Editoriale
Sono ancora i giudici, dopo aver smembrato l'impero informatico di Bill Gates, a incoronare il nuovo presidente degli Stati Uniti. L'anomalia della situazione è evidente ma non isolata, anche per il crescente deperimento dell'investitura democratica fondata sul voto (sino a ieri strumento principe di democrazia). La casistica è amplissima: si va dalla delegittimazione preventiva dei candidati avversari alla richiesta di osservatori internazionali a garanzia di correttezza delle operazioni di voto, dalla contestazione dell'esito elettorale per avvenute manipolazioni alla proclamazione degli eletti in base alle pressioni internazionali più che al conto delle schede, etc. Che questa sofferenza del sistema, anche nei suoi punti chiave, chiami in causa i giudici è inevitabile. Il dispiegarsi della politica esclude (o minimizza) le interferenze giudiziarie, che diventano, invece, regola con il crescere dei suoi malfunzionamenti e delle sue patologie. » quanto avvenuto, pur con modalità peculiari, anche nella situazione italiana dell'ultimo decennio. L'indicazione proveniente da esperienze e sistemi cosi diversi è convergente e dimostra in maniera definitiva - se ancora ve ne fosse bisogno - l'inadeguatezza di un approccio alla realtà politico-istituzionale fondato su categorie interpretative come la supplenza o la sovraesposizione della magistratura. Non v'è, in questa constatazione, alcun trionfalismo; prevale, anzi, l'amarezza. Ma questa - non altra - è la realtà. Naturalmente, la realtà non basta descriverla e un nuovo capitolo di riflessione si apre sul rapporto tra i poteri dello Stato e sulle condizioni di legittimazione dei giudici (di cui v'è traccia nelle discussioni di questi giorni sui criteri e sulle modalità di nomina, nonché sull'appartenenza politica, dei giudici della Corte suprema e delle corti federali americane). Per essere produttivo il dibattito - nel quale questa Rivista è, tra i pochi, impegnata da anni (a partire da S. Senese, Democrazia, sovranità popolare e giurisdizione e E. Paciotti, Osservazioni sul rapporto giudice/legge nel fasc. 2 del 1987) - ha alcune precondizioni. Tra esse un clima di correttezza istituzionale e la ricerca di soluzioni valide in qualunque contesto politico e non destinate a risolvere problemi contingenti di singoli o di gruppi. Non siamo estimatori acritici del sistema americano (le cui attuali vicende, del resto, non sono certo edificanti), ma da esso una lezione dobbiamo trarre. L'entità degli interessi - politici, economici, personali - connessi con le decisioni volta a volta richieste ai giudici sul conteggio delle schede in Florida (e, dunque, sulla designazione del presidente) non richiede illustrazioni. Eppure nessun commento, almeno tra quelli pubblicati sui quotidiani on line, ha messo in dubbio la correttezza personale del giudice; le critiche sono state - come è giusto - molteplici e aspre, ma sempre rispettose per l'attività giurisdizionale compiuta a Washington o in Florida: nessuno degli interessati, in particolare, ha invocato bucati o ha parlato di roba da comunisti. Non è questione di bon ton, ma di sostanza
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Si proiettano sul Paese le ombre sinistre della censura: dopo le diffuse opposizioni al gay pride è la volta della caccia al pedofilo potenziale e della proposta di controllo politico sui libri di storia (anticamera dell'index librorum proibitorum). I fenomeni sono eterogenei solo all'apparenza. C'è, in essi, un denominatore comune che corre sul filo dell'intolleranza e dell'autoritarismo. » una costante nella storia, pur nel diverso atteggiarsi e combinarsi delle situazioni. Un"unica matrice sta alla base della caccia alle streghe e agli untori e delle pratiche della Santa Inquisizione: di quella italiana, attenta soprattutto alla difesa dei buoni costumi, e di quella più soft dei gesuiti spagnoli (uomini di mondo raffinati, consapevoli della necessità di lasciare al popolo qualche sfogo e per questo alieni dal censurare le opere oscene, ma al tempo stesso occhiuti compilatori di indici di libri proibiti). Talora poi - è il caso dei giorni nostri - i fili si intrecciano: il governatore del Lazio, autore dell'exploit contro gli storici faziosi e marxisti, è quello stesso che invocava maniere forti contro lesbiche e omosessuali. Anche in questo caso spunti di riflessione interessanti vengono dall'esperienza americana. » di pochi mesi fa, negli Stati Uniti, la settimana di protesta contro la messa al bando dei libri nelle biblioteche scolastiche, diretta contro la prassi (attivata delle lagnanze anche di un solo genitore) di escludere dalle biblioteche i libri sconvenienti: si è iniziato con testi spregiudicati in materia di sesso e si continua con opere di denuncia del razzismo o di politiche emarginanti Non sarebbe bene moltiplicare l'attenzione e la denuncia?
novembre 2000
(l.p.)