TRIBUNALE
MILANO – G.M. dott. Oscar Magi
Sentenza
del 3.11.2005 – Ariosto
MOTIVI
DELLA DECISIONE
(Clicca sul link qui sotto per scaricare il documento PDF stampabile)File PDF Motivazione completa della sentenza Ariosto 3.11.2005 (153Kb)
Stefania
Ariosto è stata rinviata a giudizio con decreto del GUP di
Milano in data 22 novembre 2004.
Le
udienze dibattimentali si sono svolte nell’aula della IV
sezione penale del tribunale dinanzi a questo giudice monocratico
nelle seguenti date con il contenuto indicato:
- udienza
1 marzo 2005: udienza di mero smistamento con verifica della
costituzione delle parti ( parti civili costituite Previti Cesare e
Priore Rosario) e produzione, da parte del sostituto Procuratore
Generale presente in udienza, del decreto di avocazione da parte
della Procura Generale del procedimento in questione in data 30
gennaio 2004;
- Udienza
1 aprile 2005: con il consenso delle parti, ammissione delle riprese
audiovisive del dibattimento ai sensi dell’art. 147 disp. Att.
CPP; richiesta , da parte del Pm d’udienza, di esclusione
della costituzione della parte civile Previti, richiesta condivisa
dalla difesa dell’imputata Ariosto: contraddittorio sulla
questione; decisione del Giudice Monocratico ( d’ora in poi
G.M.) con ordinanza allegata agli atti dell’udienza , a cui si
fa integrale riferimento, con rigetto della richiesta del PM e della
difesa e mantenimento della costituzione di parte civile Previti nel
procedimento;
- Udienza
11 aprile 2005: richiesta di ammissione di prove orali e documentali
delle parti, prove indicate nelle liste testimoniali tempestivamente
depositate nei termini di legge, e nelle note di deposito
documentale presentate in udienza ( si vedano le copiose produzioni
documentali del PM, delle parti civili e della difesa): ordinanza
di questo G.M. ammissiva di alcune delle prove richieste e non
ammissiva per altre ( si veda, in dettaglio, l’ordinanza
allegata agli atti di udienza a cui si fa integrale riferimento).
- Udienza
27 maggio 2005: esame dei testi e dei testi/ persone offese del Pm e
delle parti civili; Priore Rosario, Fabbri Paolo, Eleuteri
Carlo,Vincenzo Buono; Pacifico Attilio e Previti Cesare sono stati
ascoltati come imputati di reato connesso ex art.210 CPP;
- Udienza
25 giugno 2005: lettura ed acquisizione da parte del G.M. della
comunicazione fatta pervenire alla cancelleria della IV sezione
penale da Fabbri Paolo in data 17 giugno 2005; esami dei testi della
difesa Ariosto: Casoli Giorgio, Natale Giglio, Gonfalonieri Iride,;
esame dell’imputata Ariosto Stefania.
- Udienza
5 ottobre 2005: acquisizione, su accordo delle parti, delle
dichiarazioni dibattimentali rese da Pulsoni Virgilio in data 18
maggio 2001 dinanzi alla prima sezione penale del Tribunale di
Milano; conclusioni del PM e delle parti civili costituite;
- Udienza
3 novembre 2005: dichiarazioni spontanee da parte di Ariosto
Stefania; conclusioni della difesa della stessa; repliche del PG e
delle parti civili; controrepliche finali della difesa Ariosto; il
giudice si ritira in camera di consiglio per la decisione; lettura
del dispositivo.
*
L’imputata Stefania Ariosto è
stata, come detto, rinviata a giudizio di questo G.M. in relazione al
reato di calunnia, reato compiuto con più dichiarazioni dalla
stessa rese al PM di Milano ( dal 23.10.1995 al 4.3.1996) mentre
deponeva in qualità di testimone [più
specificamente come persona informata sui fatti],
dichiarazioni rivolte ai danni del giudice Rosario Priore , che ella,
sempre secondo il capo di imputazione, accusava di corruzione ,
atteso il suo inserimento in una lista di magistrati romani che
sarebbero stati “comprati”( o comunque che erano
“acquistabili” o disponibili) da Cesare Previti, Attilio
Pacifico e Silvio Berlusconi, proprio in relazione alla funzione
giudiziaria dagli stessi svolta .
Prima di esaminare, più partitamente ed in
maniera dettagliata, il contenuto del capo di imputazione attribuito
all’imputata , appare opportuno richiamare, seppur in modo
estremamente sintetico, il significato attribuito dal codice penale
al reato di calunnia e la sua disamina giurisprudenziale da parte
della S.C., sia da un punto di vista oggettivo che soggettivo:
- Il
nostro codice penale prevede all’art. 368 la necessità
di incriminare un soggetto del reato di calunnia nel momento in cui
lo stesso ( con denunzia, querela, richiesta, istanza diretta all
A.G.o ad altra autorità che abbia l’obbligo di riferire
alla stessa) incolpa di un reato una persona che egli sa essere
innocente , ovvero ( ma non è il caso in questione) simula a
suo carico le tracce di un reato; - La
calunnia è quindi un reato contro l’attività
giudiziaria ma plurioffensivo, giacchè , inevitabilmente,
colpisce l’onore o il decoro e comunque la personalità
di chi sia oggetto della falsa incolpazione , oltre che l’attività
pubblica di chi tale dichiarazione calunniosa accoglie .
- Esso
è un reato a cd.” forma libera”, potendo essere
compiuto con qualunque mezzo, e quindi qualsiasi comunicazione
diretta all’A.G. ( anche contenuta in una deposizione
testimoniale) è idoneo alla commissione del medesimo (l’unica
interferenza con l’esercizio del diritto di difesa e dunque
con il diritto di mentire si ha nell’esame o interrogatorio di
chi è imputato e non di chi rende una deposizione
testimoniale).
- La
calunnia ( per giurisprudenza costante della S.C.) è reato
istantaneo ( nel senso che si consuma nel momento in cui la falsa
incolpazione viene effettuata), ed è reato di pericolo (non
essendovi bisogno che la falsa accusa sfoci nell’apertura di
un procedimento penale, ma apparendo sufficiente che vi sia stata
solo l’idoneità delle false dichiarazioni all’inizio
dello stesso).
- La
calunnia, inoltre, deve consistere in una falsa incolpazione di “un
reato” e cioè di un comportamento punibile non da un
punto di vista etico o disciplinare o amministrativo , ma
esclusivamente penale.
- La
calunnia, infine, è reato con dolo generico , ma diretto e
non eventuale [l’indirizzo prevalente della Cassazione
è che il dubbio escluda il dolo, affermando quindi
l’incompatibilità del reato in esame con
l’atteggiamento psicologico riconducibile al dolo eventuale (
vedi Cass. 28.7.1992 in Giustizia Penale 1993 pag. 296; Cass.
11.10.1990 in Giustizia Penale 1991 pag.293 e numerose altre)],
e cioè con una consapevolezza della falsità
dell’accusa nei confronti di uno specifico soggetto [e
cioè la certezza dell’innocenza dell’incolpato
costituisce l’essenza del dolo e deve essere piena ed assoluta
nel momento in cui l’incolpazione ha luogo ( vedi Cass.
15.3.1985 in GP 1986 pag.298)].
Per insegnamento, anche stavolta, costante
della S.C., “perché si realizzi il dolo di
calunnia è necessario che colui che formula la falsa accusa
abbia la certezza dell’innocenza dell’incolpato…..l’erronea
convinzione della colpevolezza della persona accusata esclude
l’elemento soggettivo , da ritenere integrato solo nel caso in
cui vi sia una esatta corrispondenza tra il momento rappresentativo
ed il momento volitivo “ (Cass. Sez VI penale sentenza
9 febbraio /22 marzo 2004, n. 13912).
*
Esaurita questa breve ( e non certo esaustiva ma solo
esemplificatoria) disamina degli elementi fondanti del reato in
questione , vediamo adesso , in dettaglio, come è formato e di
cosa consta il capo di imputazione sollevato nei confronti dell’
attuale ed unica imputata:
- All’Ariosto
viene contestato , nell’ambito delle sue dichiarazioni rese al
PM di Milano che la stava sentendo come testimone negli esami resi
in data 21 ,23, e 27 ottobre 1995, 6 novembre 1995 e 4 marzo 1996,
di aver accusato, essendo consapevole della sua innocenza, il Dr
Rosario Priore, magistrato del tribunale di Roma, dei seguenti
comportamenti :
- di
aver beneficiato di regali di valore destinati alla moglie,
consistenti in gioielli ricevuti dalla stessa signora da parte di
Cesare Previti e Silvio Berlusconi, gioielli o regali di ingente
valore rappresentanti una forma di compenso per il mantenimento
dello stesso all’interno di una specie di “ libro
paga”della corruzione in cui erano iscritti numerosi
magistrati romani ( il capo di imputazione fa riferimento a
dichiarazioni rese dall’Ariosto in data 23.10.1995)
- di
aver visto il Dr Priore al Casinò di Montecarlo in compagnia
dell’avvocato Attilio Pacifico mentre giocava allo “
chemin de fer” con una provvista di fiches nell’ordine
di 50/60 milioni di lire ( dichiarazioni che si assumono rese nelle
deposizioni del 24 e 27 ottobre 1995)
- Nella
descrizione dei comportamenti punibili il capo di imputazione fa
riferimento anche ad ulteriori dichiarazioni rese dall’Ariosto
in data 6 novembre 1995 e 4 marzo 1996, il cui contenuto non viene
esplicitamente citato , ma che deve ritenersi ugualmente richiamato
, attesa l’esplicita indicazione della data delle
dichiarazioni medesime: in particolare il 6 .11.1995 l’Ariosto
fa riferimento a cene organizzate dal Previti nella sua abitazione o
presso il circolo Canottieri Lazio, cene a cui avrebbe partecipato
sempre lo stesso “ giro” di giudici conosciuti dal
Previti medesimo, giudici tra cui ella inserisce anche il Priore;
mentre nelle dichiarazioni del 4 marzo 1996 la stessa afferma di
aver informato l’on. Dotti ( allora suo compagno) che “Silvio
Berlusconi, servendosi di Cesare Previti, aveva a libro paga anche i
magistrati di cui ho fatto i nomi ( tutti quelli che ho indicato)”
inserendo quindi nel tale “libro paga” anche, seppur in
modo complessivo e tralaticio , anche il Priore.
Come si vede l’accusa ( che peraltro si è
poi corretta nelle sue richieste finali) fa derivare dal complesso
delle dichiarazioni rese dall’Ariosto una serie di reati di
calunnia unificati dal vincolo della continuazione , considerando le
singole frasi dell’Ariosto contenute nei singoli atti di
deposizione testimoniale dalla stessa resi , come singoli reati, già
compiutamente commessi, e quindi unificati ai sensi del cpv.
dell’art. 81 del C.P.
Tale impostazione ( come si è detto
successivamente corretta dallo stesso PG in udienza , nel corso delle
sue requisitorie finali) non appare condivisibile da questo
giudicante: come si è detto il reato di calunnia è
istantaneo e quindi si configura e consuma nel momento in cui la
falsa accusa viene formulata .
Nel caso in questione l”accusa” dell’Ariosto
nei confronti di Priore deve, di necessità, essere
considerata nel suo complesso e non può essere frazionata
nelle sue componenti rilevanti , pena la caduta dell’accusa
medesima.
E‘ cioè evidente che si può parlare
con cognizione di causa di “ calunnia” oggettivamente
intesa da parte dell’Ariosto nei confronti di Priore solo e
soltanto se si prendono in esame complessivamente TUTTE le
dichiarazioni rese dall’Ariosto medesima riguardanti lo stesso
Priore , non essendo le singole affermazioni della stessa sufficienti
a raggiungere quel quoziente di idoneità che la norma richiede
ai fini della configurazione del reato.
Dire cioè che il Priore sia stato visto giocare
al Casinò ( a prescindere, ora, dalla veridicità
dell’assunto) insieme a Pacifico, o dire che alcuni gioielli
sono stati regalati da Previti a mogli di magistrati , tra cui alla
compagna del Priore, o, ancora, che Priore faceva parte di un giro di
magistrati visti a cena dallo stesso Previti , non è (
ciascuna di esse) frase che possa essere giudicata calunniosa di per
sé ed indipendentemente dalle altre ; dire, in un unico
assunto deduttivo e riassuntivo, che Priore faceva parte di un gruppo
di magistrati iscritti al “libro paga” di Previti e
Berlusconi perché frequentava le cene di Previti, perché
sua moglie riceveva regali costosi da Previti, perché egli
giocava con Pacifico milioni di lire al Casinò di Montecarlo,
è invece una affermazione ( complessivamente intesa)
sicuramente calunniosa o comunque idonea ad essere giudicata
calunniosa, ma come unica dichiarazione , e non quindi come insieme
di spezzoni di frasi già di per sé lesive dell’oggetto
di tutela del reato in questione .
Insomma ,ed in breve, deve ritenersi che il reato
contestato all’Ariosto sia un unico reato di calunnia e non un
insieme di reati di calunnia unificati dal vincolo della
continuazione .
Tutto ciò costituisce anche una prima valutazione
ed una conseguente risposta al dubbio sollevato dalla difesa
dell’imputata sulla possibilità di configurare
oggettivamente il reato di calunnia per la valenza delle frasi dette
dalla sua assistita : come si è appena affermato, è
vero che le singole frasi dell’imputata non appaiono di per sé
sufficienti a costituire un’ accusa di un reato commesso dal
Priore ( è vero infatti che l’Ariosto non ha mai detto
esplicitamente che Priore era corrotto o che ha preso dei soldi da
Previti o altri) , ma è altrettanto vero che l’insieme
delle affermazioni dell’Ariosto su Priore ,contenute nelle
dichiarazioni dalla stessa rese al PM nelle date indicate,
costituiscono senza dubbio un’accusa precisa e molto grave nei
confronti della parte offesa Priore nel presente procedimento ;
affermare che un giudice ( un qualsiasi giudice, a prescindere dalla
sua notorietà o dalla sua importanza) possa fare mercimonio
della sua attività e possa addirittura far parte di un “libro
paga” di un potente avvocato legato ad un potentissimo gruppo
economico e politico , è sicuramente una frase non solo
diffamatoria ma assolutamente calunniosa ( nella misura in cui,
naturalmente tale affermazione sia falsa) proprio nel momento in cui
tale affermazione non sia generica, ma anzi sia supportata da
ulteriori dichiarazioni sulla sua attività e sui suoi
comportamenti che costituiscano in qualche modo la prova della
“iscrizione” in tale libro .
In breve, dire che Priore era un corrotto è frase
offensiva ma solo diffamatoria; dire invece che Priore era iscritto
al libro paga di Previti e che i suoi comportamenti comprovavano tale
iscrizione ( regali natalizi, giocate al Casinò) è
affermazione calunniosa in quanto si accusa un giudice di un reato
gravissimo e cioè la corruzione in atti giudiziari ( art. 319
ter CP) , reato che, la Cassazione insegna, può essere
commesso anche senza aver materialmente mai effettuato un atto
giudiziario corrotto , ma per la sola promessa di poterlo commettere
, e quindi per la vendita complessiva della propria funzione ,
sottesa all’eventuale e non necessaria vendita dei propri
singoli atti.
E’ pertanto indubbio, perlomeno a parere di questo
giudicante, che , con le affermazioni “incriminate”
l’Ariosto poteva sicuramente , da un punto di vista
strettamente oggettivo ed astratto, commettere il reato di calunnia
ai danni di Priore, o comunque ai danni di qualsiasi altro giudice
romano di cui ella stava in quel momento parlando .
A nulla rileva, come è ovvio, che il Priore non
sia stato iscritto nel registro delle notizie di reato da parte dei
PM procedenti .
Questo giudice non conosce le ragioni che
hanno presieduto alla decisione dell’autorità inquirente
, ma deve comunque escludersi ( icto oculi) che tali ragioni
possano essere state dovute alla inverosimiglianza o alla evidente
irragionevolezza delle dichiarazioni della teste che stava deponendo
; e pertanto la iscrizione del Priore, pur se non materialmente
avvenuta, era comunque assolutamente possibile a prescindere da
qualsiasi considerazione sulla necessità o solo opportunità
della stessa .
E’ quindi assolutamente certa l’idoneità
delle citate dichiarazioni (attesa la loro verosimiglianza e la loro
storicità e logicità conseguente al loro inserimento in
un contesto complessivamente credibile) all’apertura di un
procedimento penale , e quindi la loro significatività ai fini
della sussistenza del reato in questione.
*
Esaurita la trattazione e la conseguente valutazione
della idoneità dell’accusa formulata dall’Ariosto
ai fini della configurazione oggettiva del reato di calunnia
contestato, deve ora procedersi ad un passaggio ulteriore e
necessario : per aversi calunnia l’accusa dell’imputata
deve infatti essere falsa .
Ora ( prescindendo da quanto si dirà in seguito
in merito alla verità o comunque verosimiglianza delle
dichiarazioni rese dall’imputata) deve dirsi con assoluta
chiarezza che l’assunto accusatorio contenuto nel complesso
delle dichiarazioni dell’Ariosto e relativo al possibile
mercimonio della propria funzione giudiziaria da parte del Priore, è
sicuramente e pienamente falso : non solo è falso perché
nessuna azione giudiziaria è stata iniziata nei confronti del
Priore ( cosa che potrebbe essere, in astratto, dovuta ad una inerzia
dell’organo dell’accusa) , ma è falso perché
non risulta in alcuna maniera che il Priore abbia (in qualsiasi modo)
offerto la propria disponibilità professionale e/o umana nei
confronti del gruppo di potere che faceva capo all’allora
avvocato Cesare Previti ed all’on. Berlusconi, e quindi, a
maggior ragione, che egli sia stato “iscritto” (anche
magari senza una sua conoscenza diretta) al “ libro paga”
degli stessi .
Il Priore ( come si vedrà meglio in
seguito) deve il suo “inserimento” nella vicenda in
questione al viaggio dallo stesso compiuto a New York nell’autunno
del 1988 su invito del NIAF ( e su pagamento di Previti e del Partito
Socialista) [Vedi le dichiarazioni rese dall’imputato di
reato connesso Cesare Previti in questo dibattimento all’udienza
del 27 maggio 2005] per festeggiare l’allora
presidente del Consiglio Bettino Craxi , alla sua conoscenza , in
quell’occasione, dell’Ariosto e del Pacifico; alla sua (
come si vedrà in dettaglio in seguito) “visione”
da parte dell’Ariosto a Montecarlo in uno con il Pacifico;
alle confidenze ricevute dall’Ariosto da Eleuteri Carlo in
merito a possibili regali natalizi; e, infine, alle complessive
deduzioni e “credenze” dell’Ariosto medesima in
merito alla “ corruttibilità” dei magistrati
romani che ella aveva visto frequentare Previti o che credeva
Previti frequentasse.
Come si vede, al di là della
partecipazione al viaggio NIAF del 1988, nessun addebito ( semmai si
possa parlare così di comportamenti comunque leciti , anche se
forse censurabili da un punto di vista deontologico) può
essere contestato al Priore in termini di correttezza o di
professionalità : egli ha sicuramente ceduto ad una ( seppur
comprensibile) vanità personale e professionale nell’accettare
( ed anzi nel sollecitare [Vedi le dichiarazioni rese da
Rosario Priore in questo dibattimento all’udienza citata])
l’invito proveniente dal NIAF a partecipare ad un viaggio la
cui valenza e significato politico e partitico non avrebbero dovuto
sfuggirgli ( un magistrato non va a New York a festeggiare Bettino
Craxi come ”uomo dell’anno”, a spese del partito
socialista, senza dover pensare al possibile uso propagandistico che
di tale viaggio un domani potrà essere fatto) , ma , al di là
di questa caduta di tensione e di attenzione, nessun altro
comportamento men che normale o corretto è stato compiuto dal
medesimo nel trattare con le persone suindicate.
Come si vedrà è assai probabile ( sebbene
non proceduralmente accertato con assoluta certezza) che il Priore
non sia stato a Montecarlo e non abbia giocato al Casinò con
il Pacifico e nemmeno che la di lui compagna ( sebbene non ancora
moglie, ma la circostanza è assolutamente ininfluente ) abbia
ricevuto in regalo da Previti o Berlusconi gioielli o collier
natalizi; e quindi, a maggior ragione, deve con assoluta certezza
escludersi che il Priore abbia potuto in alcun modo offrire i propri
servigi e/o la propria disponibilità al Previti o a
Berlusconi o comunque a persone dagli stessi promananti.
Egli non ha venduto la propria funzione e non ha nemmeno
prospettato che tale comportamento potesse essere in qualche modo
possibile.
*
Detto questo , e quindi prospettata anche la valutazione
della falsità dell’accusa rivolta dall’Ariosto al
Priore , devono adesso esaminarsi, con la dovuta attenzione, le
testimonianze dibattimentali e le acquisizione documentali, al fine
di poter ricostruire , con la massima possibile precisione, la
dinamica degli eventi così come raccontati dall’Ariosto
nel corso delle sue deposizioni; questo al fine sia di concretizzare
in modo preciso la suindicata falsità delle accuse, e però
di soppesarne la verosimiglianza e la credibilità , per poter
poi effettuare la necessaria disamina e conseguente valutazione
dell’elemento soggettivo del reato.
Perché se è vero che l’Ariosto ha (
solo in parte) raccontato fatti non veri , è altrettanto vero
che tali fatti hanno avuto per lei una loro oggettiva credibilità
ed hanno contribuito a creare una falsa rappresentazione della realtà
che sta alla base della successiva estrinsecazione della stessa nei
termini delle citate ( ed incriminate) deposizioni.
Questo perché un fatto può
essere oggettivamente falso, ma può essere creduto
ragionevolmente vero da chi lo racconta , per motivi e circostanze
che al fatto stanno intorno , o che stanno dentro l’animo di
chi il fatto ha vissuto : come si è già detto
“l’erronea convinzione della colpevolezza del
soggetto accusato esclude il dolo , purchè tale convincimento
si basi su elementi seri e concreti e non su semplici supposizioni “
( Cass. citata sentenza n. 13912 del 9 febbraio 2004).
L’analisi del dolo e la sua
conseguente valutazione da parte del giudicante deve quindi essere
assai pregnante e ( nei limiti del possibile) scavare nella
personalità del soggetto , nelle motivazioni del suo operare ,
nelle modalità complessive delle sue azioni e dichiarazioni ,
al fine di comprendere se , nel caso in esame, sia stata passata la
linea di confine che separa un convincimento basato su elementi
seri e concreti da quello dovuto a semplici supposizioni.
Naturalmente questo tipo di analisi e di
valutazione deve essere fatta ex ante , e cioè
nel momento in cui la persona ha effettuato le sue dichiarazioni (
attesa anche l’istantaneità del reato di calunnia) e non
può essere fatta ex post , e cioè dando
per scontata la falsità delle dichiarazioni al momento in cui
sono state fatte e le successive spiegazioni o affermazioni
dell’imputata : come si è detto ( ma appare esercizio
non futile il ripeterlo) un qualcosa che ex post si è scoperto
essere falsa non è detto che sia stata percepita come tale ex
ante, e , inoltre, le spiegazioni e le affermazioni che una persona
fa del proprio operare precedente possono essere indizi importanti
delle motivazioni di tale operare, ma non costituiscono la prova
della verità o veridicità dello stesso.
Quel che si vuol cercare di argomentare è
che il dolo nel reato di calunnia va cercato con ogni strumento
possibile e lecito ma mettendosi sempre con una attitudine mentale
che privilegi una valutazione completa degli elementi che il soggetto
aveva al momento del fatto e non dopo lo svolgimento dello
stesso: per questi motivi è giurisprudenza costante della S.C.
che la ritrattazione successiva , di per sé, non sia elemento
sufficiente per annullare l’antigiuridicità del
comportamento lesivo , essendo, tutt’al più un elemento
ulteriore dello stesso comunque valutabile in termini di gravità
della condotta precedente.
In breve va verificata quale era
l’attitudine mentale dell’Ariosto al momento delle sue
dichiarazioni, per capire se la stessa abbia detto il falso sapendo
di mentire e quindi per una precisa volontà di
“incastrare” il Priore con una falsa accusa , ovvero se
ella abbia detto ( in parte) cose non vere credendole vere e quindi
senza nessuna volontà calunniatrice nei confronti del
medesimo.
Ed infine, va verificata se la falsa
rappresentazione della realtà dell’Ariosto sia
ragionevole, e cioè dovuta non a superficialità
e faciloneria ( che potrebbero essere la spia di un dolo ,seppure
eventuale, nella misura in cui tale atteggiamento psicologico sia
riconoscibile nel reato in questione [Cosa, come si è
detto e si dirà, esclusa dalla giurisprudenza della S.C.]),
ma a elementi che avrebbero tratto in inganno una persona dotata di
una media intelligenza delle situazioni e delle cose.
In estrema sintesi, come dice la S.C. nella
sentenza citata “la sussistenza del dolo, in sintesi, si
immedesima con l’accertamento della cosciente falsità
delle circostanze oggetto della denuncia”.
Va quindi capito e verificato se l’Ariosto era
cosciente , al momento del fatto, delle falsità delle
circostanze che hanno fatto oggetto della sua dichiarazione e,
comunque, se ed in qual modo tali dichiarazioni possano dirsi false.
*
Andiamo con ordine , ripercorrendo tutto il corso delle
dichiarazioni che l’imputata ha reso dinanzi al Pm di Milano
nel corso del 1995 e 1996, :
- l’Ariosto
parla , per la prima volta, del giudice Priore nel corso del suo
interrogatorio del 21 ottobre 1995 : sollecitata dal PM ad
identificare le persone effigiate nelle foto che la stessa Ariosto
ha portato all’attenzione della procura e relative al viaggio
a New York e Washington del 1988, ella dice “ …sul
fondo la persona con gli occhiali di profilo è il giudice
Napolitano, la persona vicino a lui è un altro magistrato di
cui in questo momento non ricordo il nome , però lo avevo già
visto in precedenza nel corso delle cene a casa di Cesare Previti.
L’ufficio dà atto che trattasi del magistrato Rosario
Priore” Quindi, come è evidente dalla lettura del
verbale, la testimone , sul momento, nemmeno ricorda il nome della
persona che vede sulla foto, e la corrispondenza tra quest’ultima
e la persona effigiata viene effettuata dall’ufficio della
procura che “ da’ atto” che si tratta del
giudice Rosario Priore. Nel corso dell’esame dibattimentale
reso dinanzi a questo giudice monocratico in data 29.6.2005,
l’imputata ha dato ( con numerosi anni di ritardo per la
verità, ma la “colpa” di tale ritardo non può
essere a lei addebitata [In quanto la spiegazione di tale
mancanza di memoria non le è stata mai richiesta nel corso
delle sue deposizioni successive]) una spiegazione di
questa sua “carenza di memoria” e la ha riferita ad una
sua esitazione nell’indicare una persona, che peraltro lei
dice di aver riconosciuto, come il magistrato riferito in quanto,
avendo ella già sbagliato una volta in tale tipo di
corrispondenze (nome/foto), voleva evitare di sbagliare ancora .
Quanto sia significativo tale comportamento in termini di esistenza
o meno dell’elemento soggettivo è facile intuirlo fin
da ora. Ci si riserva tuttavia di riprendere la questione più
tardi in sede di disamina complessiva dello stesso.
- L’Ariosto
ripete ( anzi, deve dirsi con maggior precisione: fà per la
prima volta) il nome di Priore nel corso dell’interrogatorio
del 23 ottobre 1995 : ella sta raccontando, con dovizia di
particolari e con una certa precisione, una vicenda di dazione di
danaro intervenuta al circolo canottieri Lazio tra il Previti ed il
magistrato Squillante ; le viene chiesto ( evidentemente) come mai
lei fosse a conoscenza di tali vicende e se fosse “normale”
pagare i magistrati ed ella riferisce che “ …in
quell’ambiente- nel periodo in cui lo frequentavo- e
soprattutto nell’entourage di Previti era scontato che si
dovessero pagare i magistrati per ottenere dei favori, d’altro
canto io ero ritenuta una persona fidata perché ero già
al corrente del fatto, per averlo appreso dallo stesso Previti,
che aveva a libro paga numerosi magistrati romani”
e, continuando “per quanto riguarda i magistrati faccio
presente che era consuetudine elargire regali di valore , anzi
aggiungo in alcuni casi di enorme valore,in concomitanza delle
festività in genere ….a beneficiare dei regali di
Cesare Previti erano i magistrati che io ho già indicato nel
corso delle mie precedenti deposizioni . Per i gioielli Cesare
Previti ha anche utilizzato Carlo ed Egidio Eleuteri , da me
presentati allo stesso. Considerati i miei rapporti di amicizia con
i fratelli Eleuteri,da loro stessi ho appreso che i gioielli sono
stati acquistati da Previti e regalati a mogli di magistrati (
Filippo Verde, Brancaccio, Valente, Filippo Mancuso, Vitalone,
Vinci, Mele Vittorio, Sammarco, Priore)……ogni
gioiello prescelto veniva assegnato alla moglie di un magistrato
informando i gioiellieri. Questi provvedevano a fare i singoli
pacchetti appuntando a matita su ognuno il nome del
destinatario……queste circostanze mi sono state
riferite dai fratelli Eleuteri e ricordo che gli stessi mi hanno
mostrato, all’interno del loro negozio, un vassoio pieno di
pacchetti confezionati in carta argentata, sui quali era appuntato
il nome di magistrati” Come si vede la allora teste
Ariosto descrive, per conoscenza diretta e per conoscenza de
relato, una situazione di corruzione diffusa in cui riferisce
essere ricompresi numerosi magistrati romani frequentanti
l’abitazione di Previti , e che lei stessa ha potuto
verificare de visu nel caso delle dazioni di danaro contante
al giudice Squillante da parte del medesimo Previti. Va detto, per
precisione , che di questa vicenda dei gioielli collegata alle
dichiarazioni degli Eleuteri l’Ariosto non ha parlato nel
corso del monumentale incidente probatorio del 31 maggio e 1 giugno
1996 ( atti acquisiti da questo G.m. su produzione delle parti
civili e della difesa dell’imputata), in quanto nessuna
domanda le è stata rivolta sul punto dalle parti ; e nemmeno
sembra che tale vicenda sia stata oggetto di particolare attenzione
delle parti presenti ai due dibattimenti a cui l’Ariosto ha
presenziato in qualità di teste d’accusa ( unica
eccezione le domande alla stessa rivolte in data 1 dicembre 2001
dagli avvocati Perrone e Borzone nel procedimento n. 1600/00,
domande a cui ella risponde confermando sostanzialmente la
circostanza). Va invece precisato che ambedue i testi Eleuteri (
Carlo ed Egidio), pur riscontrando in modo sicuro quasi tutte le
dichiarazioni dell’Ariosto in termini di conoscenza,
frequentazione, amicizie, acquisti di gioielli ed altro, hanno
escluso di aver riferito all’Ariosto medesima che i gioielli (
acquistati da Previti o Berlusconi in occasione delle festività
natalizie, destinati a persone varie del loro entourage, ed
impacchettati in modo tale che si potesse vedere di che gioiello si
trattasse e se fosse di Berlusconi o di altri) fossero destinati a
mogli di magistrati. Nel corso del suo esame dibattimentale (
udienza 29 giugno 2005) dinanzi a questo g.m. l’Ariosto ha
confermato la circostanza, così come, a suo dire, riferitale
dagli Eleuteri, ma ha escluso di aver visto sul retro dei pacchetti
il nome di Priore e nemmeno che Eleuteri abbia pronunciato o
indicato il nome del giudice in questione. In sostanza l’Ariosto
ha affermato che il nome di Priore , nella parte di vicenda in
questione, è stato da lei fatto per un meccanismo deduttivo:
siccome Eleuteri le aveva parlato di gioielli da consegnare a mogli
di magistrati per conto di Previti, e siccome lei sapeva ( per
averlo saputo dallo stesso Previti) che quest’ultimo era
solito pagare i magistrati a lui legati o comunque disponibili, ha
ritenuto di dover inserire nella lista in questione anche il nome
del Priore.
- Nel
corso dell’esame del 24 ottobre 1995 l’imputata parla ,
per la prima volta, della cosiddetta “vicenda del Casinò
di Montecarlo”, fatto che ripeterà anche in seguito :
parlando dell’avvocato Pacifico, che lei conosce ( per averne
già specificamente parlato) come la longa manus di
Previti nei pagamenti illeciti a magistrati, e di cui sa bene le
frequentazioni al casinò, dice “qualche anno fa, a
Montecarlo ebbi modo di incontrare , del tutto casualmente,
l’avvocato Pacifico,che stava giovando insieme al giudice
Rosario Priore e alla moglie. Ricordo che li incontrai al tavolo del
chemin de fer con una dotazione di fiches del valore di 50 /60
milioni, Non so se questi soldi fossero stati vinti o fossero il
loro pacchetto iniziale , così come non so dire se il denaro
fosse di Pacifico o di Priore . Io ero da sola.Non so dire se i due
abbiano poi vinto o perso perchè mi sono
allontanata.L’incontro, se la memoria non m’inganna,
….lo colloco verso la fine del 91, inizio 92”. La
circostanza viene richiesta alla teste nel corso dell’esame
testimoniale del 27 ottobre 1995: “confermo questa
circostanza, aggiungendo che era il giudice Priore che giocava ed
innanzi a sé aveva un pacchetto di fiches dell’ordine
di 50/60 milioni. L’avvocato Pacifico era anch’egli
seduto al tavolo ed aveva un proprio pacchetto di fiches di notevole
importo; entrambi giocavano…. In quel momento io non stavo
giocando…entrai nella sala, vidi l’avvocato Pacifico e
Priore , li salutai, mi fermai un po’ per vedere l’andamento
del gioco e poi me ne andai” Su questa circostanza, a
differenza di quella precedentemente esaminata, l’Ariosto
viene più volte sentita nel corso dell’incidente
probatorio e degli esami dibattimentali susseguenti : il 31.5.1996 ,
su domande dell’avv. Pecorella ella risponde “l’ho
(il Priore) incontrato al casinò di Montecarlo, era insieme
all’avv. Pacifico. Credo che corresse o una festa di carattere
nazionale a Montecarlo, non ricordo quale però…. Il Dr
Priore giocava a chemin insieme a… aveva accanto l’avvocato…
accanto l’avvocato Pacifico e lui giocava a chemin……potrebbe
essere il 92..potrebbe essere il 91…io ero ospite a casa di
amici e… forse ero sola, forse in compagnia , non lo so,
perché sono andata ad una manifestazione che c’è
stata a Montecarlo e… una manifestazione annuale e poi ci
sono tornata anche da sola…..o la festa della Croce Rossa o
la festa della Rosa, non ricordo esattamente” sempre nel
corso dello stesso atto, in data 1 giugno 1996 ribadisce “no,
ma avvocato, io l’ho visto di sfuggita ….del casinò
di Montecarlo. E’ un’ occasione che ho già detto
ieri, era la festa della Rosa o della Croce Rossa, dopodiché
le fiches composte o scomposte dinanzi al banco dei giocatori ,quindi dire di chi erano… Ho visto delle fiches dinanzi al
suo posto, ecco”. L’Ariosto viene risentita sulla
vicenda nel corso del suo esame testimoniale in data 1 giugno 2001
nel procedimento n. 1600/00 e sostanzialmente conferma la
circostanza in modo piuttosto generico, affermando inoltre di non
ricordare se la persona vista con Pacifico e Priore fosse la moglie
di Pacifico o meno. - La
circostanza in esame appare molto significativa e rilevante , in
quanto, a differenza da quella precedente che è deduttiva e
de relato, è invece un fatto caduto sotto la
percezione sensoriale della teste e come tale riferito: va comunque
evidenziato ( e non è fatto da poco) che nel corso del suo
esame dibattimentale dinanzi a questo g.m. l’Ariosto da un
lato circostanzia meglio la vicenda in questione chiamando a
testimoni del suo incontro a Montecarlo con il Pacifico ed il Priore
Iride Confalonieri e Natale Giglio ( di cui infra) , d’altro
lato afferma che nella visione di Priore ella avrebbe potuto
sbagliarsi, e cioè confondere la persona vista con Pacifico
con il Priore medesimo, mentre avrebbe potuto essere solo una
persona allo stesso somigliante . Per dovere di completezza va a
questo punto ricordato che i testi in questione ( e cioè
Confalonieri e Giglio) confermano in modo assoluto ed integrale le
dichiarazioni dell’Ariosto sul punto ( e cioè
l’incontro avvenuto a Montecarlo con l’indicazione da
parte dell’Ariosto di una persona che ella ha detto essere il
giudice Priore).
- Va
infine rammentato che l’imputata parla ancora del Priore nelle
dichiarazioni testimoniali rese al PM in data 6 novembre 1995 (
affermando che lo stesso faceva parte del “giro” di
magistrati che ruotava intorno a Previti) e del 4 marzo 1996 (“non
sono mai scesa in dettaglio con l’On. Dotti… ma
certamente l’ho informato che Silvio Berlusconi, servendosi di
Cesare Previti, aveva a libro paga anche magistrati di cui ho fatto
i nomi (tutti quelli che ho indicato)”). Questa
circostanza del “libro paga” viene ripresa nel corso
dell’esame dibattimentale dell’Ariosto in data 21 maggio
2001: “ paga vuol dire..anche un libro paga di …come
posso dire?..di interazioni, di scambi, di favori, ecco era un po’
più complesso il discorso…..libro paga vuol dire, le
ho già detto riferendomi alle due consegne, dazioni di
danaro… visto de visu…però l’azione
progettuale è diversa… di associati, di accorpamento..
di forza, no?.. di creare una lobby , una forza…. Era un
luogo comune . Lui (Previti) riusciva a mettere a posto tutte le
questioni pagando, ma era un..è un suo pensiero proprio anche
sociale… la posizione di un duro, di un forte…..Viene
chiesto alla teste se il giudice Priore era uno di quelli a libro
paga, la teste risponde Non lo so Presidente…non ho mai
visto prendere i quattrini, Priore,….ecco l’ho visto in
altre situazioni sociali… ma non l’ho mai visto
prendere i quattrini da Previti, questa è la verità,
però, diciamo, faceva parte di questa associazione di
magistrati, tant’è che è venuto anche a
Washington, ecco…” Come si vede, anche questa
circostanza appare in qualche modo “ dedotta”
dall’Ariosto dal complesso delle sue conoscenze e dai numerosi
de relato sull’argomento.Essa costituisce, in un certo
senso, la summa del pensiero dell’Ariosto sul Priore :
quest’ultima non ha mai visto Priore prendere soldi dal
Previti o da emissari dello stesso, ma ritiene che egli faccia parte
dell’entourage complessivo che faceva capo al Previti
medesimo, attese le sue frequentazioni con quest’ultimo. Si
vedrà meglio in seguito che questo ragionamento non ha il
pregio della verità ma sicuramente, per l’imputata, di
una certa verosimiglianza e quindi di una ragionevole credibilità
soggettiva .
*
L’Ariosto è quindi convinta che Priore
faccia parte del gruppo di pressione , della lobby, dell’entourage
che Previti avrebbe costruito intorno a sé e che conterebbe
numerosi magistrati del Tribunale di Roma .
Questa sua convinzione deriva da una serie di argomenti
fattuali e da una serie di deduzioni:
- Il
primo ( e più forte, per così dire, in senso
oggettivo, essendo pacifico) argomento riguarda la indiscussa
partecipazione del Priore al viaggio organizzato dal NIAF ( ma
pagato da Previti per conto del Partito Socialista e con soldi
provenienti dal suo tesoriere Balzamo, vedi dich, Previti udienza 27
maggio 2005)) nell’autunno 1988 a New York e Washington, per
“festeggiare” l’uomo italiano dell’anno e
cioè l’onorevole Bettino Craxi. In quella occasione
l’Ariosto incontra Priore ( siedono a tavola insieme in uno
dei pranzi organizzati ), Priore conosce Pacifico ( dich. Priore),
l’Ariosto incontra e frequenta tutti i numerosi magistrati
invitati personalmente anche da Previti , tutti perché “
ritenuti vicini al PSI”( dich. Previti ud. 27.5.2005);
l’Ariosto, inoltre, sa, per averlo sentito dalla sorella a cui
il Previti si era rivolto per delle prenotazioni aeree, che il
viaggio e la permanenza dei giudici in America era pagato dal
Previti medesimo (Previti non smentisce la circostanza, dice solo
che i soldi gli erano arrivati dal tesoriere del Partito Socialista
e che lui si occupava del cd. “ circuito giustizia” del
PSI); l’Ariosto sa, inoltre, che Priore è un magistrato
romano, così come tutti gli altri visti in quella occasione
e che lo stesso “conosce” Previti , così come
Previti conosce lui e tutti gli altri del “circuito
giustizia”. Senza nulla voler aggiungere alla circostanza in
esame (peraltro pacificamente ammessa da tutte le parti in causa)
deve rilevarsi che la presenza del Priore al viaggio in questione (
senza per questo voler in qualche modo svalutare la sua figura)
costituisce dal punto di vista dell’Ariosto un elemento
assai importante per quanto riguarda la disamina e la valutazione
dell’elemento soggettivo del reato alla stessa addebitato.
Quando, alcuni anni più tardi l’Ariosto si ritroverà
dinanzi agli occhi la foto che ritrae il giudice Priore insieme a
tutti gli altri componenti del sodalizio criminoso di cui
ella poi ha parlato e di cui sta parlando , ( e nonostante questo
ella non riconoscerà, come si è detto, la foto in
questione) non vi è dubbio che sarà in qualche modo
“suggestionata” dal fatto in esame e ne trarrà le
sue personali conseguenze: che questa “suggestione“
derivi peraltro da un elemento oggettivamente certo ed indiscutibile
ne aumenta le potenzialità in termini di ragionevolezza e
credibilità.
- Altro
fatto “ oggettivo” ( ma non del tutto, come si vedrà)
a cui l’imputata aggancia le sue convinzioni della
“colpevolezza” di Priore è la vicenda del Casinò
di Montecarlo. Qui, una volta per tutte, occorre, a parere di questo
giudice, cercare di fare un po’ di chiarezza :
Le dichiarazioni dell’Ariosto in
merito al suo incontro avvenuto al Casinò di Montecarlo in
data fine 91/inizi 92 con l’avvocato Pacifico e con persona
da lei identificata come il giudice Priore sono complessivamente
credibili , e non solo perché supportate da concordi
dichiarazioni di testi a difesa ( i testi Giglio e Confalonieri, ud.
29 giugno 2005), ma anche per la loro iniziale coerenza e per la
carenza di una qualsiasi ragione che ne motivi la falsità.
Come si è visto l’Ariosto sta fornendo, nel
momento in cui racconta di tale fatto, ai giudici che la stanno
ascoltando come teste, una serie di elementi , di fatti, di
circostanze che la stessa ricorda e racconta per esperienza personale
e che, per la loro importanza e gravità, costituiscono un
banco di prova molto elevato della sua credibilità come
persona e come testimone .
Non si vede per quale motivo ( se non per una
incredibile vena masochista) ella debba raccontare ,falsificandola,
una vicenda che lei ha visto e percepito personalmente nei confronti
di una persona di cui , perlomeno fino a quel momento, nemmeno
ricordava il nome al solo fine di inquinare la complessiva veridicità
delle sue dichiarazioni .
E’ ben vero che la S.C. afferma che non rileva,
nel momento in cui si fa una calunnia, la motivazione profonda
dell’agire ( e cioè il movente ) del soggetto, ma è
altrettanto vero che, nel momento in cui si sta scandagliando
l’elemento soggettivo del reato, nemmeno può essere
totalmente pretermessa la ragione dell’agire di una persona
all’interno di un preciso contesto spaziale e temporale. Nel
caso in esame, il soggetto è un teste che sta raccontando di
cose e persone che non hanno come oggetto principale il Priore
Rosario e che, quindi, non costituiscono l’elemento principale
della volontà ( eventualmente) calunniatrice del soggetto
stesso.
In breve il fatto che l’Ariosto abbia “
tirato dentro” alle sue complessive dichiarazioni il Priore ,
raccontando la vicenda di Montecarlo, è fatto che non ha
giustificazioni e motivazioni alternative alla necessità ed al
dovere di testimoniare da parte della medesima, e che non ha ( o
perlomeno non mostra di avere ) nessun elemento di precostituita
falsità.
Questo non vuol dire che il fatto sia assolutamente e
totalmente vero in tutte le sue componenti ( per es. la data in cui è
avvenuto; ovvero le parole che si sono dette, la presenza di tutte le
persone citate, e così via) , perché, soprattutto
quando si raccontano fatti lontani nel tempo e , sul momento, non
così tanto significativi per chi li compie, è ben
possibile sbagliare una o più circostanze dei medesimi, senza
tuttavia che questi errori ne inficino complessivamente la validità.
Ma anche si voglia affermare ( stavolta si in modo,
assolutamente semplificatorio, tale da evidenziare motivi profondi e
non provati) che l’Ariosto aveva una sua nascosta motivazione
per inventarsi di sana pianta alcune circostanze a carico di Priore (
per es. l’antipatia personale, o la necessità di tirar
dentro ai suoi racconti una personalità conosciuta per dar
loro più forza mediatica) non si comprende per quale motivo
ella abbia voluto (a distanza di 15 anni dai fatti ) far venire a
testimoniare a suo favore ben due testimoni dei fatti medesimi, con
grave rischio non solo di questi ultimi ( ne è prova la
richiesta di trasmissione atti per falsa testimonianza da parte del
PG procedente) ma anche della propria credibilità.
In questo senso occorre essere ben chiari :
i testi in questione ( Giglio e Confalonieri) sono sicuramente testi
per così dire “tardivi” (sebbene la loro
tardività sia ben spiegabile con il fatto che mai, prima di
ora, l’Ariosto era stata imputata di calunnia ai danni di
Priore, e che quindi è ragionevole la loro ricerca e
ritrovamento in questo momento storico e non prima) ma , perlomeno a
parere di chi scrive, non vi è alcuna ragione per farli
ritenere, per il solo fatto della loro tardività ,dei
testi falsi.
Sono testi che raccontano (anche con dovizia di
particolari, alcuni inevitabilmente imprecisi) di un fatto assai
lontano nel tempo , rimasto loro impresso per una serie di motivi
precisi, e ritornato alla mente anche su sollecitazione dell’imputata
(Giglio afferma, senza infingimenti, di essere stato contattato
dall’Ariosto che gli ha riportato l’episodio alla
memoria) ; non solo, ma sono testi che non soltanto confermano
l’Ariosto sul punto dell’incontro al casinò, ma
che si confermano tra di loro sulla reciproca presenza nell’incontro
medesimo; infine confermano ambedue che l’Ariosto avrebbe loro
detto la frase “ anche i giudici vanno al casinò”
indicando una persona che il Giglio non ha nemmeno visto e che gli è
stato detto essere il Priore, e che la Confalonieri ha affermato
esserle sembrato il Priore medesimo; il Giglio, inoltre, dà
tutta una serie di elementi di contorno al fatto ( ragione della sua
presenza al casinò, presenza di altro amico sulla cui barca
egli andava, incontro con attrice famosa, periodo e stagione
dell’incontro) che fanno ritenere la sua testimonianza
sicuramente genuina e priva di quegli elementi di dubbio che la teste
Confalonieri potrebbe portare con sè ( la signora è
stata una specie di dama di compagnia dell’Ariosto, era perciò
molto affezionata alla stessa, ha lavorato per lei, e quindi potrebbe
essere stata indotta alla testimonianza di favore per un evidente
sentimento di riconoscenza); senonchè la presenza della
Confalonieri insieme all’Ariosto al casinò di Montecarlo
in quel preciso momento storico è confermata non solo
dall’Ariosto, ma anche dal Giglio che, come si è detto,
nessun motivo avrebbe per dichiarare una cosa così
grossolanamente falsa.
E nemmeno è del tutto vero quanto, acutamente,
rilevato dal PG nel corso della sua requisitoria finale, che cioè
la presenza dei due testi sarebbe falsa in quanto era stata la stessa
Ariosto a dire , nel corso delle deposizioni incriminate, che al
Casinò di Montecarlo era da sola e quindi non accompagnata da
nessuno: a prescindere dal fatto che la presenza del Giglio, in
quanto persona incontrata solo in quel momento e non poi più
vista, era meramente casuale e dovuta al fatto dell’incontro (
e quindi non può dirsi che l’Ariosto “fosse”
con il Giglio al Casinò in questione) , va comunque notato che
è stata la stessa imputata ( ascoltata come teste nel corso
dell’incidente probatorio il 31.5.1996) ad affermare che non
ricordava bene se ,in quell’occasione citata, fosse da sola o
in compagnia. Insomma l’Ariosto, sollecitata da una parte
processuale per la prima volta sull’argomento in questione, non
afferma con assoluta certezza la sua “ solitudine” al
Casinò , solitudine che, quindi, non può essere ( in
maniera così netta) utilizzata contro di lei e contro i testi
dalla stessa apportati al dibattimento.
Insomma è ragionevolmente credibile
che l’Ariosto sia stata al Casinò di Montecarlo nel
corso dell’anno 1992 ( probabilmente in estate, stagione
richiamata dal Giglio e indirettamente confermata dall’Ariosto
medesima che fa riferimento ad una festa della Rosa o della Croce
Rossa, feste ambedue che cadono , per il principato di Monaco, nel
periodo estivo) e che abbia sicuramente visto una persona insieme
all’avvocato Pacifico che gli è sembrata essere il
Priore e che ella ha indicato come il Priore a persone che erano con
sé o che ha allora incontrato.
Questo giudice ritiene di potere ( in termini di
convinzione personale) escludere la verità della circostanza
in esame, che cioè il giudice Rosario Priore sia stato al
Casinò insieme all’avvocato Pacifico nel periodo
indicato o in qualunque altro momento storico: sia perché egli
è persona nota nell’ambito professionale di cui anche
questo giudice fa parte, sia perché magistrato da sempre
altamente impegnato nella conduzione di processi di rinomanza
nazionale ed internazionale .
Negli anni in questione egli era
(senza alcun dubbio) quasi sempre sotto scorta e quindi
sostanzialmente impossibilitato a condurre una vita di facili
guadagni sperperabili ad un qualunque casinò.
Va tuttavia detto, con altrettanta
chiarezza ed onestà intellettuale che non esiste agli atti
di questo procedimento la prova assoluta ed inconfutabile della sua
mancanza al casinò di Montecarlo nel periodo indicato dalla
imputata ( e poi precisato dal Giglio e cioè l’estate
del 1992, ovvero, a dar esclusivo credito all’Ariosto, il
periodo di vacanze natalizie tra il 1991 ed il 1992): come è
ovvio che sia , la scorta che accompagnava il giudice Priore in quel
periodo della sua attività lavorativa , su richiesta o
indicazione della persona scortata ( vedi dich. Vuono Vincenzo , Capo
servizio scorte , ud. 27.5.2005) non prestava il proprio servizio ,
soprattutto in corrispondenza dei periodi feriali o estivi ( vedi, a
questo proposito le relazioni di servizio delle scorte prodotte dalla
parte civile Priore , che, nel periodo delle ferie natalizie tra il
dicembre 2001 e gennaio 2002, hanno numerosi “ buchi” e
cioè momenti e giornate in cui il Priore non era sotto la
protezione della scorta suddetta) [Periodo 30 dicembre 1991/4
gennaio 1992; periodo 5 e 6 gennaio 1992 in cui viene testualmente
affermato che “la personalità non desidera scorta”].
Questo, naturalmente, non vuol dire in
nessun modo che la persona vista dall’Ariosto a Montecarlo sia
stata Priore: vuole soltanto dire che non vi è la prova
assoluta che non fosse Priore.
In questo senso deve dirsi che a nulla rileva il fatto
che il teste Fabbri ( Capo funzionario del Casinò di
Montecarlo e della società che si occupa della gestione dei
casinò del Principato di Monaco) abbia affermato che nei
registri dei casinò monegaschi non sia presente il nome di
Priore per tutto il periodo 1990/1993 : è stato lo stesso
Fabbri a precisare ( su domanda di questo giudice) che è
possibile entrare al casinò senza dover presentare alcun
documento di riconoscimento se solo ci si accompagna a giocatori
cosiddetti “abituali” ( per es. l’avvocato
Pacifico, giocatore abituale per sua tranquilla ammissione) e cioè
ben conosciuti alla porta dai ccdd. “ fisionomisti” e
cioè dal personale presente agli ingressi dei locali.
Peraltro la circostanza della non necessità
della registrazione dei propri dati per poter accedere al casinò
è circostanza confermata dal Giglio, e, indirettamente ed
ulteriormente, anche dallo stesso Fabbri che ( nella missiva inviata
a questo giudice il 17 giugno 2005ed acquisita agli atti del
dibattimento) afferma che la signora Ariosto non era conosciuta o
registrata al casinò di Montecarlo ; circostanza che, (e cioè
la presenza dell’Ariosto al Casinò) invece, deve darsi
per assolutamente certa, in quanto confermata (oltre che dalla stessa
Ariosto) da numerosi testi, e non ultimo, dallo stesso Attilio
Pacifico nel corso del suo esame dibattimentale dinanzi a questo
giudice monocratico come imputato di reato connesso. [La
credibilità del Pacifico ( e del Previti), nella vicenda
processuale in questione non può considerarsi assoluta, sia
per l’evidente interesse processuale dagli stessi posseduto
anche per fattispecie processuali collegate alla presente, sia,
soprattutto, per il fatto che gli stessi sono stati ascoltati come
imputati di reato connesso ai sensi dell’art. 210 CPP; le loro
dichiarazioni possono quindi essere ritenute credibili e
processualmente significative solo se ( come nel caso in questione)
sono confermate anche da ulteriori elementi processuali.]
Si ripete che tutto questo non vuol
dire che l’Ariosto abbia detto il vero quando ha riferito di
aver incontrato Priore a Montecarlo, ma semplicemente che non vi è
agli atti di questo procedimento la prova assoluta della mancanza di
Priore a Montecarlo nel periodo indicato.
Ancora, questo non vuol dire che l’Ariosto abbia
detto il falso nelle dichiarazioni surriportate e relative al fatto
in questione , ma solo che la stessa ha affermato una circostanza
vera quando ha riferito di aver incontrato a Montecarlo nel periodo
in questione una persona che si accompagnava all’avvocato
Pacifico e che gli era sembrata essere il giudice Priore .
- Altro
ed ultimo argomento di tipo “ fattuale “ da cui
l’Ariosto ha dedotto la colpevolezza del Priore è
quello dei gioielli di Eleuteri; ora si è già riferito
della sostanziale coincidenza fra le dichiarazioni dell’imputata
( allora teste) in merito alla vicenda in questione e quelle
dell’Eleuteri Carlo : le due dichiarazioni appaiono
assolutamente sovrapponibili ( conoscenza delle persone, attività
esercitate, affari in comune, luoghi frequentati, acquisti da parte
di Berlusconi e Previti, regali natalizi di gioielli, confezioni dei
gioielli, ed altro ancora) se non per il fatto che l’Ariosto
dice che Eleuteri gli avrebbe detto che i gioielli erano destinati a
mogli dei magistrati, mentre Eleuteri lo nega . La circostanza
rimane contraddittoria ma non può però essere indicata
come integralmente falsa : non può escludersi che l’Eleuteri
ricordi male ( o che ricordi male l’Ariosto) o che l’Eleuteri,
per ben comprensibili motivi, non voglia ammettere un qualcosa che
potrebbe essere anche per lui non piacevole da ammettere. In ogni
caso , a parere di questo giudice, la dichiarazione dell’Ariosto
non può essere considerata sic et simpliciter falsa,
ma semmai solo imprecisa o comunque non confermata in modo integrale
.
*
Fin
qui gli argomenti fattuali “ a favore” della convinzione
dell’Ariosto in merito alla presunta “ colpevolezza”
del Priore.
Va
ora dato conto delle sue deduzioni di tipo logico per comprendere se
si è in presenza di “ supposizioni” senza alcun
riscontro nella realtà ovvero di ragionevoli valutazioni
conseguenti a fatti rilevanti.
L’Ariosto,
come si è già detto, “deduce” l’inserimento
o comunque l’appartenenza del Priore all’ ”entourage”
di magistrati collegati all’avvocato Cesare Previti e , tramite
lo stesso, a Silvio Berlusconi, dagli elementi di fatto fin qui
esaminati ( il viaggio NIAF negli USA, la conoscenza tra Priore,
Previti e Pacifico, la sua visualizzazione di persona che ella crede
essere Priore a Montecarlo con Pacifico, le dichiarazioni dei
fratelli Eleuteri in merito ai regali natalizi dello stesso Previti e
di Berlusconi, le affermazioni di Previti in ordine alla consuetudine
di pagare i magistrati, la sua visualizzazione di passaggi di danaro
tra Previti ed il giudice Squillante) elementi che, mescolati insieme
nella sua memoria , producono le dichiarazioni del 1995 e del 1996 al
PM di Milano che la sta interrogando come testimone ( e quindi con
l’obbligo espresso di dire la verità) in ordine alla sua
conoscenza di gravi fatti di corruzione avvenuti negli anni
precedenti , fatti a cui la stessa ha partecipato, naturalmente in
veste non di attrice principale, e che quindi ha l’obbligo di
riferire.
Questa
non è la sede appropriata per valutare e soppesare la “
credibilità” complessiva della allora teste Ariosto
Stefania e la validità o la portata delle sue dichiarazioni
rese nel procedimento penale da cui poi sono scaturite le successive
istruttorie dibattimentali e le conseguenti decisioni dell’A.G.
di Milano che molto eco hanno avuto ( per l’oggettiva rilevanza
delle questioni in gioco) sulla stampa nazionale ed internazionale :
sarebbe ultroneo e forse anche gratuito qualsiasi giudizio di questo
giudice su tali fatti e sulle conseguenze dei medesimi.
Va
soltanto notato, per esclusivo amore di precisione e di chiarezza,
che le dichiarazioni dell’Ariosto, nel momento in cui sono
state fatte, per la loro intrinseca rilevanza e valore, hanno
costituito un elemento importante a livello istruttorio di tali
vicende processuali ed hanno successivamente ricevuto una complessiva
conferma a livello dibattimentale ( anche se tale livello non ha
raggiunto lo stato di definitività delle sentenze correlate ,
può e deve comunque dirsi che l’Ariosto è stata
“complessivamente creduta” dai giudici che la hanno
ascoltata).
L’Ariosto,
per quel che qui riguarda, ha parlato con cognizione di causa ( e
qualche volta con un certo eccesso di verbosità e di
animosità) di fatti che la stessa mostrava di conoscere , per
esserne stata , in parte, spettatrice e comparsa : le sue
dichiarazioni nei confronti di Priore non sono state rese in una
specie di vuoto pneumatico in cui la stessa ,avendo dei conti in
sospeso con la magistratura romana e con il giudice Priore in
particolare [Si rammenti ( ed è ora il caso di farlo)
che la allora teste Ariosto, nel momento in cui vede per la prima
volta il giudice Priore in foto, non lo riconosce e non ne dà,
conseguentemente, il nome: se tale nome non fosse stato fato
dall’ufficio procedente appare lecito ritenere probabile che
del giudice Priore, nella vicenda processuale de qua, non si sarebbe
più parlato in alcun modo], esprimeva delle
accuse precise e circostanziate nei confronti dello stesso; sono
state , invece, rese in un coacervo complessivo di racconti e fatti
che riguardavano in prima e seconda battuta, persone che con Priore
avevano in comune forse solo il concorso in magistratura e poco
altro; quando l’Ariosto parla del Priore lo fa in modo
assolutamente marginale e tralaticio : ella sta parlando di fatti di
corruzione che riguardano giudici romani, avvocati che lei ben
conosce, personalità politiche a cui lei è legata o
che frequenta giornalmente , passaggi di danaro poco comprensibili o
comunque oscuri , gestioni di lobbies o di “circuiti
giustizia”, insomma un universo complesso di fatti e persone
legate da particolari connivenze e ancor più particolari
interessi.
Quando
ella parla del Priore ( e lo fa, come si è detto, in modo
comunque marginale) è sicuramente e pesantemente condizionata
da tutto il complesso dei fatti e delle percezioni che ella ha
sicuramente vissuto e che costituiscono l’”humus”
di memoria da cui ella trae i propri convincimenti e le proprie
valutazioni : ella inserisce ( e come si è detto, sbaglia) il
Priore in questo “ circuito giustizia “ che faceva
riferimento all’avvocato Previti o che comunque Previti ha, in
qualche modo, gestito , perché crede che la persona che ha
visto a New York insieme a Previti e che ha creduto di rivedere a
Montecarlo insieme a Pacifico , faccia parte di questo circuito e di
questo universo , con tutte le conseguenze in termini di “ricaduta
corruttiva” o comunque di corruttibilità personale e
professionale.
Ella
ben sa che Priore non ha preso soldi da Previti o da chi per esso
(vedi le citate dichiarazioni dibattimentali del proc. N. 1600 /00)
ma ritiene che la persona in questione faccia parte di questo gruppo
di “ amici allegri” [Come lei stessa li definisce
nel corso del dibattimento del proc.n. 1600/00] legati
da connessioni di interesse e di potere che ha visto insieme ai
pranzi offerti da Previti a New York e che ha creduto di rivedere
altre volte .
Come
si è più volte ripetuto , l’Ariosto sbaglia, ma
sbaglia in buona fede sulla base di elementi oggettivi e soggettivi
che si intersecano tra di loro nella sua memoria e che , in un
certo senso, la “ inducono” a sbagliare .
A
parere di questo giudice non vi è alcuna possibilità di
dubbio sulla carenza dell’elemento soggettivo in capo
all’imputata: ella non appare responsabile nemmeno in termini
di dolo cosiddetto eventuale (sempre che tale categoria concettuale
sia riferibile al reato in questione, che , invece, come si è
già detto, a parere di questo giudice e di gran parte della
S.C., esclude la configurabilità di tale fattispecie [
Non esiste, nel nostro codice penale la “ calunnia colposa”e
pertanto l’imputata non può nemmeno essere considerata
responsabile di comportamenti e modalità di agire che
potrebbero ( in ipotesi) ascriversi in tale profilo della condotta (
e cioè avventatezza, superficialità, scarsa
attenzione)]) attesa la inesistenza di una “
cosciente “ falsità delle circostanze dedotte a carico
della persona ingiustamente accusata e ,comunque, la presenza di
modalità complessive di comportamento che appaiono “ ex
ante” giustificabili e giustificate da quanto dalla stessa
percepito e compreso nella vicenda in questione.
Per
questi motivi Stefania Ariosto va assolta dal reato contestato con la
formula collegata alla carenza dell’elemento soggettivo, e cioè
che il fatto non costituisce reato.
Il
PG d’udienza ha richiesto la trasmissione degli atti
all’ufficio della Procura di Milano per procedere nei confronti
di Natale Giglio e Confalonieri Iride in ordine al reato di falsa
testimonianza commesso nell’udienza del 29 giugno u.s: per i
motivi che sono stati qui svolti, questo giudice ha ritenuto che i
testi in questione siano da considerarsi credibili e quindi non ha
acceduto alle richieste del PG; l’evidente alternatività
delle due soluzioni rende, a parere di chi scrive, inevitabile questo
tipo di opzione procedimentale .
Vanno
invece trasmesse al Pm di Milano, per quanto di competenza, e sempre
su richiesta del PG d’udienza, le dichiarazioni spontanee rese
da Stefania Ariosto nel corso dell’ultima udienza
dibattimentale : il PG non ha precisato la natura dell’eventuale
reato commesso in udienza dall’imputata e questo rende, sempre
a parere dello scrivente, obbligatoria e non disputabile la richiesta
trasmissione .
PQM
Visto l’art. 530 CPP
Assolve
Ariosto
Stefania dal reato ascrittole perché il fatto non costituisce
reato.
Dispone
La trasmissione al PM sede delle dichiarazioni
spontanee rese da Ariosto Stefania nell’odierna udienza , per
quanto eventualmente di competenza.
Indica
In giorni 60 il termine di deposito per la
motivazione della presente sentenza.
Milano
3. Novembre. 2005