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L'inizio dell'anno 2009 ha riportato ancor più al centro dell'attenzione gli sbarchi di immigrati e richiedenti asilo nell'isola di Lampedusa, esibendo un livello di drammaticità mai raggiunto in precedenza. La spirale degli arrivi, in costante aumento, costituisce l'ennesima riprova del fallimento di ogni approccio legato all'insopportabile stereotipo della "tolleranza zero", e la sua gestione diviene un drammatico simbolo delle ipocrisie legate al tema dell'asilo, in un paradossale contrasto tra normative basate su alte Conven-zioni relative ai diritti fondamentali e procedure applicative vanificate nella loro funzione di garanzia.
Il diritto di asilo, emanazione tra le più significative della cultura dei diritti umani, sembra essere diventato una sorta di ingombro fastidioso, che può essere rimosso a fronte della crescita del numero dei richiedenti. Eppure i volti delle persone che portano con sé e sul proprio corpo i segni drammatici delle sofferenze subite, non possono che restare come testimonianza laceran-te di quanto si sarebbe dovuto e potuto fare e non si è fatto.
Ad essi vanno aggiunti tutti coloro che, non più in vita, giacciono nel fon-do del mare mediterraneo, trasformato ormai in uno sconfinato cimitero su-bacqueo.
L'estrema gravità della situazione in Lampedusa si misura proprio in rela-zione ai momenti più delicati e decisivi nel percorso del richiedente asilo, quali l'accesso alla procedura, l'assistenza e la consulenza durante l'esame della domanda, la tutela giurisdizionale. Il trasferimento della Commissione territoriale per il riconoscimento del diritto di asilo di Trapani sull'isola di Lampedusa riveste lo scopo preciso di esaminare le domande mantenendo i richiedenti nel Centro di prima accoglienza e soccorso. È la natura stessa del Centro di accoglienza, ove sono trattenuti tutti gli stranieri giunti sull'isola, che viene messa in discussione, con un completo rovesciamento delle sue o-riginarie funzioni, volte unicamente alla prima accoglienza, con successivo trasferimento immediato verso altre strutture dopo la definizione della posi-zione giuridica. La scelta opposta che si sta attuando rischia di portare con-seguenze intollerabili, con forme di privazione della libertà al di fuori del da-to normativo, in un sistema ove il problema della detenzione arbitraria del richiedente asilo è fonte di gravi preoccupazioni, espresse anche dal Gruppo sulla detenzione arbitraria istituito in seno al UN Human Rights Council, a seguito della visita effettuata recentemente in Italia. Si prospetta un uso ge-neralizzato del c.d. respingimento differito, istituto già di per sé quanto mai criticabile, mentre le possibilità effettive di un ricorso giurisdizionale avver-so tale provvedimento rischiano di rimanere pura teoria, posto che occorre-rebbe una impugnazione avanti al tribunale amministrativo regionale situato a Palermo, reso impraticabile anche dalla posizione geografica di Lampedu-sa. L'isola rischia così di diventare un generale luogo di detenzione ove gli sbarcati devono rimanere in attesa di essere espulsi, come ampiamente an-nunciato, in una sorta di extraterritorialità in cui il pre-giudizio relativo al pa-ese di provenienza pre-determina la decisione.
La identificazione dei migranti, al pari della attribuzione della nazionalità, in condizioni di intollerabile sovraffollamento si pone come elemento di e-strema delicatezza, restando piuttosto oscure le procedure adottate a tale scopo. La problematica si accentua allorché occorra stabilire la minore età delle persone sbarcate, in particolare ove si consideri che la tipologia più frequente riguarda soggetti tra i 15 e i 18 anni di età mentre il metodo di rife-rimento si limita all'esame radiologico del polso, misura del tutto insufficien-te allo scopo. L'art.19 del d.lgs. 25/08 prevede espressamente che in caso di dubbio il soggetto vada considerato minore: il rischio di elusione di tale di-sposizione nella situazione di Lampedusa appare assai elevato.
Anche per coloro che riescono ad accedere alla procedura, se vengono trat-tenuti nella struttura dell'isola, vi è un evidente contrasto con la disciplina sia del d.lgs. 140/05, sia del d.lgs. 25/08. Le ipotesi tassative di trattenimen-to presso i CARA (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) ovvero nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione nelle ipotesi di cui all'art. 21 d.lgs. 25/08) rendono impossibile l'utilizzo della struttura di Lampedusa come Centro di accoglienza per richiedenti asilo, mancando anche la garan-zia di adeguati servizi di supporto e consulenza.
Se si considera la normativa della Direttiva 2005/85/CE per cui il richie-dente asilo deve avere il diritto ad un mezzo di impugnazione efficace, il contrasto con la situazione del richiedente nell'isola, che, a seguito di esame da parte della Commissione colà trasferita, intende proporre impugnazione, risulta intollerabile, posto che la competenza è del tribunale di Palermo. E la totale mancanza di mezzi degli asilanti rischia di vanificare la fase fonda-mentale della tutela giurisdizionale, con la paradossale conseguenza per cui tanto maggiore è la violazione del dato normativo tanto più grande è la diffi-coltà di farla rilevare avanti l'autorità giudiziaria.
La normativa relativa ai migranti è sempre più connotata da caratteri di specialità, in cui i principi basilari di uguaglianza vengono spesso sospesi: ma nella situazione attuale stiamo assistendo ad un ulteriore e deteriore pas-saggio, in cui la manifestazione sprezzante da parte governativa della volon-tà di essere "cattivi" nei confronti delle persone prive di titolo di soggiorno introduce elementi inquietanti, che paiono sempre più condurre verso una sorta di "civiltà dell'odio", in una direzione del tutto opposta ai dettami co-stituzionali.