II. Ancora luci ed ombre sulle nomine dei dirigenti

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1. Premessa
In questi quattro anni è stato pi volte sottolineato dal gruppo
consiliare di Md (su Questione giustizia, sul Notiziario ed attraverso
periodiche informazioni) come tra le attività che maggiormente
impegnano il Csm, e provocano particolari tensioni
tra le diverse componenti, va indubbiamente ricompresa quella
relativa alla attribuzione degli incarichi direttivi; si è volta a volta
riferito come in pi di un'occasione sulle valutazioni collegate
al merito ed alle attitudini degli aspiranti siano prevalse inaccettabili
logiche di appartenenza, che rappresentano gli aspetti degenerativi
del pluralismo; ma si è anche posto in evidenza l'affermarsi,
nell'interpretazione ed applicazione della normativa vigente,
di alcune linee di tendenza sicuramente positive.
Luci ed ombre, dunque, che hanno accompagnato anche l'ultimo
tratto della consiliatura, al quale soltanto si farà qui riferimento
ad evitare di ripercorrere vicende già lontane nel tempo.
2. Le prassi virtuose
A voler iniziare dalle luci, può dirsi anzitutto che quegli orientamenti
di segno positivo di cui si è fatto poc'anzi cenno si sono
venuti consolidando nel corso del tempo e rappresentano, quindi,
dei rassicuranti criteri di riferimento anche per il futuro.
Si intendono richiamare, in particolare, la frequente svalutazione
del criterio dell'anzianità, essendo stati nominati in numerosi
concorsi candidati "fuori fascia"; la costante valorizzazione del periodo di permanenza assicurato sino al collocamento a riposo
e la pretermissione - salvo casi isolati - di quanti tale periodo
non assicurino; il rifiuto della logica delle carriere separate
in relazione sia al rapporto giudici-pubblici ministeri sia agli uffici specializzati minorili e di sorveglianza; la valorizzazione, altresì, dei pareri speciali redatti dai Consigli giudiziari rispetto a
quelli ordinari, meno significativi e pregnanti; e la considerazione,
infine, di tutti i dati informativi disponibili sui candidati nell'ambito
del Csm e presenti presso tutte le sue articolazioni, nonch
delle stesse sentenze di proscioglimento della Sezione disciplinare
(nella consapevolezza che circostanze non rilevanti sotto
il profilo deontologico possono pur sempre assumere un significato
negativo quando si tratti di giudicare la professionalità e le
attitudini organizzative del magistrato).
Un elemento decisamente positivo, anche se non da tutti considerato
tale, è poi emerso in occasione della designazione del
dott. Marvulli a Primo Presidente della corte di cassazione.
Proprio in considerazione della straordinaria importanza di
quella nomina e delle elevate responsabilità ad esso connesse la
componente consiliare di Md aveva chiesto, già in Commissione,
che fosse disposta dinanzi ad essa l'audizione dei magistrati che
avevano risposto all'interpello affinch manifestassero "le linee
organizzative alle quali si sarebbero ispirati nel caso di designazione
all'incarico", sì che nella loro valutazione se ne potesse tener
conto, unitamente ai rispettivi curricula professionali. In particolare,
si era osservato che "se i pareri e gli altri documenti personali
consentono, infatti, una puntuale ricostruzione dei profili
professionali degli aspiranti", nessun concreto elemento di giudizio
è consentito desumere dai fascicoli stessi in ordine ai profili
organizzativi cui si è fatto cenno: eppure - si aggiungeva - non
dovrebbe essere indifferente, nel momento in cui viene compiuta
la delicata scelta di designare il vertice dell'ordine giudiziario,
conoscere dai candidati i criteri ai quali si atterrebbero nella amministrazione
del pi importante ufficio giudiziario del Paese,
con particolare riferimento alle competenze ed al ruolo dell'Organo consultivo istituito a seguito dell'Assemblea generale del 23
aprile 1999, alla composizione delle sezioni unite, all'individuazione
dei relatori, all'assegnazione dei processi e ad ogni altro
aspetto attinente alla materia tabellare e, pi in generale, all'attuazione
del principio di precostituzione".
La V Commissione, con la sola esclusione dei Movimenti per
la giustizia, aveva tuttavia respinto sia tale richiesta, sia quella,
formulata da Md in via subordinata, concernente l'acquisizione,
dai singoli aspiranti, di una "dichiarazione di intenti", ponendo
a fondamento del diniego inconsistenti e pretestuose argomentazioni
(l'esposizione del progetto organizzativo dell'ufficio costituirebbe
un onere rimesso esclusivamente all'iniziativa dell'interessato;
una richiesta del genere sarebbe, inoltre, lesiva della dignità
dei candidati; ecc.). Di conseguenza, la componente di Md,
ritenendo di non essere in grado di compiere una valutazione razionale
dei candidati proposti dagli altri gruppi, aveva deciso di
astenersi, con riserva di rivedere la propria posizione ove fossero
successivamente emersi significativi elementi di giudizio nella direzione
indicata.
L'iniziativa di Md non è stata vana: due dei candidati proposti
(i dott. Marvulli e Delli Priscoli) hanno fatto pervenire al Consiglio,
infatti, delle note nelle quali manifestavano i criteri di carattere
organizzativo che avrebbero informato la loro presidenza,
per cui la componente di Md ha abbandonato la posizione astensionistica
in precedenza assunta e, all'esito di una valutazione
comparativa degli aspiranti (oltre i due magistrati su indicati, era
stato proposto anche il dott. Favara, che già svolgeva le funzioni
di Procuratore generale presso la Corte di cassazione), ha espresso
il suo voto in favore del dott. Marvulli, che ha poi raccolto in
plenum - come si sa - la maggioranza dei consensi.
Nel concludere il discorso dedicato agli aspetti positivi, è il caso
di osservare che la nuova circolare sugli incarichi direttivi, varata
nel luglio 1999, ha innegabilmente influito in senso favorevole
sulla relative nomine, assicurando una pi elevata qualità dei
designati, soprattutto in virt dell'allargamento della fascia di anzianità da essa realizzato (che ha consentito a sua volta un consistente
ampliamento della rosa "naturale" degli aspiranti) e del sistema
di computo della fascia ivi introdotto, che opera a partire
non già dall'aspirante pi anziano in assoluto, bensì da quello che
assicuri un periodo di permanenza minima nell'ufficio ad quem
(due o tre anni, a seconda del posto da ricoprire).
3. Alcune questioni irrisolte
Ciò detto, non può tacersi, tuttavia, che i risultati non possono
ancora ritenersi pienamente soddisfacenti, e non soltanto per
la prevalenza, in taluni casi, di quelle logiche di appartenenza di
cui si fatto inizialmente cenno e sulle quali ci si soffermerà tra
breve.
Intanto, alcune questioni da tempo denunciate restano tuttora
irrisolte: l'assenza a monte di percorsi formativi adeguati e
specifici in funzione del successivo conferimento degli uffici direttivi;
le note insufficienze delle valutazioni di professionalità effettuate
nel corso della carriera; l'assenza pressoch costante di
verifiche in ordine alle modalità di svolgimento delle funzioni dirigenziali;
la carenza di fonti informative attendibili ed esaurienti;
le perduranti spinte carrieristiche presenti in magistratura, alimentate
spesso non già da spirito di servizio, ma da ragioni di
prestigio o dalla ricerca del potere. Ed insieme a questi aspetti
permane, inoltre, una mentalità piuttosto radicata nella corporazione,
per fortuna in lento ma progressivo declino, che tende ad
evitare giudizi pienamente corrispondenti alla personalità ed alla
professionalità del soggetto da valutare ed è piuttosto incline a rifugiarsi
in espressioni tanto stereotipate e lusinghiere quanto prive
di reali contenuti.
Se si richiamano queste nozioni pur risapute è perch, se da
un lato si avverte l'assoluta necessità di intervenire nuovamente,
ed in termini pi incisivi, sulla circolare relativa ai direttivi (la
proposta già da tempo formulata da Md in Commissione è nel
senso di stabilire che dopo un certo numero di anni di servizio -
ventotto o gi di lì - il magistrato possa partecipare a ciascun
concorso, a prescindere dalla circostanza se sia o meno compreso
nella fascia di anzianità, così da attenuare il peso di questo elemento
e da valorizzare i criteri fondati sul merito e sulle attitudini),
si è nel contempo consapevoli del fatto che una normativa
del genere finirebbe per accrescere i poteri discrezionali del Consiglio.
Poteri che, nella situazione ora descritta, caratterizzata da
una certa evanescenza degli elementi concreti di valutazione, potrebbero
pi facilmente tradursi in arbitrio ove non si conformassero
a rigorosi canoni di razionalità e non si ispirassero ad un
elevato senso di responsabilità.
Nonostante tutto, non può che imboccarsi la strada che conduca
ad un pi incisivo ridimensionamento del criterio oggettivo
- e rassicurante - dell'anzianità, ricercando nel contempo gli
strumenti necessari per una valutazione effettiva delle attitudini e
del merito, nella prospettiva, peraltro, che agli incarichi direttivi
sia attribuito un carattere di temporaneità (prospettiva lungo la
quale si muove il disegno di legge governativo sull'ordinamento
giudiziario, che anche al riguardo necessita tuttavia di non poche
correzioni).
4. Al di là delle regole: A) La nomina del Procuratore della
Repubblica di Monza"

Come si è in precedenza accennato, se in alcuni casi l'insoddisfazione
per l'attribuzione degli incarichi direttivi ai magistrati
volta a volta designati può anche ricollegarsi all'incertezza degli
elementi di valutazione ed al ruolo eccessivo tuttora rivestito dall'anzianità
di servizio, in altri la nomina ha rappresentato il risultato
di una consapevole inosservanza delle regole vigenti e dell'abbandono
di criteri improntati a razionalità. Si tratta di vicende
in cui emerge prepotentemente la persistenza di scorie di natura
corporativa, in virt delle quali a prevalere è soltanto la forza dei numeri, ricercata attraverso opportuni schieramenti ai
quali i componenti laici partecipano - se del caso - al pari di
quelli togati.
In riferimento all'ultimo biennio, due nomine possono in
proposito considerarsi emblematiche, quella del Procuratore della
Repubblica di Monza e l'altra relativa alla Procura di Bologna.
Per la Procura di Monza erano in corsa Gherardo Colombo
(proposto in Commissione dal rappresentante dei Movimenti,
Natoli) e Cesare Di Nunzio (per il quale aveva optato un laico del
centro-destra, Vietti), il primo sostituto procuratore della Repubblica
a Milano ed il secondo procuratore aggiunto nel medesimo
ufficio il cui vertice aspirava a ricoprire.
Quanto al dott. Di Nunzio, va rilevato che - come emerge dalla
relazione Natoli - questi era stato rinviato dinanzi alla Sezione
disciplinare del Consiglio per rispondere di quattro capi di incolpazione
del seguente tenore:
per avere, quale Procuratore presso la Pretura di Monza, diretto ed organizzato
l'ufficio e l'attività dei sostituti in modo del tutto inadeguato,
prima operando scelte organizzative incongrue ("), poi adottando interventi
correttivi disorganici, parziali ed incoerenti ("), omettendo
ogni controllo sostanziale dell'attività dei sostituti e dell'ufficio nel suo
complesso;
per avere, nello stato di disorganizzazione strutturale in cui versava l'ufficio,
omesso di adottare le iniziative idonee, come l'indicazione di criteri
di priorità sia nella trattazione degli affari sia nell'espletamento dei
servizi di segreteria;
per non avere (") elaborato n impartito direttive sulla partecipazione
all'udienza dei magistrati togati, tenendo conto della delicatezza e complessità
dei procedimenti da trattare (");
per non aver vigilato sulla corretta applicazione ed osservanza dei criteri
per la distribuzione degli affari tra i magistrati, determinando così
(") un artificioso aumento del lavoro di cancelleria ed una dilazione
dell'intervallo temporale (circa tre anni) tra la ricezione della notizia di
reato e la notifica del decreto di citazione a giudizio, che hanno portato
alla prescrizione del reato di cui al proc. n. 7610/90 (").

Precisò il relatore che il procedimento disciplinare si era, bensì,
concluso con l'assoluzione del dott.Di Nunzio "per essere rimasti esclusi gli addebiti" e che i motivi della decisione potevano,
tuttavia, essere opportunamente vagliati e valutati: i giudici
disciplinari, infatti, pur escludendo che il dott. Di Nunzio fosse
incorso nelle gravi omissioni contestategli, riconoscevano chiaramente
che egli - come dirigente - "di fronte ad una situazione
che evolveva negativamente di giorno in giorno", e che derivava
dai gravi problemi organizzativi posti da una Procura circondariale
tra le maggiori del Paese (quella di Monza: ndr), ebbe sempre
ad adottare "soluzioni o direttive" che si rivelarono - nella
concreta e fattuale attuazione - del tutto inadeguate rispetto alle
esigenze che le circostanze del caso avrebbero imposto. Fatto,
questo, accertato dall'ispezione ministeriale che aveva dato causa
ed inizio all'azione disciplinare.
Del resto, nei confronti del dott. Di Nunzio il ministro della
giustizia, con nota del 13 ottobre 1993, ebbe a richiedere al Consiglio
superiore della magistratura anche il trasferimento d'ufficio
ex art. 2 legge guarentigie, per avere omesso di "esercitare
con la dovuta continuità ed oculatezza le proprie funzioni di Procuratore
Capo presso la Pretura di Monza, determinando una situazione
di "gravissima disfunzione" dell'ufficio medesimo ed
evidenziando la sua condotta una "deplorevole negligenza" ed
altresì una "palese inidoneità all'esercizio di funzioni direttive":
procedimento, quest'ultimo, che nella seduta del 21 dicembre
1995 era stato archiviato dal plenum con 16 voti favorevoli, 3
contrari e 3 astenuti.
Tuttavia, anche in questa circostanza, occorreva rilevare - secondo
quanto osservato nella proposta in esame - che pur rigettandosi nella
motivazione del provvedimento la fondatezza del rilievo che il dott.
Nunzio avesse "omesso qualunque iniziativa" (ovvero che egli fosse stato
del tutto inattivo), si dava atto da parte del Consiglio - in modo pacificamente
e concordemente riconosciuto - che gli addebiti mossigli
inerivano tutti all'attività di organizzazione della Procura circondariale
di Monza; ed al puntuale esercizio dei doveri di direzione dell'ufficio
stesso.
Inoltre, l'attività istruttoria aveva consentito di acquisire i seguenti
risultati probatori: la situazione complessiva della Procura circondariale di Monza era certamente caratterizzata da gravi ritardi nella registrazione
dei fascicoli e da scarso coordinamento nella gestione dei processi;
tale stato di cose non poteva certamente giustificare espressioni di
lode per le capacità organizzative denotate dal dott. Di Nunzio; la valutazione
di una eventuale "situazione di incompatibilità" del dott. Di
Nunzio si risolveva ed esauriva, in buona sostanza, in un "giudizio intorno
alla sua capacità di organizzare l'ufficio"; al dott. Di Nunzio poteva
e doveva rimproverarsi di non avere attuato, con la tempestività
che la situazione imponeva, i rimedi idonei a ridurre gli inconvenienti
constatati.
Alla luce tali elementi, il relatore precisava, concludendo sul
punto, che, alla stregua della Circolare sugli incarichi direttivi e
tenuto conto, soprattutto, del fatto che l'accertato deficit di capacità
del dott. Di Nunzio nel trovare adeguati rimedi per sopperire
allo stato di grave difficoltà organizzativa vissuto dalla ex
Procura circondariale di Monza si riferiva proprio ad un'articolazione
minore dell'ufficio da attribuire, non poteva non affermarsi
la sussistenza, "in concreto", di un palese ed insuperabile
elemento negativo che imponeva, in base ai principi di buona
amministrazione, di ritenere che l'aspirante non fosse in possesso
di tutti gli elementi professionali indispensabili per conferirgli
l'ufficio direttivo in concorso.
Posto che il dott. Di Nunzio era l'unico candidato "in fascia",
occorreva quindi procedere al superamento della fascia stessa al
fine di verificare l'idoneità degli altri aspiranti, nonch l'eventuale
presenza, in capo a taluno di essi, di "doti attitudinali e merito
di spiccato rilievo". Elementi, questi, che il relatore rinveniva
con sicurezza nel dott. Colombo, sul cui conto tutti i pareri in atti
erano quanto mai lusinghieri con riferimento alla sua preparazione
tecnico-professionale, al suo rendimento, all'esperienza
maturata in processi di elevatissimo spessore ed alle stesse doti
organizzative da lui dimostrate. Come affermato dal Consiglio
giudiziario milanese, l'esame complessivo del curriculum del candidato
proposto consentiva, in definitiva, di riconoscergli
il possesso di elevatissime qualità professionali, capacità organizzative,
doti di carattere e di rigore morale che si collocano ad un livello di eccellenza
tale da individuare nel dott. Colombo, per la sua professionalità
e per la stima acquisita nell'esercizio delle funzioni svolte, uno dei
migliori interpreti del ruolo del pubblico ministero e, pi in generale,
uno dei migliori rappresentanti dell'istituzione Giustizia, sì da potere
affermare che lo stesso disponga di tutti gli strumenti intellettuali e morali
per svolgere, con alto prestigio, gli incarichi direttivi cui aspira.
La conclusione, a quel punto, avrebbe dovuto essere perfino
scontata, stante la ben diversa statura dei due candidati: viceversa,
il dott. Di Nunzio ha raccolto al ballottaggio i voti di tutti i
componenti di Unicost, di tre dei quattro componenti di Mi (con
l'eccezione, cioè, della dott.ssa Cassano) e dei due laici del centro-
destra presenti in plenum, portandosi alla pari del dott. Colombo
(cui sono andati i voti di Md, dei Movimenti e dei laici del
centro-sinistra, oltre che - come detto - della Cassano) e finendo
per prevalere per la sua maggiore anzianità.
5. segue: B) "e quella del Procuratore della Repubblica di
Bologna

La travagliata nomina del Procuratore della Repubblica di Bologna
non presenta una stretta analogia con quella di cui si è ora
riferito sia perch entrambi gli aspiranti (Enrico Di Nicola e
Giancarlo Tarquini, che all'epoca erano titolari della Procura
della Repubblica presso il Tribunale - rispettivamente - di Pescara
e di Brescia) esibivano dei profili professionali di elevato
spessore, sia perch essa, all'esito di un lungo iter amministrativo-
giurisdizionale, si è conclusa con la designazione del candidato
che era stato sostenuto proprio da Md, oltre che dai Movimenti
e da una parte dei laici di centro-sinistra.
Per una migliore comprensione dei termini del dibattito che si
è svolto in Consiglio su quella nomina occorre ricordare che la
Circolare che disciplina la materia degli incarichi direttivi, approvata
nel luglio 1999, detta due norme rilevanti nella fattispecie.

La prima stabilisce, invero, che per gli uffici direttivi di
Procuratore della Repubblica di una Procura distrettuale (quale
era quella a concorso) - oltre che per quelli di procuratore generale
aventi sede in zone caratterizzate da rilevante presenza di criminalità
organizzata di tipo mafioso - si attribuisce rilievo, senza
che ciò costituisca titolo preferenziale, "alle esperienze maturate
nella trattazione dei procedimenti relativi ai reati indicati dall'art.
51, comma 3 bis, cpp, desunte concretamente dalla rilevanza
dei procedimenti trattati e dalla durata della attività inquirente
e requirente" (par.A-3, punto e.2). La seconda dispone, poi,
che "nei casi particolari di conferimento di degli uffici direttivi di
Presidente del tribunale per i minorenni e di Procuratore della
Repubblica presso lo stesso tribunale, di Presidente del Tribunale
di sorveglianza, nonch di Procuratore della Repubblica di una
Procura distrettuale, ove nella fascia di anzianità non siano collocati
aspiranti in possesso dei requisiti attitudinali indicati per
tali uffici sub A-3, punto e.2, la valutazione comparativa è estesa
agli aspiranti che ne siano invece in possesso pur se collocati al di
fuori della fascia stessa" (par. C, comma quarto).
Ora, nella proposta a favore del dott. Tarquini si sosteneva
che il dott. Di Nicola non fosse, appunto, in possesso dello
specifico requisito attitudinale previsto dalla Circolare (e che anche
il primo, ancorch fuori fascia, dovesse essere quindi ammesso
a valutazione comparativa con il secondo) in quanto egli
non aveva maturato esperienze nella trattazione dei reati di criminalità
organizzata nell'ambito di una Procura distrettuale. A
tali rilievi, nella proposta a favore del dott. Di Nicola, si obiettava
che questi aveva pur sempre maturato esperienze in quel settore
sia nella sua attuale qualità di titolare di una Procura non distrettuale
(quale quella di Pescara), per avere istruito quei processi
e trasmesso successivamente gli atti alla Procura distrettuale
di competenza, sia - e soprattutto - nei numerosi uffici ricoperti
in precedenza quale magistrato addetto a funzioni penali sia
inquirenti che giudicanti (sostituto presso la Procura della Repubblica
di Roma, Consigliere istruttore aggiunto a Bologna, presidente di una sezione penale presso il Tribunale di Roma,
ecc.), ove si era a vario titolo interessato di importanti e complessi
processi per reati di criminalità organizzata, compresi quelli
di stampo mafioso, nonch di criminalità economica e politica,
di reati - inoltre - di terrorismo e di delitti contro la pubblica
amministrazione (dai "fondi neri" Montedison al c.d. "scandalo
del petrolio"; dalla strage della stazione di Bologna al processo
contro Leggio Luciano + 1; e via di seguito). N si era omesso di
sottolineare che, pur a voler ritenere che dovesse compiersi una
valutazione comparativa tra i due candidati, il dott. Di Nicola,
per le sue pi significative e multiformi esperienze professionali,
sarebbe pur sempre prevalso sul dott. Tarquini, che non poteva
vantare un curriculum professionale altrettanto brillante.
Ma queste argomentazioni non hanno fatto breccia nella maggioranza
consiliare, che con delibera del 14 febbraio 2001 ha attribuito
quell'incarico direttivo al dott. Tarquini, il quale ha poi
resistito con esito positivo al ricorso che il dott. Di Nicola aveva
proposto dinanzi al Tar Lazio, che ha dato infatti torto al secondo.
Di contrario avviso è stato, peraltro, il Consiglio di Stato, adito
da Di Nicola in sede di appello.
Nella sentenza del 26 febbraio 2002, particolarmente articolata
e complessa, il giudice dell'impugnazione ha affermato due
concetti assai chiari: a) l'assenza, nella fascia di anzianità, di aspiranti
in possesso del requisito attitudinale costituito dall'esercizio
di funzioni di contrasto alla criminalità organizzata, non può che
assumere il ruolo di mero presupposto per estendere la valutazione
comparativa agli aspiranti che ne siano invece in possesso,
pur se collocati al di fuori della fascia stessa, ma non anche quello
di precostituire in loro favore una prevalenza nei confronti di
costoro; b) le particolari esperienze relative ai reati di cui all'art.
51, comma 3 bis, cpp, ben possono maturare, ai fini del riconoscimento
del requisito attitudinale, anche in uffici diversi
dalle procure distrettuali, nel quadro di funzioni istruttorie, quali
la trasmissione degli atti alla Procura distrettuale di competenza,
sia come funzione propria, assolta in altri uffici in epoca anteriore alla istituzione della competenza funzionale specializzata
introdotta con la novella di cui al d.l.20 novembre 1991, n.367,
convertito nella l.20 gennaio 1992, n.8.
Dopo aver formulato questi principi, ed aver ricordato nella
parte terminale della motivazione che "lo stesso relatore di maggioranza
avrebbe riconosciuto che il candidato Di Nicola e il candidato
Tarquini - da lui proposto e ritenuto pi qualificato per
avere ricoperto una procura distrettuale - erano sul piano del
merito sostanzialmente equivalenti", il Consiglio di Stato ha naturalmente
annullato la sentenza del Tar Lazio.
Una volta che le doglianze formulate da Di Nicola erano
state ritenute pienamente fondate in sede giurisdizionale, ed aveva
ricevuto così un autorevole avallo la proposta a lui favorevole,
era ragionevole pensare che questi, in sede di rinnovazione della
procedura concorsuale, avrebbe potuto ormai contare su un generale
consenso: ma così non è stato.
Con un esercizio di alta acrobazia, i sostenitori di Tarquini
hanno osservato che "a seguito di una attenta ponderazione dei
fascicoli personali dei magistrati" era da ritenere "che l'estensione
della fascia di anzianità al fine di ricomprendere altresì il dott.
Tarquini, bench meno anziano, trovi fondamento non nel quinto
comma del paragrafo C) della circolare per il conferimento degli
uffici direttivi (quel comma al quale essi si erano ostinatamente
aggrappati sia nel primo round consiliare che nel corso dei
due giudizi successivi), ma nella disposizione di carattere generale,
in punto di anzianità che al secondo comma del medesimo paragrafo
dispone" - come è noto - che il superamento della fascia
di anzianità può essere determinato dalla inadeguatezza di specifiche
attitudini o della presenza di elementi negativi nei candidati
pi anziani ovvero, anche se nei candidati pi anziani non si
ravvisino inadeguatezza delle specifiche attitudini o elementi negativi,
"dal possesso di doti attitudinali e di merito di spiccato rilievo
nel candidato meno anziano".
Insomma (sembra dire questa nuova proposta), non è già che
a Di Nicola facciano difetto dei requisiti attitudinali per il posto
a concorso e che solo per questo Tarquini prevalga su di lui: il vero
è (ma come non averci pensato prima?) che Tarquini è di una
spanna superiore al pur bravo Di Nicola sul piano professionale
ed è pertanto destinato ad assumere - di riffa o di raffa - quell'ambito
incarico.
Ma questa inedita e disinvolta impostazione non è apparsa
persuasiva neppure a tutti i componenti del plenum che nella prima
tornata avevano sostenuto il dott. Tarquini e così, sia pure a
stretta maggioranza, la nomina è caduta sul dott. Di Nicola.
Potrebbe dirsi che "tutto è bene quel che finisce bene": ma
non pare, in realtà, che il vecchio "adagio" possa adattarsi alle vicende
istituzionali, nelle quali il "bene" (cioè il buon andamento
e l'imparzialità della amministrazione) dovrebbe essere perseguito
- e da tutti - in ogni fase del procedimento.

02 03 2003
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