse sotto silenzio gli sconvolgimenti che hanno modificato le
nostre società ed il posto del giudice al loro interno,
sconvolgimenti sopraggiunti mentre cercavamo di passare “dall’idea
alla realizzazione” [ 1 ] .
Come riassumere in qualche frase la collezione degli ultimi venti
anni de Le monde diplomatique?
Sarete senza dubbio
d’accordo con me che gli anni 1989-1991, svolta del decennio al
centro del periodo esaminato, hanno segnato un cambiamento
qualitativo nel disordine del mondo, la fine di certezze o illusioni,
l’inizio di altre speranze e altre frustrazioni: luglio 1989,
bicentenario della Rivoluzione francese; novembre 1989, caduta del
Muro di Berlino e rivoluzioni di velluto in Polonia e Cecoslovacchia;
3 ottobre 1990, riunificazione della Germania; gennaio 1991, guerra
del Golfo; agosto 1991, dissoluzione dell’Unione delle
Repubbliche Socialiste Sovietiche. Questa svolta ha lasciato un mondo
che può sembrare ormai a senso unico. Un mondo dominato da
un’economia finanziaria globalizzata, che poggia sulla
smaterializzazione e delocalizzazione delle ricchezze, sulla
speculazione e i traffici, dove si approfondisce immensamente lo
scarto tra il piccolo numero dei molto ricchi e quello sempre più
grande dei poveri, un mondo dominato da una superpotenza senza
contrappesi, ma non senza debolezze.
Da Gutenberg a Bill
Gates, ecco la comunicazione in tempo reale, dominio della
saturazione dell’effimero e dell’ineguale. In Africa e in
America latina dei magistrati non hanno codici, non hanno dove
leggere le regole e dove scrivere le decisioni, mentre dati e
messaggi abbondano sulla rete delle reti, sulla televisione via
satellite, sorretti dalla pubblicità commerciale, menzogna a
fine lucrativo. L’umanitario, già convertito ai media
e al marketing della carità, si militarizza. È,
si dirà, per rispondere alla banalizzazione delle tendenze
genocide. La miseria, il malessere e le violenze vanno a gonfie vele.
I media di fine millennio propagano una cultura della vittima
dopo il quarto d’ora di pubblicità. Vittime della
Terra, di cui l’uomo sconvolge il clima. Vittime
dell’abbattimento delle frontiere, quelle tracciate dalla Santa
Alleanza, quelle del Congresso di Berlino, che ha diviso l’Africa,
quelle di Versailles, Yalta o Potsdam. Vittime di terrorismi o di
violenze di Sato. Bambini vittime di pedofili. Noi, vittime del
contenuto dei nostri piatti o delle marmitte di scarico nei “paesi
ricchi”. A queste vittime, cui talvolta somigliano le
popolazioni commosse nell’umanità di una “marcia
bianca”, fanno pendant capri espiatori, nemici
sufficientemente deboli per essere comodi e molto utili ai politici
“securitari”: il suitable enemy della letteratura
sociologica anglosassone. Sul piano internazionale, la Libia del
colonnello Gheddafi, l’Irak di Saddam Hussein o la Serbia di
Milosevic permettono le guerre “a perdita zero”. Nelle
nostre città, i consumatori di droghe, i giovani delle
bidonvilles, gli zingari e gli stranieri sans papiers
giustificano la telesorveglianza, rinforzi di polizia, piani di
controllo del territorio securitari e procedure sommarie, i campi di
detenzione amministrativa e il fatto di rendere banale la
deportazione. Così, ben aiutati da Breznev e molti altri, i
Think tanks della destra, George Bush, Margaret Thatcher,
Giovanni Paolo II, i nuovi filosofi, Helmut Khol e la Treuhand
sembrano aver vinto una partita decisiva su Marx, Engels, Lenin, su
Mao, su Gramsci, Althusser, i Sandinisti o Michel Foucault.
A fianco di questa
visione misantropa, vi furono per fortuna le nostre gioie, quando
caddero l’apartheid o il Muro di Berlino; si ebbero
rivoluzioni di velluto, polizie segrete messe in liquidazione,
l’arresto di Pinochet. Bisogna pure misurare quanto siano
progredite, negli ultimi venti anni, tematiche a noi care. Così
la tematica dei diritti fondamentali: nel 1980 l’ipotesi di una
giurisdizione penale internazionale era confinata tra le utopie
universalistiche, il diritto dei popoli alla loro storia era negato
dai manuali ufficiali, dalle amnistie che si concedevano impunemente
i dittatori. La tematica del diritto ad un ambiente sano, compatibile
con uno sviluppo durevole, è soggetta a dei mercanteggiamenti
vergognosi, a discorsi colmi di reticenze mentali ed ipocrisia. Ma è
entrata nel consenso generale, a colpi, è vero, di Seveso, di
Chernobyl, di diossina o di organismi geneticamente modificati.
Il legalismo ottuso
e i suoi danni giudiziari appaiono in declino. L’azione delle
corti internazionali e delle corti costituzionali ha introdotto nei
nostri ordinamenti giuridici la sottomissione delle leggi al diritto
ed all’eguaglianza di trattamento. I meccanismi delle questioni
pregiudiziali di costituzionalità pongono il controllo di
legittimità a disposizione del più piccolo giudice,
che, ovunque in Europa, può diventare il continuatore dei
“pretori d’assalto” italiani degli anni ’60.
Infine l’imperativo
dell’indipendenza della funzione giurisdizionale non è
forse mai stato, nella storia, così presente come oggi, né
più prossimo ad significato veramente democratico, raccordato
alla legittimità del giudice e alla sua responsabilità.
A lungo giudici e procuratori sono stati leali, eccetto qualche
fronda, ai poteri che si succedevano e di cui erano gli
ausiliari, vestiti nella loro pompa destinata ad ispirare timore al
popolo silenzioso. Non hanno avuto allora più storia dei
popoli analfabeti: qualche celebrazione funebre. Per loro la storia è
giunta quando hanno assunto il rischio dell’associazione
volontaria e della parola pubblica e critica, per fornire il proprio
contributo a costruire la democrazia dei diritti dell’uomo.
Siamo attori e
autori d’una parte – europea – di questa storia
molto moderna.
2. Il destino di
un’idea
Medel nasce da un
oscuro “comitato di collegamento internazionale” [ 2 ] .
Esso riunisce attorno alle prime associazioni di magistrati
progressisti, l’italiana e la francese: Magistratura
democratica (1964) e il Syndicat de la magistrature (giugno
1968), in maniera informale poco dopo il 1970 alcuni avvocati e
magistrati internazionalisti e radicali spagnoli [ 3 ] ,
tedeschi o belgi.
Molti di questi
contatti si sono realizzati in seno all’Associazione
internazionale dei giuristi democratici [ 4 ] ,
al Centro per l’indipendenza dei giudici e degli avvocati di
Ginevra, alla Commissione dei giuristi o al Tribunale permanente dei
popoli di Lelio Basso. Salvatore Senese e Louis Joinet, dotati di
ubiquità, un piede nel locale e l’altro
nell’universale [ 5 ] ,
saranno i punti di raccordo. Coloro che osarono parlare per primi,
magistrati coraggiosi come Serge Fuster detto Casamayor o Alessandro
Galante Garrone, stabiliscono il legame tra gli anziani della
resistenza all’hitlerismo, delle lotte antifasciste e
anticolonialiste e i giovani magistrati spagnoli e portoghesi, che
hanno della resistenza alla dittatura un’esperienza fresca e
sovente di prima mano.
Ecco chi eravamo.
Rapidamente il
gruppo avverte l’esigenza d’inventario e di storia: sarà
l’incontro di Lille nel 1982, dove ciascuno descrive il suo
sistema nazionale e riflette su un futuro comune [ 6 ] .
Come prolungamento
di questa riflessione il Syndicat de la magistrature organizza
a Bordeaux, il 15 ed il 16 ottobre 1983, un nuovo incontro. La sua
presidentessa Simone Gaboriau ne annuncia l’oggetto il 30
settembre in questi termini: “Pare che l’argomento che
potrà essere più utilmente trattato nella nostra
riunione è quello della definizione di una carta delle
garanzie minime di uno statuto democratico della magistratura; carta
che sottoporremo per l’adozione al Consiglio d’Europa e
che potrà costituire anche un allegato alla convenzione
europea. A partire dalle rispettive esperienze, positive o negative,
di ogni paese ciascuno potrà fornire proposte su queste
garanzie minime, su quello che gli sembra il minimo indispensabile,
senza il quale non c’è una magistratura democratica. I
nostri lavori potranno organizzarsi su queste basi e sortire, dopo
dibattito e sintesi, un documento unico, la cui idea forza potrebbe
ispirarsi all’affermazione del seguente principio: lo statuto
dei magistrati è rivelatore della concezione che si fanno gli
stati del ruolo della funzione dei giudici nella società, così
come quello della giustizia nell’apparato di Stato: una
concezione democratica di questo statuto impone una magistratura
libera da ogni influenza del potere esecutivo e degli interessi
particolari, una magistratura che riflette il pluralismo del corpo
sociale e permette l’esercizio di un controllo dei cittadini
sul funzionamento della giustizia”. L’idea costitutiva
qui abbozzata concorda perfettamente con la definizione normativa
della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, che
nelle sentenze del 1976 e del 1979, affermando la legittimità
e la necessità della critica delle decisioni di giustizia
contro il contempt of court britannico, dice ciò che
bisogna intendere per società democratiche secondo la
Convenzione della salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali: non vi è società
democratica senza che il pluralismo, la tolleranza e l’apertura
di spirito si traducano effettivamente in un regime costituzionale,
sottoposto al principio della preminenza del diritto, che comporta un
controllo efficace dell’esecutivo realizzato, senza pregiudizio
del controllo parlamentare, da un potere giudiziario indipendente e
che assicura il rispetto della persona umana. [ 7 ]
Esce dai lavori dell’ottobre 1983 una “Dichiarazione di
Bordeaux” sotto forma di “proposta di protocollo
aggiuntivo alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo” [ 8 ] .
Ne esce anche la determinazione d’organizzarsi in modo
permanente.
Diciotto mesi di
riflessione permettono di concepire un progetto di statuto, che porta
alla creazione di una “associazione di magistrati e di
organizzazioni di magistrati”, la quale ha già la
denominazione di “Magistrati europei per la democrazia e le
libertà”. Se ne discute a Bruxelles il 1° marzo 1985
in occasione del congresso della Association syndicale des
magistrats [ 9 ] .
Il 15 e 16 giugno 1985 lo statuto è definitivamente approvato
a Strasburgo.
A Torino dal 27 al
29 settembre 1985 si tiene il convegno “Governo ed autogoverno
della magistratura nell’Europa occidentale” organizzato
da Magistratura democratica [ 10 ] ;
a margine si costituisce il primo esecutivo. Fa sentire la sua voce
per la prima volta Medel (che si scriveva allora Medl). Indubbiamente
non si esprime proprio in quanto tale; è l’esposizione
comparata dei diversi statuti nazionali dei suoi membri.
Inizia
l’elaborazione di sintesi.
Dopo l’importante
convegno di Trieste, 7-9 giugno 1991, su “La formazione dei
magistrati in Europa e il ruolo dei sindacati e delle associazioni
professionali” [ 11 ] ,
il lavoro sfocerà nella Dichiarazione di Palermo del 16
gennaio 1993 recante “Elementi d’uno statuto europeo
della magistratura” e sulla Dichiarazione di princìpi
concernenti il pubblico ministero di Napoli del 1° marzo 1996.
Avendo Medel acquisito nel frattempo, il 6 marzo 1995, lo statuto di
organizzazione non governativa consultiva presso il Consiglio
d’Europa, ciò diviene una negoziazione d’esperti
in seno al Consiglio con gli Stati e le altre organizzazioni
internazionali di magistrati. Con compromessi inevitabili, la Carta
europea sullo statuto dei giudici è adottata l’8 - 10
luglio 1998 [ 12 ] .
Le discussioni sullo statuto dei pubblici ministeri si concluderanno
tra breve.
Ma Medel non è
unicamente e neppure essenzialmente votata alla difesa della
magistratura, per la ragione evidente che l’indipendenza non è
un fine in sé [ 13 ] .
Mezzo senza alcun dubbio indispensabile, strumento di una cultura
europea della giurisdizione da costruire, non è che questo.
Sarebbe falso pensare che è l’ora delle celebrazioni,
che il nostro compito è adempiuto e che sia giunto il tempo
dei ricordi.
Se bisogna
accostarsi alla storia, è per comprendere quanto avverrà.
Senza voler fare una
storia di re alla vecchia maniera, mi arrischio ad articolare
l’esistenza di Medel, i suoi progressi, le sue crisi e i suoi
problemi sui quattro presidenti: Christian Wettinck (Asm): Torino,
settembre 1985 – Bruxelles, settembre 1989; François
Guichard (Sm): settembre 1989 – Parigi, marzo 1993; Heinz
Stotzel (Otv): marzo 1993 – Venezia 1996; Orlando
Alfonso (Asjp): novembre 1996 [ 14 ] .
È
evidentemente un’abusiva semplificazione ridurre così la
nostra storia a quattro nomi, dimenticando Ana-Maria, tutti gli
Antonio, Blandine, Christoph, Gabriella, Hans-Ernst, Jean-Paul,
Mimmo, Pier Luigi, Reiner, Rosa e tanti altri. Ma mi sembra che la
periodizzazione, le cesure dei mandati presidenziali siano utili per
l’analisi: credo anche che le ricchezze e i vincoli delle loro
appartenenze (professionali, associative, geografiche, nazionali)
abbiano impresso stili differenti alle risposte che occorreva dare ai
mutanti bisogni di Medel, in un contesto anch’esso mutante.
3. 1985-1989: il
periodo Christian
Partire da niente è
relativamente facile. L’abbiamo fatto con un gruppo ridotto,
compatto ed egualitario, rappresentante associazioni nazionali, che
erano ideologicamente molto coerenti e direttamente interessate alla
sorte della debole novità.
Il segretariato era
a Charleroi, Belgio, dove per più di dieci anni, fino al
maggio 1996, Georges-Henry Simonis vi si è dedicato con
devozione. I mezzi erano limitati, ma un’accoglienza generosa
ricevevamo ai congressi e alle attività delle associazioni
federate, a Torino, a Parigi, a Barcellona, a Bad-Herrenalb. Si
prolungava la tradizione del comitato di collegamento, fan-club
di Md e del Sm. C’era così poco bisogno di mezzi, che
non occorreva passare dal tesoriere.
Dopo l’ingresso
di Spagna e Portogallo nella Comunità europea il 1°
gennaio 1986, raggruppavamo associazioni della parte continentale,
quella romano-germanica della Cee. Siamo dunque naturalmente partiti
alla scoperta delle Comunità e del Consiglio d’Europa,
in cerca anche di riconoscimento. L’Otv ci ha trovato un
alleato sul posto, prezioso e fedele, addetto al gruppo socialista
parlamentare europeo: il nostro amico Christian Lange.
Presto, tramite il
ristretto gruppo di magistrati olandesi, iscritti a titolo
individuale, sono stati tentati dei contatti con il Regno Unito, che
hanno portato amici, ma che si scontrano, fino ad ora, con un
associazionismo analogo al nostro. Si è sondata anche, senza
risultati, la Danimarca, da Brema tramite Hans-Ernst Botcher. Di
contro, alcuni magistrati greci, che facevano pratica al Consiglio
di Stato francese o alla Scuola nazionale della magistratura,
assidui frequentatori delle nostre riunioni parigine, hanno fondato
in patria la sezione greca di Medel, accolta nel 1990.
Nel maggio 1986 una
sovvenzione della Commissione europea ci insegnava a tenere conti in
pareggio e si rese ben presto indispensabile un tesoriere, anche da
un punto di vista giuridico. È stato così che nel marzo
1987 Heinz è diventato il nostro schatzmeister e che
nel marzo 1988 Medel si è costituita come persona giuridica
secondo la legge francese, più specificamente secondo il
diritto locale dell’Alsazia-Lorena in vigore dal 1918, con sede
a Strasburgo presso François Guichard. È l’epoca
in cui facevamo anticamera al Consiglio d’Europa senza riuscire
ad infrangere lo sbarramento dell’Unione internazionale dei
magistrati, la sola sulla piazza.
In questo periodo le
nostre associazioni iberiche ci hanno aperti ad esperienze
extraeuropei: Cile, Colombia, Bolivia, Nicaragua, Angola, Capo Verde.
Tra i miei ricordi più forti c’è la missione a
Santiago del Cile, condotta da Antonio Donate su invito della
Commissione cilena dei diritti dell’uomo: l’audizione
pubblica di famigliari di scomparsi e di tutte le associazioni
professionali a loro solidali, i contatti con una magistratura,
ancora intimidita e con qualche resistenza, sulla fine del regno di
Pinochet.
Le crisi non
mancano: scissione dell’Otv e nascita della Nrv, conflitto tra
Smmp e Juan-Alberto Belloch (Jpd) sul caso di Otelo de Carvalho. E
nemmeno le feste: “pranzo di nozze” a Torino, con lo
stupefacente giudice dei minori (con il grado di consigliere di
cassazione) Paolo Vercellone, che ci raccontava i suoi anni di
piombo, ci insegnava la carriera lineare e come far entrare la
società nelle prigioni per minori; danze sul sagrato della
cattedrale e cori dei pubblici ministeri catalani nelle ramblas;
e “Grandola Villa Morena”, che diventava l’inno di
Medel.
4. 1989-1993:
l’epoca François
Con François
Medl diventa Medel e acquista un po’ la nazionalità
francese. La rosa e la forza tranquilla, non è un fatto tanto
sicuro; non così tranquilla, a giudicare dai turbamenti, che
le ambiguità della partecipazione al potere provocano talvolta
nel SM. È stato un periodo finanziario felice grazie alla
generosità dello Stato francese.
Il tribunale di
grande istanza di Strasburgo ci ha visto sovente, mentre il flauto di
Christoph si sforzava di svegliare le sfingi della sala dei passi
perduti. All’aiuto di Christian Lange si è aggiunto
quello di Marie-Claude Vayssade, presidente della Commissione dei
diritti dell’uomo e dei cittadini del Parlamento europeo.
Ci sono stati Cuba e
Buenos Aires, dove i colleghi dell’America del Sud pensavano di
darsi uno strumento simile a Medel. Jueces para la democracia
e Mimmo Gallo ci hanno fornito i rapporti d’indagine sulle
violazioni dei diritti dell’uomo nella Palestina dell’Intifada.
In Italia, nel
febbraio 1992, iniziava l’operazione Mani Pulite a Milano. In
maggio ed in luglio la lotta alla mafia vedeva cadere i giudici
Falcone e Borsellino. La dichiarazione di Palermo del gennaio 1993 è
stata scritta nella sua versione finale sotto la protezione rumorosa
di sentinelle e di un elicottero dei carabinieri. In Belgio, Francia,
Spagna ed altrove gli scandali di criminalità politica ed
economica graffiavano i partiti, più spesso quelli socialisti
e socialdemocratici. Dovunque imperversavano politiche di rigore,
dovunque l’inadeguatezza dei mezzi corrispondeva ad un
sovraccarico crescente di giurisdizione e dovunque si esasperavano le
tensioni tra giustizia e politica. Mentre l’Europa dell’Atto
unico e del grande mercato si sforzava di superare i suoi ostacoli
costituzionali, il sistema di Schengen si sostituiva alla Cortina di
ferro. Ma soprattutto le conseguenze della caduta del comunismo ci
hanno raggiunto presto.
Il centro di gravità
di Medel, fino ad allora piuttosto latino e mediterraneo, si è
spostato verso l’Est-Nord est. Quanto al centro di gravità
del suo pluralismo ideologico, credo che all’epoca sia passato
inosservato, ma a dire il vero lo stupore (in senso forte), l’urgenza
sono stati all’epoca tali che li si sono subìti. La
geopolitica e l’urgenza hanno sconvolto Medel. Nessuno poteva,
sapeva e neppure voleva discuterne. E ciò dura fino ad oggi.
Il fatto è
che ricevevamo richieste di aiuto. La prima ci ha coinvolti
nell’implosione della Yugoslavia: veniva dalla Croazia, portata
da Petar Novoselek [ 15 ] .
La linea Oder-Neisse veniva oltrepassata e scoprivamo la nostra
meravigliosa Teresa e la sua associazione polacca Iustitia,
divenuta membro nel marzo 1992. Poi c’è stata Praga e la
sua associazione di giudici, ormai solo cechi. Da rapide informazioni
dei delegati tedeschi apprendevamo la difficile situazione dei
magistrati dell’ex-RDT, sottoposti a controlli di
“depoliticizzazione”. Neanche qui si è giunti a
fermare la storia, non si aveva il tempo o la volontà di una
riflessione critica, liberata dal politicamente corretto, dagli
interessi politici e strategici occidentali ossia puramente
nazionali.
I lavori di Trieste
sull’associazionismo ed il ruolo del giudice (giugno 1991),
proseguiti a Popowo, Kochel, Zagabria, Praga mostrano lo Drang
nach Osten di quel periodo, che è segnato anche
dall’interesse che iniziavamo ad avvertire per la criminalità
economica organizzata [ 16 ] .
Quando, nel marzo
1993, François ha passato il testimone, aveva diritto di
essere stanco. Era in quel momento normale e come naturale che lo
stesso fosse consegnato al tedesco Heinz, assistito nel segretariato
da Hélène Imerglik (SM). Il nome di Medel era ormai
conosciuto all’interno del Consiglio d’Europa e
dell’Unione europea. Lo era anche tra le associazioni dei
magistrati, che si ricostituivano nelle nuove democrazie
parlamentari. Ma, è questo almeno la mia sensazione, un
allontanamento, uno spostamento tendeva a prodursi tra le vecchie
associazioni federate e Medel; lo stesso tra l’esecutivo di
Medel, sovraccaricato di inquietudini e di missioni, ed il resto del
consiglio di Medel. Nessuna assemblea generale statutaria si è
riunita dopo quella di Bruxelles nel settembre 1989: una situazione
che è durata fino a stamane, 8 ottobre 1999.
5. 1993-1996: il
periodo Heinz
Il periodo ha visto
accogliere in Medel l’Unione dei giudici cechi (1994). Il suo
presidente siede all’Accademia di diritto europeo di Treviri e
sempre più abbiamo partecipato ai lavori della Scuola
nazionale della magistratura di Quai aux Fleurs. Nel marzo
1995 Medel ha ricevuto lo status di organo consultivo presso
il Consiglio d’Europa. A settembre la presidente del Parlamento
europeo ha celebrato a Strasburgo il nostro decimo anniversario.
Mentre si costruiva il “terzo pilastro” del Trattato di
Maastricht, il suo commissario, la sig.ra Gradin ha chiesto ad Hélène
di partecipare al “comitato di saggi” per la cooperazione
giudiziaria non repressiva e in particolare l’armonizzazione
delle misure d’esecuzione civili e penali.
Ci
istituzionalizzavamo.
Ecco, senza dubbio,
delle investiture che noi perseguivamo, ma non hanno lasciato un
gusto amaro? Un po’ tutto vi concorreva: il contesto generale
desolante; i fondatori, che invecchiavano; il ricambio della
militanza, che, come in Belgio, tardava a venire e sembrava
introvabile; la durezza delle battaglie istituzionali nazionali,
nella misura in cui l’inadeguatezza degli strumenti giudiziari
diventavano sempre più manifesti, fino all’esplosione,
nel mio paese, del caso Dutroux nell’agosto 1996. Vi sono stati
aspetti più banali (ma i motivi dei conflitti familiari più
dolorosi sono così spesso dei peccatucci): l’organizzazione
troppo improvvisata del decimo anniversario è costata molto
cara e ha fomentato zizzania e risentimento.
Il miracolo abituale
dei convegni di Medel non si è riprodotto una seconda volta a
Trieste. Il tema della situazione e dell’azione dei magistrati
negli stati estremi (guerra civile, genocidio) non vi poteva essere
trattato a causa del rifiuto del dialogo delle associazioni
dell’ex-Yugoslavia [ 17 ] .
Fermata anche l’organizzazione ad Onati su “Judging
the powerful”. I pubblici ministeri dell’Upf si
allontanavano un po’. I magistrati olandesi sparivano ad un
tratto, dopo il canto del cigno del febbraio 1995 ad Amsterdam sulla
tossicodipendenza.
D’altra parte
dovevamo adattarci alla funzione di esperto benevolo. Questa funzione
era nello specifico molto utile, dal momento che consolidava la
fiducia delle istituzioni internazionali in Medel e che le ha
permesso, l’abbiamo visto, di difendere le nostre posizioni di
fronte allo sbarramento conservatore, l’unico fino ad allora
consultato. Era, d’altra parte, molto esigente e circondata da
atteggiamenti confidenziali, dove la legittimità dei nostri
rappresentanti rischiava di perdersi. Assenti all’inizio erano
dibattito ed informazione. Da tutto ciò nasceva un malessere
espresso al ritorno del consiglio di amministrazione di Napoli nel
marzo 1996, espresso senza riguardo, né moderazione, che
provocava una crisi dolorosa, ma forse benefica.
Al passivo, uno
psicodramma: due dei fondatori tra i più attivi, Heinz e
George-Henri, delusi, da un certo lato, ingiustamente, si
allontanavano: uno spreco di risorse; una perdita di contatto per
mesi con l’Otv. All’attivo, una grande chiarimento
generale, che si è espresso a Swindon e poi a Venezia,
l’arrivo di spiriti mediatori, che sono Orlando e Patrice, un
certo miglioramento di stile e delle tecniche della comunicazione. Un
rilancio.
6. 1996 - ?:
l’era Orlando
Nel consiglio di
Venezia, nel novembre 1996, Medel ha aderito all’Appello di
Ginevra ed ha deciso l’odierna assemblea generale. In quel
contesto i magistrati croati, messi sotto esame dalle loro autorità
politiche, si allontanavano, mentre si presentavano dei giudici
rumeni.
L’era Orlando
ha visto concludersi i lavori di esperti sulla Carta europea.
Medel si era nel
frattempo abituata alle procedure dei progetti europei Grotius e
Falcone. Il successo di tre incontri europei ha riscattato i
fallimenti di Trieste o Onati: Bruxelles, dicembre 1997, sulla lotta
contro la corruzione e la criminalità economica organizzata;
Torino, ottobre 1998, sullo status dello straniero e le
migrazioni; Parigi, gennaio 1999, sulla crisi d’efficacia della
giustizia civile in Europa e i modi alternativi di regolamentazione
dei conflitti. Contemporaneamente i compagni spagnoli e portoghesi ci
portavano a riflettere sulla formazione dei magistrati europei come
strumento creatore di una cultura comune.
Sforzi sono stati
compiuti per migliorare la comunicazione costituendo un segretariato
generale, affidato a Patrice de Charette e creando di un sito di
Medel, grazie all’impegno di Chico, nostro “Webmaster”:
Francisco Bruto da Costa. L’Otv ritornava in forza con l’amico
Leandro Valgoglio; e anche l’Upf: la maggior parte delle
associazioni manifestavano la capacità di rinnovarsi. I
magistrati greco-ciprioti e bulgari aspiravano ad unirsi a noi.
1996-1999, è
stato anche, a livello dei nostri stati, il tempo delle lotte dei
magistrati italiani di Magistratura democratica contro la minaccia di
un ritorno al passato, costituita dai lavori della Commissione
bicamerale, e un tempo agitato per i magistrati belgi soggetti al
rinnovamento, ancora molto incerto, delle loro vetuste istituzioni.
C’è
infine un ricordo di Berlino nel giugno 1998. Un esempio tra cento
dei momenti d’emozione provati durante vent’anni
d’amicizia fraterna. Provavo a comunicarlo agli assenti in un
messaggio elettronico. Reiner Huhs è il presidente
dell’Amstgericht Spandau. Con Christoph Strecker è
uno dei padri fondatori della Nrv (Neue Richtervereinigung,
Nuova associazione dei giudici) e uno di coloro che hanno concepito
Medel (famosa exceptio plurium). In quell’occasione è
stato una specie di grande Mosè, che ci ha condotto in un
esodo attraverso il cantiere e le decorazioni barocche di Berlino Est
attorno all’Unter den Linden. Mosè ci ha fatto
attraversare il suo Mar Rosso: la spianata, che costeggia la Saats
Oper, invasa da un’ondata fitta, di una violenza tranquilla ed
ostinata di diluvio. Poiché aveva dimenticato la formula, ci
siamo bagnati fino al midollo. L’immensa piazza d’armi
era deserta e crepuscolare, simile in tutto alle vedute, che
Bellotto, il nipote di Canaletto, dipingeva per abitudine o
solidarietà familiare verso il 1790. Si sarebbe potuto credere
che Mozart ci avesse appena preceduto, imprecando e correndo a
mettersi al riparo. Al centro della piazza d’armi stava un
pietra di vetro bianco opaco, su cui le gocce, grosse come acini,
rimbalzavano. Sotto all’asciutto, in una luce da clinica, una
stretta stanza bianca, nuda, deserta, adorna di raggi vuoti. Non una
spiegazione, non una parola: è il memoriale ai libri, che
perirono negli autodafè nazisti, agli autori, editori,
lettori, che subirono la stessa sorte, alle idee, che si sono così
perdute e che forse avevano importanza. Circondata da solitudine
liquida, l’immagine emozionava.
Un pensiero per gli
esseri chiamati giudici, che “legittimarono” tutto ciò.
Dopo aver misurato la nostra fragilità, i fragili limiti
dello Stato di diritto, fino alla illusione della efficienza, che
crea i Papon, ho da tempo rinfoderato l’indignazione facile
della buona coscienza: siamo tutti giudici tedeschi. Facciamo che ciò
non ritorni.
7. A mo’ di
conclusione
Questo esame rapido
e schematico mi induce a pormi, a porvi, tre ordini di questioni:
a) in Medel,
il cui centro geografico s’è spostato, dove si situa
oggi il centro di gravità ideologica? chi siamo diventati noi,
che non spaventiamo più l’Uim? dobbiamo rallegrarcene?
siamo ancora progressisti? abbiamo ancora impegni di cittadini,
obiettivi per un vivere civile, un progetto di società?
Le nostre nuove associazioni sorelle, all’Est, si definiscono
“apolitiche”. Devono restarlo, dobbiamo divenirlo? con
la domanda corollario, che Teresa poneva a Venezia: ”come
cambiare la mentalità dei giudici?”. Bisogna ormai
soddisfare l’immagine politicamente corretta del giudice
europeo, che si libera dei compromessi della Carta europea sullo
statuto dei giudici? bisogna accontentarsi dell’utile
immediato, mirando principalmente, per esempio, a migliori condizioni
di lavoro ed una maggiore efficienza? ma una maggiore efficienza, per
che fare? giudicare, per fare che? Che lo si voglia o no, non si
sfuggirà mai alla questione de “la politica del
giudice”. Questa politica dev’essere aperta agli altri
continenti ed alle parti d’Europa, dove siamo ancora assenti,
ma deve rimanere ancorata allo spazio europeo dei quindici in via
d’allargamento. Qui è, penso, la questione principale:
trovare un accordo chiaro delle nostre associazioni su una politica,
cui agganciare la nostra volontà d’agire. L’accordo
si formerà su compromessi e sarà senza dubbio minimale,
ma questo minimo non può essere tale da ridurre Medel ad una
Uim bis;
b) volere
una politica in primo luogo, e poi poterla realizzare. La questione è
al secondo posto, ma importante. Si tratta dei mezzi e di eventuali
riorganizzazioni. I metodi andranno sovente di pari passo alla
politica. Così: bisogna conservare una organizzazione che si
è centralizzata nell’esecutivo o deconcentrare
l’organizzazione in una rete più trasparente e più
leggera, che includa tutti i progressisti, che, magistrati o no,
lottano per una maggior giustizia? quale interazione stabilire tra la
base ed i nostri “tecnocrati”, esperti o eletti dei
consigli superiori?;
c) l’ultima
questione è posta direttamente a ciascuna associazione
federata. La tipologia delle nostre associazioni mostra che la
ricchezza materiale e la ricchezza umana della militanza sono
ripartite in modo diseguale. Presupponendo che l’accordo si
realizzi sulla politica e sul modo di organizzazione di Medel,
disponiamo, ciascuno nel suo ambito, dell’impegno necessario,
delle forze umane adatte ad agire per la politica voluta? come
aiutarsi reciprocamente per colmare le carenze, i vuoti esistenti
qui o là? Credo che sia venuto il tempo di moltiplicare gli
scambi tra le nostre sezioni locali, superando le frontiere, di
moltiplicare i contatti amichevoli diretti tra magistrati di tutte le
nostre associazioni per fondare uno spazio europeo né
burocratico, né poliziesco: uno spazio giudiziario europeo di
amicizia.
1
Potrebbe essere un alfabeto terribile e quasi completo. A come
Afganistan o Algeria, B come Bosnia, C per Cile o Colombia, E per
euromissili, I come Irak o Iran, K come Kosovo, L come Libia, M come
Malvinas, P come Palestina o Panama, R come Ruanda, S come Serbia o
Somalia, T come Timor, U come Urss, Y come Yugoslavia.
2
R. Gelli Perché il Sindacato della magistratura ne La
formazione dei magistrati in Europa ed il ruolo dei sindacati e
delle associazioni professionali. Atti del convegno di Trieste 7-9
giugno 1991, Cedam, Milano, p. 128.
3
Los viejos rockeros nunca mueren, amico Perfecto!
4
Finanziata in larga parte dall’Urss e dai paesi comunisti,
l’associazione, la cui sede era a Bruxelles, fu in quegli anni
un forum di incontro eccezionale tra giuristi occidentali
sostenitori del ruolo di contropotere della giurisdizione, i
giuristi degli stati socialisti stretti nel loro sistema di
dipendenza, i giuristi del Terzo mondo portatori di fierezze e
speranze, delusi dallo spirito di Bandung, testimoni delle lotte di
liberazione. Si conduceva da parte degli occidentali una critica
rivolta sia al sistema capitalistico, sia al socialismo brezneviano,
di cui si sperava ancora un cambiamento dall’interno. Dopo
l’ultimo congresso di Barcellona del 1990 l’Aiid va in
liquidazione e scompare.
5
Molti rapporti di Louis Joinet avranno un’influenza
determinante sui lavori della Commissione dei diritti dell’uomo
delle Nazioni Unite, che formulano dal 1980 al 1990 gli standard
universali della giurisdizione indipendente ed imparziale e che
combattono i sistemi che garantiscono l’amnistia e l’impunità
agli ex dittatori ed ai loro adepti.
6
Etre juges demain, sotto la direzione di G. Wiederkehr,
Presses Universitaire de Lille, 1983.
7
Sentenze Handyside (7 dicembre 1976) e Sunday Times (26 aprile
1979).
8
Adottata dalle seguenti delegazioni: “Spagna: Justicia
democratica “Jueces para la democracia”; Francia:
Syndicat de la magistrature; Italia: Magistratura
democratica; Portogallo: Sindicato dos magistrados do ministerio
pubblico; Repubblica Federale Tedesca: Otv; membri
aderenti personalmente: magistrati dei Paesi Bassi e fiscales
di Spagna presenti ai lavori”.
9
Le pouvoirs du judiciaire, sotto la direzione di C. Panier e
F. Ringelheim, Ed. Labor, Bruxelles, 1987.
10
Governo ed autogoverno della magistratura nell’Europa
occidentale, a cura di P.L. Zanchetta, F. Angeli, Milano, 1987.
11
Vedasi la nota n. 2.
12
Si veda:
http://www.cidadevirtual.pt/asjp/medel/novos/carte_europeenne.html
e
soprattutto il suo commento:
http://www.cidadevirtual.pt/asjp/medel/novos/comptrendu_carta.html.
13
Un colpo d’occhio degli argomenti affrontati nel corso delle
67 manifestazioni, cui Medel ha partecipato fino al suo decimo anno
di vita lo conferma. www.cidadevirtual.pt/asjp/ medel/congress.html
copre i due terzi dell’esperienza di Medel e dev’essere
aggiornato. Vi si vede il ruolo essenziale, sovente motore, delle
associazioni nazionali federate, senza le quali il modesto
mescolamento delle nostre idee non avrebbe avuto alcuna
ripercussione. L’esame mostra che i lavori relativi allo
statuto dei giudici e del pubblico ministero formano un terzo
dell’insieme, ma sono sempre esaminati in relazione con il
ruolo della giurisdizione nella società. Gli altri due terzi
analizzano perlopiù questo ruolo nella società
neoliberale europea dal punto di vista delle libertà.(prigioni,
mezzi di comunicazione), dal punto di vista sociale (diritto del
lavoro, disoccupazione, superindebitamento, “nuova povertà”,
esclusione), dal punto di vista dei fenomeni criminali e delle
politiche repressive (tossicomania, criminalità economica
organizzata, corruzione, depenalizzazione), senza dimenticare la
difesa dell’ambiente, gli statuti degli stranieri e delle
minoranze. Rimarchevole è la continuità di contatto
con l’America latina. Penso che l’ultimo terzo della
nostra esistenza mostrerebbe un ritorno sullo statuto forse più
pedagogico che critico, dovuto alla necessità di fare
conoscenza con i nuovi amici dell’Europa centrale, così
come la continuità di riflessione sulle ingiustizie ed
illegalità dei “mercati” (congresso del dicembre
1997, Bruxelles), sugli stranieri (Torino, ottobre 1998). Una
tendenza interessante è il rinnovarsi dell’interesse
per la giustizia civile (Parigi, gennaio 1999).
14
Christian è belga. Era allora giudice, poi vice-presidente
del tribunale di prima istanza di Liegi. Conserva una profonda
fierezza della fiducia, che gli venne conferita, ma si sa che ha
poco il gusto delle posizioni di potere e del discorso prudente, che
le accompagnano. Testardo, “testa di carbone”, come sono
i cittadini di Liegi, resta ostinatamente fedele al suo
“paleomarxismo” (François Guichard dixit).
Manca di moderazione.
François
era giudice istruttore a Strasburgo, “il più giovane ed
il meno titolato” dei fondatori, scrisse nel 1989. È
fumatore di pipa ed ammaliatore. Ama la vita e cerca la sua vita.
Sindacalista provetto, è dotato di un’intelligenza
limpida e di un acuto senso politico.
Heinz
è giudice al tribunale finanziario (Finanzgericht) a
Dusseldorf. Ha la dedizione ed il senso della precisione, che ne
hanno fatto un tesoriere esatto ed economo. Su di lui pesarono
soprattutto gli sconvolgimenti dell’Europa, l’apertura
ad Est e la riunificazione del suo paese, l’avvio del ruolo
istituzionale, acquisito da Medel presso il Consiglio d’Europa.
Si spenderà senza lesinare le forze a costo della salute,
troppo solo in un compito troppo pesante, senza i mezzi ed il tempo
di comunicare come sarebbe stato necessario allora e come è
necessario ancora oggi.
Orlando,
giudice e poi consigliere della Corte d’appello di Evora, ha
l’eleganza e lo humor di un lord inglese. Altro
fumatore di pipa. È talvolta freddo con lo “Swiss
Time”: è Bertossa ad averlo detto. Bisogna dire che ha
diretto anche l’Associazione sindacale dei giudici portoghesi,
venuta nel 1991 (a Trieste) a raggiungere la consorella fondatrice,
il Smmp. Da marzo a novembre 1996 la sua cortesia farà
meraviglie per appianare una crisi interna, di cui parleremo.
15
Dopo cinque anni di sforzi per contrastare le purghe, si arena
l’adesione di una sezione croata di Medel. Petar è ora
professore di diritto in Slovenia.
16
Torino (“La frode fiscale ed il riciclaggio dei capitali”,
gennaio 1992) apre la strada a Secock (“La criminalità
economica organizzata a livello internazionale”, settembre
1994), Roma (“La corruzione”, ottobre 1994) e, dopo
l’Appello di Ginevra, Bruxelles (“(Dis)misure della
corruzione. Gli strumenti dei giudici in Europa”, dicembre
1997).
17
Jpd riprenderà la palla al balzo, adottandolo alle condizioni
dell’America del Sud: “Magistratura e situazioni di
crisi sociopolitiche”, Barcellona, novembre 1994.