1. La fase attuale
Nell'attuale consiliatura vi è stato un notevole aumento dell'offerta formativa e una conseguente significativa crescita della partecipazione, in special modo dei magistrati pi giovani. L'offerta di formazione permanente anche in Italia si è attestata, sul piano quantitativo su una percentuale di oltre il 50% dei magistrati in servizio, raggiungendo il livello delle pi prestigiose istituzioni europee di formazione.
Oltre che ad un aumento quantitativo, l'attività di formazione è stata caratterizzata da un miglioramento qualitativo dei corsi, come emerge dalla lettura delle schede di valutazione; ciò anche a seguito di una diversificazione delle metodologie didattiche, rappresentate ormai oltre che dalle tradizionali relazioni, da lavori di gruppo, dibattito guidato, studio di casi specifici, simulazioni, laboratori di auto-formazione.
La qualità dell'offerta formativa ha avuto anche il riconoscimento del mondo accademico, che non ha fatto mancare il suo autorevole contributo didattico. L'apertura all'esterno ha avuto il suo momento qualificante nella possibilità prevista per una quota di avvocati di partecipare ad alcuni dei corsi di formazione. A ciò deve aggiungersi la collaborazione internazionale che il Csm ha instaurato con gli altri centri di formazione stranieri, aderendo anche al progetto volto alla creazione di una rete per le scuole di formazione di magistrati operanti in uno spazio giuridico e giudiziario europeo.
Nell'attuale consiliatura è tuttavia mutato il clima all'interno del quale l'attività di formazione si è svolta. Infatti, mentre nel precedente quadriennio un rilievo importante ha avuto lo spirito di tensione e collaborazione ideale che ha accomunato i componenti del Csm e del Comitato scientifico, il rifiuto di logiche di tipo clientelare, il rispetto dell'autonomia del Comitato scientifico, che ha svolto un ruolo importante anche sul piano della definizione delle linee programmatiche dell'attività, ultimamente il dibattito sulla formazione ha presentato spesso momenti segnati da una logica diversa, tesa a ridisegnare i confini del rapporto tra Comitato scientifico e Csm tra chi "fa" la formazione e chi "organizza" la stessa. Sono riemersi i nodi irrisolti della delimitazione dei ruoli tra IX commissione e Comitato scientifico, da ampi settori consiliari si è manifestata la volontà di ripensare nella sostanza "il ruolo di indirizzo generale del Consiglio", che doveva essere "volto a determinare le coordinate generali e gli obiettivi della formazione, verificandone le modalità apportando limitati interventi correttivi, ma lasciando alla struttura didattica, formata dai componenti del Comitato scientifico, quell'ampia misura di libertà che spetta alla funzione di insegnamento"; si è manifestata, invece, una forte spinta ad operare con un'attività sempre pi invasiva nella redazione del programma dei singoli corsi predisposti dal Comitato scientifico, intervenendo anche nella individuazione dei relatori da proporre.
2. I nodi da sciogliere
2.1. Il numero crescente delle domande di partecipazione alle iniziative di formazione conferma che il corpo sociale dei magistrati italiani apprezza l'attività svolta dal Consiglio sul terreno della formazione.
Tuttavia occorre guardare in avanti e cercare di migliorare i livelli raggiunti. Ciò richiede innanzitutto una rilevazione pi scientifica dei risultati, anche per operare in modo consapevole le scelte di nuovi metodi e nuovi contenuti formativi.
L'analisi delle schede di valutazione, deciso nell'ultimo anno, potrà costituire un momento di passaggio essenziale per un consuntivo rispetto al passato e per una solida piattaforma di partenza per il futuro. Ciò che appare chiaro è che gli strumenti di valutazione devono essere articolati in modo complesso, anche perch la riuscita di un corso dipende da pi fattori, che vanno dall'equilibrio tra auto-selezione dei partecipanti e dosaggio delle ammissioni per provenienze territoriali e funzionali, tensione tra l'aspettativa di strumenti ad immediata efficacia operativa e l'offerta voluta per riflessioni dal pi ampio respiro sistematico su determinati argomenti.
La struttura della formazione, articolata nel suo collegamento funzionale tra plenum, IX Commissione e Comitato scientifico ha sicuramente dato ampia prova di saper cogliere con prontezza le esigenze ed i segnali di cambiamento, come è avvenuto con il progetto della formazione decentrata o per la rimodulazione delle offerte formative degli uditori, anche perch è comunque ben manifesta l'esigenza da parte dei magistrati italiani di una formazione autogovernata e non etero-diretta, professionale e non
occasionale.
Vi sono però difficoltà operative che si ricollegano alla limitatezza delle risorse disponibili ma anche alla presenza di nodi politici e organizzativi. Occorre dunque prospettare le possibili soluzioni per il superamento delle difficoltà e per una evoluzione dell'offerta formativa, in modo da standardizzare un tipo di offerta formativa qualificata sotto il profilo professionale. Le scelte dovranno comunque assicurare il pluralismo culturale dell'offerta, all'interno dell'equilibrio accettabile e riconoscibile che deve caratterizzare la programmazione, ricercando una soluzione non di compromesso purchessia, ma che assicuri la pluralità delle provenienze culturali, territoriali, funzionali e l'esigenza di dignità scientifica e didattica dei contributi proposti ai magistrati.
Occorre riconoscere, peraltro, che la mancata elaborazione di consolidate strategie di lungo periodo in materia di formazione è stata ostacolata anche dalla mancata utilizzazione del parametro della professionalità come elemento significativo nel momento dell'attribuzione delle qualifiche superiori, o in occasione del conferimento di incarichi direttivi e semidirettivi. In sostanza un interesse alla formazione per i magistrati può essere sviluppato anche dalla consapevolezza che il Consiglio, negli altri momenti del suo rapporto con i singoli magistrati, non adotti criteri incompatibili con quelli che propone rispetto ad una adeguata formazione professionale. Si tratta di pre-condizioni di credibilità che richiedono la presa di distanza da posizioni solo apparentemente favorevoli ad una crescita del livello di professionale, ma nella realtà ancora testardamente ancorate alla valorizzazione della figura del giudice "silenzioso", del giudice burocrate, sostanzialmente portatore necessario di un basso profilo di professionalità. Di fronte a questa situazione anche l'Anm potrebbe assumere un ruolo nel processo di formazione dei magistrati, chiedendo un comportamento coerente tra le linee di politica giudiziaria accettate al momento della costituzione della Giunta e i comportamenti tenuti dai rappresentanti della magistratura all'interno del Consiglio.
2.2. Nessuno, prima del progetto di legge delega di riforma (parziale) dell'ordinamento giudiziario, aveva posto in discussione che la formazione sia prerogativa del Csm perch strettamente collegata a tutte le attività che l'art. 105 della Costituzione riserva all'organo di autogoverno (anche il progetto elaborato dalla Commissione Bicamerale aveva riservato in modo espresso al Consiglio, anzi ai due Consigli, l'attività di aggiornamento professionale dei magistrati).
Nella fase di partenza, l'articolazione di una struttura tecnica al fianco di quella consiliare è risultata particolarmente felice perch ha assicurato l'utile scansione e la relativa separatezza tra la fase "politica" dell'impostazione dell'attività formativa e le concrete scelte attuative. Tuttavia, nonostante il notevole successo sia qualitativo che quantitativo del suo prodotto presso gli utenti e gli apprezzamenti manifestati dalle realtà esterne che hanno contribuito alla realizzazione di singoli corsi (Università, organizzazioni industriali, rappresentanti dell'avvocatura, del notariato e del mondo scientifico), l'attività di formazione è stata investita da polemiche di basso profilo culturale e civile (costi della formazione in assoluto, il costante e paventato pericolo che la formazione costruisca un mezzo di omologazione della magistratura) che fanno riemergere in modo prepotente la considerazione che la stabilizzazione della formazione debba passare attraverso la creazione di un organismo dotato di autonomia amministrativa e gestionale, collegato al Csm sul piano degli indirizzi didattico scientifici e raccordato con il Ministero della giustizia sul piano dell'organizzazione e del funzionamento dei servizi.
Il ruolo del Consiglio Superiore appare inevitabilmente centrale in questa ricostruzione, ma deve essere sviluppato anche il circuito virtuoso che passa attraverso i Consigli giudiziari, gli uffici, i gruppi di lavoro, i singoli magistrati affidatari. Compete dunque al Csm, ad un primo livello, raccogliere i bisogni di formazione, in modo da dare una risposta adeguata, con caratteristiche di diffusività, e che abbia la potenzialità di elevare in modo uniforme, settore per settore, la professionalità di tutti gli addetti.
2.3. La situazione attuale degli uffici giudiziari è caratterizzata anche da picchi di inefficienza che sono dovuti ad incapacità personali, a inadeguatezza di preparazione di componenti della categoria dirigenziale, alla riottosità al rispetto delle norme primarie e secondarie di organizzazione degli uffici, alla mancata assunzione di comportamenti organizzatori adeguati.
Non basta però individuare in modo preciso nella loro specificità tali situazioni, perch occorre confrontarsi, sempre pi spesso, in tema di formazione, con atteggiamenti, che al di là di una generica espressione di favore, comune a tutte le componenti interne al Consiglio, nel momento in cui si passa ad approfondire il tema del "chi" e del "come" della formazione, fanno emergere immediatamente diffidenza ed immobilismi.
Il Corso per la auto-formazione dei dirigenti, realizzato soltanto alla scadenza del quadriennio e con prospettive diverse rispetto a quelle di partenza, costituisce una chiara dimostrazione della vischiosità da cui, su questi temi fondamentali, è ancora caratterizzata l'azione consiliare.
Occorre constatare che un intervento sui dirigenti degli uffici che abbia come obiettivo quello di elaborare e trasmettere una cultura organizzativa e gestionale, coinvolgendoli in prima persona in un'azione formativa, in modo da suscitare atteggiamenti attivi, si è scontrato con evidenti, anche se spesso sottintese motivazioni, di una concezione burocratica della figura del dirigente, che non può condividere il progetto di un "laboratorio di formazione" dove si prospetti l'urgenza di trasmettere ad altri le proprie competenze, si diano informazioni sollecitandone una ricezione critica, venga stimolata una riflessione sul proprio ruolo.
In questo caso la formazione deve mirare infatti a qualificare i capi degli uffici come appartenenti ad una organizzazione capace di produrre decisioni indipendenti ed autonome e non come, o soltanto, vertici di una sequenza gerarchica. Occorre accelerare lo smaltimento delle scorie di burocratizzazione che sono presenti nel corpo giudiziario; la questione della professionalità deve essere posta al centro dell'azione del Consiglio, agendo sullo sviluppo della formazione e affinando i criteri di valutazione della professionalità.
2.4. Uno dei nodi che maggiormente caratterizza il problema della formazione è sicuramente quello della valutazione dei risultati della stessa, anche perch ad esso è direttamente collegato il problema della gestione delle risorse da destinare all'attività formativa.
La misurazione dell'attività formativa appare oggettivamente difficoltosa proprio perch si collega finalisticamente all'aumento della professionalità e dell'indipendenza del magistrato; si collega quindi al tema della valutazione della sua professionalità. Uno sforzo deve essere compiuto per abbandonare una discutibile posizione sulle garanzie proprie della funzione giurisdizionale, che attraverso una lettura formalistica dei concetti di indipendenza e di soggezione del magistrato alla legge pone di fatto in posizione antitetica i valori della formazione e quello dell'adeguatezza
professionale.
La natura della attività giurisdizionale come potere diffuso, riconducibile all'esercizio di ogni singolo magistrato deve muoversi all'interno di un impegno collettivo in sede di formazione, dove si potranno affinare strumenti di conoscenze individuali, che possono costituire poi una certezza per il cittadino, che ha diritto ad avere non il giudice pi bravo, ma un giudice all'altezza del compito affidatogli.
Questa idea non è generalizzata, ed anzi è stata tenacemente avversata, comportando l'implicazione che sia potenzialmente migliore la formazione di un magistrato non formatosi esclusivamente
in via individuale.
La sfida è dunque quella di eliminare queste sacche di resistenza,la cui scomparsa porterebbe probabilmente ad eludere anche il problema della obbligatorietà o meno della formazione
per un magistrato. Uno dei nodi politici attuali della formazione è proprio questo; teorizzare una sorta di diritto di resistenza culturale alla formazione ovvero rendere obbligatoria la formazione, con l'inserimento magari di momenti valutativi all'interno dei corsi di formazione.
Quest'ultima ipotesi, fatta propria dal disegno di legge delega non può essere perseguita perch farebbe assumere alla attività di formazione l'improprio significato di un esame; deve però essere operata una riflessione sulla necessità della frequenza di corsi specifici per chi aspira a funzioni direttive o semidirettive, per chi nel corso della sua vita professionale abbia subito l'accertamento di carenze che in qualche modo debbono essere sanate. L'art.3 del nostro codice etico prevede che la formazione permanente è un dovere etico del magistrato. Di sicuro può essere inserito nella categoria dei doveri professionali.
Una risposta sul punto esige però anche la soluzione del problema all'accesso alle offerte formative, che spesso presentano un numero di disponibilità inferiore fino al 50% rispetto alle richieste.
3. La formazione decentrata
La formazione sta spingendosi in modo lento ma costante dal centro verso i luoghi di servizio. Ciò avviene in ottemperanza a precise disposizioni normative che assegnano ruoli rilevantissimi ai Consigli giudiziari sul tirocinio degli uditori e la legge 374/92 istitutiva del giudice di pace. Anche se non può costituire un'alternativa all'attuale assetto organizzativo della formazione in quanto non può essere idoneo a realizzare quello scambio di esperienze, idee guida, prassi tra colleghi operanti in diverse realtà sociali e giudiziarie, purtuttavia il decentramento costituisce per l'immediato futuro uno degli snodi principali attraverso i quali possono trovare soluzione problemi che ancora investono l'attività formativa.
Il Consiglio Superiore ha adottato il 26 novembre 1998 una risoluzione che pone il decentramento quale vera svolta strategica della formazione dei magistrati, all'interno di un progetto di integrazione tra iniziative locali e perdurante attività della scuola centrale.
La preoccupazione costante deve essere quella di operare in modo che l'attività formativa non venga vista come una occasione per introdurre logiche spartitorie mediante l'individuazione di una percentuale di formatori per ogni componente ideale della magistratura associata. E' un compito faticoso quello che devono svolgere i referenti per la formazione, ma è un compito cui Md non intende sottrarsi proprio perch avvicinare la formazione ai problemi organizzativi degli uffici giudiziari, innovare i metodi didattici e il confronto con l'Università, potenziare gli strumenti di auto-formazione dei magistrati, intensificando le occasioni di confronto con gli altri operatori della giustizia ed in primo luogo con i cancellieri e gli avvocati, creare un servizio a favore della magistratura onoraria, sono temi cruciali che richiedono attitudine al confronto e capacità di coinvolgimento dei colleghi (di qualsiasi orientamento ideale), senza dar luogo a localismi e a possibili disparità nella formazione erogata.
Md continuerà a contrastare, con ogni mezzo, la fortissima tendenza all'interno della IX Commissione, di reintrodurre logiche spartitorie in cui accertate capacità professionali, attitudine e interesse alla formazione rischiano di cedere il passo al criterio dell'appartenenza. Contrastare una logica di questo tipo è fondamentale perch la sua accettazione segnerebbe una irreversibile involuzione dell'esperienza in corso ed aumenterebbe il distacco tra la struttura ed il corpo dei magistrati.