Intervento di Francesco Menditto

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Sono stati anni difficili, segnati dall’ondata reazionaria del governo di centro destra che ha perseguito caparbiamente una politica di negazione dei diritti: editti bulgari; attacchi ai sindacati e ai diritti dei lavoratori; leggi vergogna per realizzare l’impunità di politici e per normalizzare la magistratura; leggi solo punitive in materia di immigrazione e stupefacenti.

Un’ azione demolitrice contrastata da MD in ogni sede.

 

Contrastata al CSM, con i 5 laici del centro destra che da un lato tentavano di bloccare i lavori del Consiglio e di delegittimarlo, dall’altro si alleavano con MI e Unicost -la c.d. “regola del 13”- per nominare dirigenti.

Voglio ricordare, in particolare, la vergognoso azione diretta ad impedire a Giancarlo Caselli di concorrere per il posto di PNA che abbiamo pubblicamente svelato con una ferma e legittima azione di resistenza.

In una situazione senza precedenti siamo anche riusciti ad affermare principi da tempo perseguiti da Md, come nel caso del divieto degli incarichi sportivi che, con il nostro rigore, abbiamo imposto agli altri gruppi.

 

All’ANM ci siamo assunti grandi responsabilità, prima con la Presidenza, poi con la segreteria generale, sollecitando posizioni rigorose contro le riforme proposte dal governo di centro destra. Anche col nuovo governo i nostri rappresentanti hanno proseguito il loro impegno costante, gestendo situazioni difficili e contrastando il tentativo di rivedere surrettiziamente il sistema di retribuzione dei magistrati.

 

Ci siamo impegnati per la salvaguardia dei diritti in ogni sede, da ultimo sostenendo il referendum per impedire che passasse lo sciagurato progetto del centro destra diretto a demolire la Carta Costituzionale.

 

Nonostante il nostro impegno alle elezioni dello scorso luglio abbiamo subito una pesante sconfitta: un consigliere non eletto, con una perdita di consensi pari a circa il 20% del nostro elettorato.

Se un collega su cinque non si è più riconosciuto nel nostro progetto è indispensabile una analisi seria, evitando di rinchiuderci in noi stessi pensando che il risultato elettorale sia il prezzo da pagare per ritrovare l’identità di MD perché è “meglio essere pochi ma buoni”.

Il segnale, forte e chiaro, che i colleghi ci hanno lanciato costituisce una formidabile occasione per procedere a una analisi della crisi del consenso, della rappresentatività e della capacità di aggregazione di MD.

Una crisi che rischia di incidere profondamente sulla possibilità di continuare a perseguire efficacemente il progetto intrapreso da MD in anni lontani che ha consentito di realizzare, faticosamente e solo in parte, il modello di magistrato delineato dalla Costituzione. Un progetto che non può subire battute d’arresto perché alcune nostre proposte devono ancora trovare piena attuazione (penso alla tutela dei diritti dei più deboli), altre sono affermate ma non pienamente attuate (penso al rispetto delle regole negli uffici giudiziari), altre ancora rischiano di essere poste nel nulla (penso ai possibili effetti del decreto sulle Procure).

 

Dopo l’analisi bisogna, però, intervenire con coraggio: si potrà parlare di modifica, rinnovamento o di aggiornamento; le parole non contano ma, come sempre, conta la sostanza.

 

Molte sono le cause della sconfitta e del momento di difficoltà che viviamo, come dimostrano le analisi che sono state fino ad ora condotte; ma la principale ragione della sconfitta di MD, emersa già da numerosi interventi “a caldo” sulla mailing list, è esposta con chiarezza in molti documenti precongressuali dalle sezioni, i luoghi in cui i colleghi hanno il polso della realtà locale e di ciò che accade negli uffici.

Vi è la diffusa percezione di una MD rinchiusa in sé stessa, lontana dai magistrati, poco concreta verso i problemi con i quali ci si confronta negli uffici e nell’esercizio della giurisdizione.

Una percezione cui ha contribuito la proposta elettorale del 4+1 che non siamo stati capaci di spiegare per ciò che rappresentava: una carica innovativa nel percorso intrapreso da MD sulla questione di genere. Una proposta che, proprio perché non opportunamente spiegata e in assenza di un approfondito lavoro culturale, è stata vissuta da molti colleghi come una scelta calata dall’alto, ideologica e distante dai problemi in cui ci si dibatte negli uffici.

Questa percezione ha trovato conferma nel sostanziale abbandono del progetto dell’alleanza con il Movimento e art. 3. Pur se le responsabilità non si possono addebitare solo a MD è innegabile che essendo il gruppo maggioritario avremmo dovuto svolgere un ruolo più incisivo e coraggioso, così come avvenne nel 2002 quando di fronte alle difficoltà il segretario e il presidente decisero di azzerare le scelte compiute da MD nel tentativo, poi riuscito, di trovare un accordo con gli altri gruppi.

 

Ma le ragioni per cui molti colleghi ci hanno lasciati può essere compresa a pieno solo se si ha consapevolezza dei mutamenti che ha subito negli ultimi anni la magistratura, ben percepiti da chi lavora negli uffici di primo grado.

1000 nuovi magistrati negli ultimi 3 anni, 2500 –quasi 1/3 del totale, negli ultimi 8; condizioni personali e lavorative più difficili rispetto al passato.

Colleghi con 10 anni di anzianità che ancora sono lontani dalle sedi di provenienza; colleghi che vivono in piccole sedi, spesso al Sud, da 4-5 anni che non hanno concrete prospettive di avvicinamento; situazioni lavorative difficili con carichi di lavoro insopportabili, di gran lunga superiori a quelle degli anni passati; gravi carenze organizzative con dirigenti che governano con paternalismo o in modo autoritario, e comunque fuori dalle regole; un clima di sfiducia del cittadino e dell’avvocatura che incide sulla motivazione al lavoro.

Un contesto negativo che porta a vivere una situazione di solitudine soprattutto per chi si trova nei primi anni della professione. Solitudine e disorganizzazione che diventano più pesanti negli uffici di piccole e medie dimensioni, dove regnano la logica dell’amicizia, dell’appartenenza, della cooptazione.

Posso solo accennare che al cambiamento della magistratura non sono estranei quelli della società in cui oggi si discute anche il significato e il ruolo della sinistra, come dimostra il dibattito che si è sviluppato questa estate. Intellettuali e politici si sono interrogati sulle nuove risposte che la sinistra deve fornire alle sfide della società che ormai ne mettono in discussione le fondamenta.

In questo contesto i discorsi identitari o i temi generali che spesso elaboriamo e sviluppiamo possono apparire lontani e dare la percezione di una MD autoreferenziale.

Tutto questo porta all’allontanamento di colleghi che potrebbero riconoscersi nel patrimonio di valori che rappresentiamo, anzi che in passato si sono sentiti rappresentati da MD.

 

Sia chiaro, va rivendicato il patrimonio culturale, il DNA, di MD che consiste nell’essere un soggetto orientato verso i grandi temi della centralità e della tutela dei diritti, in particolare dei più deboli.

Non è in discussione l’apertura del gruppo verso l’esterno, l’elaborazione di ampio respiro di cui dobbiamo continuare a essere protagonisti e per la quale abbiamo energie e risorse. Anzi, anche in questo settore l’impegno deve essere incrementato per la sempre maggiore complessità di una società in cui aumentano i momenti di disuguaglianza, in cui i poteri forti diventano sempre più forti ed in cui i nuovi diritti non vengono riconosciuti.

Queste idee, le idee di cui si fa portatrice MD, le rivendichiamo, ma non bastano.

 

Occorre amplificare la capacità di ascolto dei colleghi, essere presenti ed essere percepita al loro fianco nei momenti di difficoltà che incidono direttamente o indirettamente sulla capacità di agire come magistrati: condizioni di lavoro, organizzazione delle udienze, delle sezioni, carichi di lavoro, riparto delle risorse.

Occorre essere presenti per rendere concreti i valori di trasparenza e di rispetto delle regole, pronti a condurre tutte le battaglie necessarie per evitare vischiosità, inefficienza, neghittosità di singoli, burocratizzazione degli uffici, complici o protagonisti spesso dirigenti inetti.

Penso, oggi, al lavoro necessario nelle Procure, dove l’attuale assetto normativo sta alimentando comportamenti di Procuratori sempre più disponibili a dare una attuazione piena della nuova normativa

Naturalmente l’approccio all’organizzazione non può e non deve avere valore efficientistico o corporativo. Efficacia dell’azione giudiziaria significa perseguire anche la qualità della risposta che consente in concreto la realizzazione dei diritti.

Così come ripartire opportunamente le risorse, per esempio assegnando un congruo numero di magistrati alla trattazione di reati in materia di infortuni sul lavoro o ai danni dei più deboli, ovvero alle sezioni che si occupano della tutela dei consumatori, aumenta le possibilità di realizzazione di questi diritti.

Coprire “il fronte interno” non significa volare basso, o difendere la categoria, ma fa parte a pieno titolo del DNA di MD perché costituisce il modo per realizzare concretamente la tutela dei diritti. Solo una buona organizzazione e una opportuna motivazione dei magistrati consentono di tutelare i diritti nell’esercizio concreto della giurisdizione.

Anche nell’esercizio della giurisdizione, dobbiamo essere ancor di più punto di riferimento nell’ elaborazione e nei provvedimenti che adottiamo, sempre attenti ai valori costituzionali.

Questo progetto si persegue se ci si crede, se si investono energie e se lo si realizza in concreto: proclamare principi nelle assemblee e nei documenti e poi apparire, opachi, snob, proiettati solo su temi di grande respiro, o addirittura ossequiosi a dirigenti inetti, semmai per ritagliarsi spazi di potere, significa non rappresentare MD.

Se vorremo fare tutto questo in misura convinta e più ampia rispetto al passato, se saremo in grado di realizzarlo concretamente e se avremo una dirigenza che, in modo innovativo, sarà capace di rappresentare all’esterno questo cambiamento, MD potrà perseguire efficacemente il proprio progetto recuperando i colleghi che ci hanno lasciato.

 

L’azione di MD non deve consentire letture, se pur malevoli, di collateralismo con l’attuale Governo.

Nessuno può pensare anche per un solo istante di accostare l’attuale esecutivo con il precedente.

Ma non possiamo ignorare la delusione per la mancata sospensione dell’intero ordinamento giudiziario, per la riduzione già realizzata del ruolo del CSM sull’incompatibilità ambientale, per l’organizzazione delle Procure oggetto di un compromesso parlamentare che evidenzia una oggettiva sintonia di maggioranza e opposizione sul tema della gerarchizzazione di questi uffici.

Delusione per un governo che interviene a sorpresa sulle retribuzioni, in cui il ministro dell’economia individua nella magistratura inefficiente il responsabile principale dello sfascio del sistema giustizia, che non abroga le leggi vergogna, che non si pronuncia su estradizioni già bloccate dal precedente Governo.

Sconcerto per un Ministro che invia gli ispettori, al pari del precedente, per sindacare il merito dei provvedimenti o per “indagare” sull’azione di una Procura, semmai su sollecitazione di interrogazioni pilotate, come accaduto di recente a Catanzaro.

Ombre, tante, ma anche luci, come il disegno di legge di modifica dell’og. in cui si abbandona il sistema di progressione in carriere burocratico e carrieristico e che presenta molti aspetti positivi, pur tra alcune perplessità sull’accesso, sulla scuola e che affronta timidamente il problema delle Procure. Un disegno di legge che potrebbe essere stravolto in parlamento dai compromessi tra maggioranza e opposizione e che, ormai, rischia seriamente di non potere essere approvato entro il 31 luglio.

Su questo la vigilanza e la reazione di MD dovranno essere particolarmente rigorosi.

 

In conclusione dobbiamo valutare in concreto l’azione del Governo, senza concedere sconti, incalzandolo e chiedendo con rigore che attui le condizioni minime per il funzionamento della giustizia.

 

In ANM continuerà il ruolo difficile di salvaguardare, finchè possibile, l’unità associativa ben sapendo che a MD spetta il compito di contrastare l’azione della parte più conservatrice e corporativa della magistratura che tenterà di bloccare anche le innovazioni positive proposte dal governo in tema di professionalità.

 

Al CSM i nostri rappresentanti dovranno proseguire nella linea di rigore diretta a svelare le azioni con cui si mortifica il ruolo dell’organo di autogoverno in un’ottica di ripartizione degli incarichi. Bisognerà intervenire anche in tutti quei settori diretti a rilanciare l’immagine dell’organo di autogoverno.

 

Il rapporto col Movimento e con art. 3 deve essere costruito al di fuori dei momenti elettorali, dal basso, e in modo estremamente pragmatico.

Vi sono luoghi in cui vi è grande sintonia con i gruppi dell’alleanza e altri in cui ciò non accade. D’altra parte alcuni colleghi del Movimento nell’attività giurisdizionale e nei comportamenti negli uffici assumono posizioni che corrispondono pienamente alle nostre, e non è un caso che esistano anche le doppie tessere; in altri casi le distanze sono evidenti.

Occorre, allora, incrementare i luoghi di confronto e di dibattito per verificare in concreto ciò che ci unisce. Questa è la strada intrapresa col gruppo del civile, con la lista sull’ordinamento giudiziario. Si deve proseguire individuando momenti di confronto in cui dibattere altri temi.

Partendo “dal basso”, con convinzione e pragmatismo e senza la discontinuità che ha caratterizzato questi anni capiremo quale può essere il punto di arrivo di questo percorso.

 

Bisogna aumentare i momenti di confronto e di dibattito e chi avrà la responsabilità di dirigere la corrente dovrà dare chiara la sensazione di una reale democrazia interna evitando ogni percezione di scelte decise altrove. Le scelte in MD devono avvenire nei luoghi propri: congresso, CN, esecutivo.

 

Il nuovo esecutivo dovrà lavorare per l’immane compito che l’attende. I fronti da coprire sono tanti e occorrono persone motivate e agilità nelle decisioni e nella loro attuazione. I tempi della politica associativa sono frenetici, è necessaria una presenza in tutti i settori, evitando di lasciare soli i nostri rappresentanti negli organi istituzionali e associativi. L’esecutivo dovrà anche dare nuovo slancio ai gruppi di lavoro che costituiscono strumento essenziale di elaborazione.

 

TUTTI INSIEME abbiamo le idee, le risorse, la forza e il coraggio per “rinnovarci”e per affrontare le sfide future, per dare slancio e vitalità all’azione di MD.

Una MD che, proseguendo i momenti di elaborazione sui grandi temi, punti anche sulla concretezza dell’azione all’interno degli uffici e rilanci l’impegno per una giurisprudenza attenta al riconoscimento dei diritti.

Occorre rinnovare, aggiornare e soprattutto motivare; fare rinascere la passione, la spinta, la voglia di lavorare di TUTTI, nella consapevolezza che se MD riduce la sua capacità di elaborazione, di proposte, di intervento si realizzerà una perdita per tutta la magistratura e il modello di magistrato che vogliamo diventerà sempre più lontano.

Noi, invece, TUTTI NOI INSIEME vogliamo che l’eresia di Md, o meglio il sogno di MD prosegua perché è bello sognare ma, soprattutto, è bello realizzare i propri sogni.

 

Francesco Menditto

 

 

15 02 2007
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