CRONACHE DAL CONSIGLIO
Maria Giuliana Civinini, Luigi Marini, Francesco Menditto,
Giuseppe Salmé, Giovanni Salvi
NOTIZIARIO
N. 32 - febbraio 2004
OGGETTO:
PLENUM 18 e 19 febbraio 2004 E LAVORI DI COMMISSIONE
Sommario
A) Dal
Plenum:
- Ancora sul collocamento fuori
ruolo dei magistrati;
- Il dott. Claudio Vitalone ed il
Ministro Castelli, una difficile impugnativa;
- Conferimento di
incarichi direttivi; a) Il Presidente della
Corte d’appello di Potenza; b) Il
Procuratore della Repubblica di Latina: sulla scia del caso Gerunda;
c) Il Procuratore della Repubblica di Macerata: la “demonizzazione”
delle opinioni;
- Incarichi extragiudiziari,
alcune perplessità;
- Questioni in tema di rapporti
tra Procuratore della Repubblica e sostituti;
- I rapporti
tra Procuratore generale della Corte d’Appello e Procuratore
distrettuale antimafia;
- Il parere
del Consiglio sulla bozza del bando del concorso per uditore
giudiziario;
- Il rispetto delle regole nei
trasferimenti - 2° puntata ovvero The neverending Story;
- La magistratura onoraria.
B) Dalle commissioni:
- Proposte di nomina
per incarichi semidirettivi;
- Sedi per
gli uditori e per la mobilità ordinaria;
- Gli interventi consiliari per
migliorare l’efficienza degli uffici;
- La magistratura onoraria.
A) Dal Plenum:
1. Ancora sul collocamento fuori ruolo dei magistrati.
Aspetti del collocamento fuori ruolo
dei magistrati sono stati affrontati in due delibere relative alle
dott.sse Capranica e Matone.
Per
la prima, di cui si era già discusso in altro plenum,
si richiama innanzitutto il precedente notiziario (punto 9). La
collega, attualmente fuori ruolo presso il Ministero della Giustizia,
aveva chiesto la destinazione a funzioni diverse da quelle
giudiziarie presso l'ufficio legislativo della Presidenza del
Consiglio dei Ministri, pur avendo già completato il periodo
massimo di cinque anni fuori ruolo. La Commissione aveva ritenuto di
poter accogliere la richiesta della Presidenza del Consiglio sulla
base dei seguenti argomenti: non si poneva un problema di superamento
del limite massimo di magistrati fuori ruolo, trattandosi di soggetto
già destinato a funzioni non giudiziarie; la richiesta
riguardava l'ufficio legislativo, considerato dalla legge posto di
diretta collaborazione col Ministro o col Presidente del Consiglio;
per i posti di diretta collaborazione l'art. 13 della l.n.217/2001
prevede la destinazione fuori ruolo "per l'intera durata
dell'incarico, anche in deroga ai limiti di carattere temporale
previsti dai rispettivi ordinamenti di appartenenza e in ogni caso
non oltre il limite di cinque anni consecutivi", intendendo per
limite di carattere temporale nel caso di specie la permanenza fuori
ruolo oltre il primo quinquennio e riferendo il limite di cinque anni
al nuovo incarico che si va a conferire.
La
dott.ssa Caprinica è stata destinata all’ufficio
richiesto (tutti favorevoli con tre astensioni) senza che la delibera
richiami il D.Lgs. n. 343/2003, che disciplina l'ordinamento della
Presidenza del Consiglio e che prevede per gli incarichi di diretta
collaborazione, che il "collocamento fuori ruolo è
obbligatorio e viene disposto, secondo le procedure degli ordinamenti
di appartenenza, anche in deroga ai limiti temporali, numerici e di
ogni altra natura eventualmente previsti dai medesimi ordinamenti”;
la questione era stata oggetto di una qualche discussione nel
precedente plenum, con più interventi di componenti di
MD e dei Movimenti che avevano sottolineato come la nuova legge
introducesse un limite eccessivo ai poteri di autogoverno del
Consiglio in fatto di gestione del personale e che l'approvazione di
una pratica in espressa applicazione della stessa potesse costituire
un vincolo a future determinazioni del CSM.
E’
stata, invece, respinta (con 6 astensioni: MI ed i laici del Polo) la
richiesta del Presidente del Consiglio regionale del Lazio, avanzata
ai sensi dell’art. 3 della legge di quella regione 13 febbraio
2001 n. 48, di destinazione a funzioni non giudiziarie della dott.ssa
Matone, Sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale
per i minorenni di Roma, per assumere l’incarico di Garante
dell’infanzia e dell’adolescenza per la regione Lazio.
Vari
argomenti ostavano ad autorizzare questa richiesta; innanzitutto, la
norma della legge regionale non prevedeva alcuna ipotesi di messa
fuori ruolo, limitandosi a disciplinare una fattispecie di
collocamento in aspettativa obbligatoria esclusivamente per i
dipendenti regionali, nonché, in generale, un’ipotesi di
incompatibilità assoluta con qualsiasi altra attività
lavorativa.
In
secondo luogo, in materia di ordinamento giudiziario la Costituzione
stabilisce (art. 108) una riserva esclusiva di legge statale,
cosicché alle regioni non spettano potestà legislative
comunque concernenti la materia giurisdizionale (come anche affermato
dalla Corte Costituzionale nella sentenza n.112 del ‘73) e
pertanto la norma della legge regionale non può comunque
essere interpretata nel senso di consentire una implicita
destinazione fuori ruolo.
Infine,
l’art. 3, comma 1° della legge n. 48/2001, che istituisce
una dotazione organica di duecento posti di magistrati di merito o
legittimità “chiamati a svolgere funzioni diverse da
quelle giudiziarie ordinarie, in ossequio alle vigenti disposizioni
di legge”, ha una mera portata ricognitiva delle ipotesi
previste dalla legge ordinaria di fuori ruolo e non introduce una
categoria generale di destinazione a funzioni non giudiziarie, nella
quale si possano ricomprendere altri possibili collocamenti fuori
ruolo.
Nel
corso del dibattito in plenum non sono mancati interventi
volti a sottolineare come l’inquadramento della legge regionale
nella gerarchia delle fonti del diritto fosse materia in continua
evoluzione per le già realizzate riforme costituzionali e per
quelle che vengono ulteriormente prospettate e ciò doveva
indurre ad adottare una maggiore cautela nella motivazione della
delibera sulla capacità della legge regionale in materia di
ordinamento giudiziario.
Questo
tipo di argomenti unitamente ad un atteggiamento di riguardo dei
laici del Polo verso un Consiglio regionale, la cui maggioranza è
in sintonia politica con i predetti, ha determinato le astensioni,
inspiegabili in ragione dell’attuale, inoppugnabile quadro
normativo.
2. Il dott. Claudio
Vitalone ed il Ministro Castelli, una difficile impugnativa.
Il
CSM da tempo ritiene il dott. Claudio Vitalone non legittimato a
partecipare ai concorsi per uffici direttivi, non essendo decorso un
triennio dalla sua ultima assegnazione. Avendo il TAR recentemente
accolto uno dei numerosi ricorsi proposti dall’interessato, il
Consiglio ha invitato il Ministro della Giustizia ad impugnare la
sentenza, ma Castelli (unico caso in questa consiliatura), ha
ritenuto di disattendere la richiesta.
Inevitabile
la decisione di proporre l’appello al Consiglio di Stato da
parte del CSM in proprio, confortato da un parere dell’Ufficio
studi che ha affermato l’autonomo potere di impugnativa del CSM
rispetto al Ministro; anche per questo hanno destato meraviglia le
sei astensioni intervenute (Stabile, Buccico, Spangher, Marotta,
Marvulli, Favara.).
3. Conferimenti incarichi direttivi:
a) Il Presidente della Corte d’Appello di Potenza;
E’
stato nominato Presidente della Corte d’Appello di Potenza il
dott. Angelo Vaccaro con 15 voti (Berlinguer, Schietroma, Buccico,
Spangher, Ventura Sarno, Di Federico, Marotta, Civinini, Marini,
Menditto, Salvi, Salmè, Favara, Mammone, Lo Voi) che ha
prevalso sul dott. Luigi Martone cui sono andati 9 voti (Stabile,
Riello, Tenaglia, Primicerio, Meliadò, Di Nunzio, Aghina,
Fici, Arbasino).
Concorrevano
indubbiamente due validi candidati: da un lato il dott. Martone,
Presidente di sezione di Corte d’Appello a Napoli, con funzioni
vicarie, già Presidente di sezione di Tribunale e magistrato
applicato in Cassazione, con un buon curriculum professionale;
dall’altro il dott. Vaccaro, dal 1985 Presidente del Tribunale
per i minorenni di Potenza, con analogo positivo curriculum
professionale comprendente la partecipazione a numerose commissioni e
gruppi di studio in materia minorile, docenze e relazioni a seminari
ed incontri di studio organizzati anche dal CSM, numerosi articoli e
provvedimenti giudiziari pubblicati su riviste giuridiche.
Le
ragioni del nostro voto favorevole, così come spiegato negli
interventi in plenum, sono da ricercare nella prevalenza del dott.
Vaccaro sotto molteplici profili, ivi comprese le specifiche
attitudini direttive desunte dal positivo svolgimento di tali
funzioni, per lungo tempo, con ampi riconoscimenti circa l’ottima
organizzazione realizzata nell’ufficio diretto e la specifica
competenza dimostrata in tutti i settori dirigenziali. Non ci è
sembrata corretta la svalutazione delle attitudini direttive del
dott. Vaccaro attraverso il riferimento alle dimensioni ridotte del
Tribunale per i minorenni di Potenza, essendo ben noto a chi conosce
la materia che la direzione di un ufficio minorile richiede
specifiche competenze gestionali, verso i numerosi giudici onorari,
contatti con i servizi sociali, le forze di polizia etc., che ben
possono evidenziare, come hanno evidenziato per il dott. Vaccaro,
indubbie capacità organizzative che ci sono sembrate
prevalenti su quelle maturate dal dott. Martone, se pur in un grande
ufficio, ma mai in posizione apicale.
La
prevalenza del dott. Vaccaro è emersa anche dal contributo
offerto alla valorizzazione ed affermazione della “cultura
delle garanzie” nel settore minorile, dal numero veramente
cospicuo di pubblicazioni scientifiche su svariati argomenti in un
amplissimo arco temporale, da un pari numero di provvedimenti
giudiziari pubblicati, dal costante ruolo di diffusione della cultura
giuridica svolto quale redattore di riviste giuridiche, relatore ad
incontri e seminari organizzati dal Consiglio ed altri enti di
particolare rilievo.
Né
ci è sembrato potesse assumere particolare rilievo in presenza
di questo curriculum professionale la mancanza di esperienze
pregresse omologhe avendo, tra l’altro, il dott. Vaccaro
dimostrato piena conoscenza delle problematiche della Corte d’appello
nel corso dell’audizione svolta in commissione.
Queste
le ragioni della prevalenza del dott. Vaccaro sul pur positivo
profilo del dott. Martone per il quale non si è potuto non
evidenziare il rammarico perché dopo il voto della commissione
si rivolgeva al Ministro chiedendo di negare il concerto nei
confronti del dott. Vaccaro, a suo avviso erroneamente ritenuto
prevalente da alcuni componenti della V commissione.
Di
fronte a due buoni candidati in competizione sono legittime
conclusioni diverse dalle nostre, ma sono apparsi fuori luogo alcuni
interventi di cconsiglieri di Unicost, particolarmente “sbilnciati”
in favore del dott. Martone, diretti a sminuire incomprensibilmente
la figura del dott. Vaccaro e, dispiace dirlo, ancora una volta il
ruolo dei giudici minorili, mai ritenuti idonei alla direzione di un
ufficio, sia esso minorile (come insegna il caso Ferreri, giudice
minorile da lungo tempo, con particolare preparazione culturale,
scientifica e direttiva, cui veniva preferito il dott. Novara, con
limitatissima esperienza minorile e privo di esperienze direttive)
ovvero ordinario (come nel caso del dott. Vaccaro), perché
privi del requisito della “varietà delle funzioni”.
Ma la pretestuosità di questo argomento risulterà
chiara per chi avrà la pazienza di leggere le ragioni per cui
i consiglieri di Unicost hanno ritenuto di votare il dott. Mancini
quale Procuratore della Repubblica di Latina.
b) Il
Procuratore della Repubblica di Latina: sulla scia del caso Gerunda;
Il
conferimento dell’ufficio di Procuratore della Repubblica di
Latina ben si può inserire nella scia della nomina del
Procuratore di Frosinone (meglio noto come “caso”
Gerundi”, su cui ci siamo diffusi nel precedente notiziario):
sul dott. Mancini, risultato vincitore, si è formata la stessa
maggioranza consiliare sia in plenum che in commissione (quando i due
uffici direttivi furono trattati congiuntamente per la compresenza di
numerosi candidati, tra cui i dott.ri Gerunda e Mancini) pur
essendovi due concorrenti, quali i dott.ri Mastrominico e Rossini,
che prevalevano di gran lunga e sotto molteplici profili.
Al
dott. Mancini sono andati 15 voti (Unicost, laici del Polo, MI,
Schietroma, Marvulli), al dott. Mastrominico 6 voti (MD, Berlinguer)
al dott. Rossini 3 voti (Mancini).
Il
dott. Mancini, il più giovane dei candidati, ha svolto
funzioni di pretore, Sostituto procuratore, procuratore circondariale
a Siena per 5 anni; dal 1999 è Sostituto procuratore generale
a Roma (con specifiche competenze informatiche).
Di
fronte a questo profilo professionale (sicuramente positivo e di
questo va dato atto al dott. Mancini) la prevalenza del dott.
Mastrominico appariva netta sotto il profilo delle specifiche
attitudini direttive, desunte tra l’altro dalla varietà
delle funzioni (elemento richiamato costantemente dai consiglieri di
Unicost), svolte sempre ad ottimi livelli, anche in posizioni
direttive e semidirettive. Questo il suo curriculum: pretore,
sostituto procuratore, giudice, Presidente del Tribunale di Melfi per
cinque anni, Procuratore aggiunto a Napoli dal 1995, con direzione di
una sezione composta da circa dieci magistrati e numerose deleghe
conferite dal Procuratore della Repubblica; proprio questo profilo
professionale aveva indotto il CSM, all’unanimità, a
conferirgli l’ufficio di Procuratore della Repubblica di
Giugliano, poi non divenuto operativo, non essendo stato emanato il
decreto attauativo della legge a causa della mancata individuazione
di un edificio idoneo ad accogliere la sede di quegli uffici
giudiziari.
Positivo
anche il profilo del dott. Rossini, pretore, Sostituto procuratore a
Roma per 27 anni e Procuratore a Rieti dal 1996.
Bene,
si è preferito il dott. Mancini perché, come si legge
nella proposta di maggioranza: “il dott. Mastrominico presenta
un profilo di carriera meno omogeneo e quindi subvalente dal punto di
vista delle attitudini…..al dott. Rossini difetta l’esperienza
professionalmente qualificante di esercizio delle funzioni in grado
d’appello”.
La
presenza sia del dott. Mastrominico che del dott. Rossini ha reso
problematici gli interventi a favore del dott. Mancini, come ha
dimostrato con evidenza il cons, Stabile che per sostenere la
prevalenza di Mancini su Rossini ha richiamato l’importanza
della varietà delle funzioni, ignorando volutamente che il
dott. Mastrominico era prevalente di gran lunga sotto questo
specifico profilo.
Abbiamo
chiesto ripetutamente di spiegare le ragioni della preferenza per il
dott. Mancini, in particolare ai consiglieri di Unicost che in più
di una occasione in precedenza avevano giustificato il proprio voto
per il conferimento di uffici direttivi con la varietà delle
funzioni svolte, ma non ci è stata data nessuna risposta.
c) Il Procuratore della Repubblica
di Macerata: la “demonizzazione” delle opinioni.
In
un plenum particolarmente animato è stato conferito l’ufficio
di Procuratore della Repubblica di Macerata per il quale era stato
proposto dalla commissione con ben cinque voti (Buccico, Schietroma,
Aghina, Menditto, Mammone) il dott. Mario Paciaroni, contrapposto al
dott. Guglielmo Passacantando (votato dal solo Riello). In verità,
in commissione non vi erano state lunghe discussioni, apparendo
chiara la prevalenza del dott. Paciaroni, già Presidente di
sezione a Macerata e Procuratore della Repubblica a Camerino dal
gennaio 1999. Era stata anche valutata la circostanza che nel 1999 il
dott. Passacantando era stato preferito al dott. Paciaroni proprio
per il conferimento della Procura di Camerino, poi attributo a
quest’ultimo per l’intervenuta revoca della domanda da
parte dello stesso Passacantando; con la sola eccezione del
consigliere di Unicost si era concordato che lo svolgimento dal 1999
da parte del dott. Paciaroni di funzioni direttive omologhe a quelle
da conferire, unite al diverso profilo professionale percorso nel
frattempo dal dott. Passacantando (magistrato applicato in
Cassazione), inducevano a concludere per una maggiore idoneità
direttiva specifica del primo.
Pur
in presenza di questi fatti, semplici e di intuitiva evidenza, i
consiglieri di Unicost hanno profuso un “encomiabile”
impegno per tentare di fare prevalere il dott. Passacantando,
riuscendo a fare breccia su 4 consiglieri della cdl (essendosi il
quinto, Buccico, già espresso in commissione per Paciaroni).
Al
dott. Paciaroni sono andati 12 voti ((MI, MD, Movimento, Buccico,
Schietroma) così come al dott. Passacantando (Unicost,
Spangher, Di Federico, Ventura Sarno, Marotta, Favara, Marvulli).
L’incarico è stato conferito al dott. Paciaroni in virtù
del residuale criterio della maggiore anzianità (di oltre due
anni).
Pochi
gli argomenti spesi dai consiglieri di Unicost per tentare di
dimostrare la prevalenza del dott. Passacantando. Difettando nel loro
candidato quelli delle precedenti esperienze direttive o
semidirettive (presenti solo in Paciaroni) e della varietà
delle funzioni (presenti in entrambi); si è sostenuta,
prendendo spunto dalle funzioni di magistrato applicato in Cassazione
svolte dal dott. Passacantando, non solo la valorizzazione delle
funzioni di legittimità (argomento condivisibile anche se non
decisivo per il conferimento di un ufficio direttivo requirente di
primo grado), ma anche la necessità di evitare una concreta
penalizzazione di dette funzioni col rischio (sic!) della conseguente
“separatezza” tra merito e legittimità.
Fin
qui siamo alle opinioni, legittime anche se chiaramente dirette a
“forzare” la circolare in materia di conferimento di
uffici direttivi (ma a questo siamo abituati…), visto che
occorreva attribuire un ufficio direttivo in cui andava valutata la
specifica attitudine e capacità direttiva.
Apparendo
insufficienti questi argomenti i consiglieri di Unicost hanno tentato
anche di ridimensionare il profilo professionale ed attitudinale del
dott. Paciaroni, non però fornendo fatti (come abbiamo tentato
di fare noi, ad esempio, nel caso Gerunda, in cui abbiamo letto
sentenze e pareri del Consiglio Giudiziario), ma citando mere
opinioni: si è così svolta quella che può
definirsi una pagina nera del Consiglio in cui sono state demonizzate
le mere opinioni del candidato sgradito.
Il
cons. Tenaglia ha dato lettura di alcune dichiarazioni rese dal dott.
Paciaroni nel corso di un incontro sulla nuova circolare sulle
tabelle organizzato dalla settima commissione, da lui personalmente
trascritte previa acquisizione della cassetta contenente la
registrazione dell’intervento..
In
tale occasione il dott. Paciaroni sostenne che l'impostazione delle
circolari consiliari andavano oltre la previsione dell'art.7-ter
ord.giud. e che fissavano limiti eccessivi alla discrezionalità
dei dirigenti in particolare nei piccoli uffici. Concludeva invitando
il consiglio a rivedere tale impostazione ed a dare più
fiducia ai dirigenti.Queste opinioni sono state considerate da
Tenaglia (e da altro consigliere di Unicost) prova di assenza di
"cultura tabellare" nel candidato e, come tale, prova
insuperabile della sua inadeguatezza a dirigere un ufficio.
Ha
meravigliato, in primo luogo l’utilizzo di dichiarazioni, giova
ribadirlo trascritte personalmente dal Cons. Tenaglia e non inserite
nel fascicolo personale dell’interessato ovvero in quello
formato dalla commissione, ben note ancora prima del voto della
commissione.
Va
poi stigmatizzato l’utilizzo di mere opinioni espresse durante
un incontro in cui la VII commissione incontrava i dirigenti degli
uffici di tutta Italia per delineare, nell’ambito di un
confronto dialettico, le linee guida della futura circolare sulle
tabelle. In quella sede numerosi dirigenti espressero i medesimi
concetti del dott. Paciaroni, rivendicando ai dirigenti l'esigenza di
maggiore libertà di scelta e chiedendo regole tabellari meno
dettagliate.
Sono
posizioni da noi non condivise e contrastate con successo in sede di
stesura della circolare, ma non possono essere occasione di
demonizzazione e mai avremmo pensato che potessero, in quanto mere
opinioni, essere utilizzate per divenire ragione di un voto contrario
per la nomina di un dirigente di un ufficio.
Tanto
più che nel caso di specie si trattava del passaggio dal
vertice di un ufficio requirente ad un altro in cui ben si poteva,
come si doveva, verificare non opinioni, ma la concreta applicazione
delle circolari consiliari. Ed, infatti, i criteri organizzativi
della Procura di Camerino, diretta dal dott. Paciaroni, sono stati
approvati dal consiglio ad eccezione di un punto relativo
all’eccessiva discrezionalità nella coassegnazione di
alcune tipologie di affari al Procuratore ed al sostituto (si
noti, mera coassegnazione e non autoassegnazione discrezionale,
come accaduto per tantissime Procure i cui criteri sono stati
bocciati dal Consiglio). Il dott. Paciaroni si è subito
adeguato alle indicazioni del Consiglio: ha depositato un progetto di
organizzazione della Procura di Macerata in cui si prevede
l'assegnazione degli affari in modo automatico e predeterminato
(tanto da indurre a ritenere superfllua l’audizione).
Insomma,
per il dott. Paciaroni opinioni, mere opinioni, nessun fatto
tale da desumere comportamenti posti in violazione o elusione dei
criteri tabellari; a differenza, per esempio, del dott. Coppari
votato dai consiglieri di Unicost (insieme a CDL e MI), quale
Presidente del Tribunale di Tolmezzo, benchè, pur non avendo
espresso opinioni in tema di cultura tabellare, avesse
ottenuto alcuni anni prima dal consiglio giudiziario un
parere negativo al conferimento di uffici direttivi per avere redatto
tabelle in cui si prevedeva l'assegnazione discrezionale di alcuni
affari, reiterando la proposta, nonostante l'invito del C.G. a dare
attuazione alla circolare consiliare ed al principio costituzionale
di predeterminazione del giudice naturale.
4. Incarichi extragiudiziari, alcune perplessità.
Alcune
perplessità ha suscitato la richiesta di conferimento di un
incarico di insegnamento per 40 ore ad un collega, presidente di
sezione di corte d’appello, che, nonostante il parere
favorevole del Consiglio Giudiziario, risultava avere redatto
complessivamente 10 sentenze negli ultimi due anni (oltre un numero
rilevante di ordinanze). La pratica è tornata in commissione
per un approfondimento.
Accolta
invece (con 7 astensioni e 4 voti contrari) la richiesta di un
collega del Tribunale di Roma per il rinnovo di una "consulenza"
in tema di stupefacenti presso la Presidenza del Consiglio. Le
perplessità nascevano dall’essere il collega componente
del Comitato scientifico del consiglio (con esonero del 25% dal
lavoro) nonché del consiglio giudiziario, oltre che dal
compenso pari a 12.000 Euro (lordi) per due ore di lavoro ogni venti
giorni in un arco di sei mesi.
5. Questioni in tema di rapporti tra procuratore della
Repubblica e sostituti.
E’
stata approvata all’unanimità una delibera che raccoglie
varie pratiche e quesiti attinenti ai rapporti tra
Procuratore della Repubblica e sostituti.
In
essa il Consiglio, oltre a ribadire quanto stabilito nelle precedenti
risoluzioni del 3/6/’92, 25/3 e 14/4/’93 e 10/4/’96
nonché attraverso le circolari in materia di tabelle nella
parte relativa all’organizzazione degli uffici requirenti e in
occasione dei pareri resi sul disegno di legge di riforma
dell'ordinamento giudiziario e sul c.d. maxiemendamento (delibere
rispettivamente del 12/6/2002 e del 22/5/2003),
afferma
che deve essere esclusa la legittimità di prescrizioni
impartite dal procuratore in relazione al singolo procedimento,
prescrizioni che si porrebbero in contrasto con la sfera di autonomia
attribuita al sostituto in forza della designazione alla trattazione
del procedimento, fermo restando il riconoscimento della piena
legittimità di direttive generali adottate preventivamente dal
procuratore, che può esercitare il potere di revoca della
designazione nei limiti e con la modalità indicate nelle
precedenti risoluzioni.
Pertanto,
come sussiste in capo al Consiglio il potere-dovere di vagliare la
legittimità del provvedimento di revoca della designazione
adottato dal titolare dell'ufficio, analogo potere-dovere dell'organo
di autogoverno ed analoga facoltà di sollecitazione in capo ai
sostituti devono essere a fortiori riconosciuti con
riferimento ad atti che, pur non concretizzandosi nella revoca della
designazione, siano idonei a minare la sfera di autonomia del
sostituto nella trattazione del procedimento e devono qualificarsi in
termini di illegittimità gli atti provenienti dal dirigente
che, in assenza di revoca della designazione, contengano valutazioni
difformi da quelle operate dal titolare del procedimento o comunque
idonee ad interferire con le sue determinazioni.
Ancora,
la trattazione congiunta da parte del procuratore e di un sostituto
di un determinato procedimento ben può essere assicurata
attraverso lo strumento della coassegnazione, che è
disciplinato dal punto 65.4 della circolare sulle tabelle in materia
di organizzazione degli uffici giudiziari requirenti. Deve ritenersi,
invece, non in linea con l'assetto giuridico dei rapporti tra
Procuratore e sostituti sopra delineato una delega ad acta da
parte del procuratore, che, fuori dei casi di assoluto impedimento
del titolare del procedimento ad adottare provvedimenti indifferibili
e urgenti, si risolverebbe in una forma di assegnazione degli affari
ovvero di specifici segmenti procedimentali, contrastante con la
previsione di cui all'art. 70 Ord. giud.
Infine,
il rapporto tra dirigente dell'ufficio inquirente e magistrati
addetti allo stesso ufficio si configura in termini di
sovra-ordinazione in funzione dell'esercizio dei poteri di direzione
e di organizzazione dell'ufficio (art. 70 co. 3 ord. giud.) e di
sorveglianza (art. 16 co. 4 l.guar.). In particolare, oggetto
dell'attività di sorveglianza possano essere solo
comportamenti inerenti ai doveri di ufficio e le relative modalità
di esplicazione. In questa prospettiva, l'esercizio del potere di
sorveglianza deve essere indirizzato, per un verso, alla verifica dei
dati formali e quantitativi espressivi dell'adempimento da parte del
sostituto dei suoi doveri di diligenza ed operosità e, per
altro verso, alla verifica, di quei comportamenti dovuti, la cui
omissione può essere causa di provvedimenti disciplinari o
connessi ad eventuali incompatibilità.
Così
delineato il profilo dei poteri attribuiti al procuratore della
Repubblica, il Consiglio ritiene (sulla scorta delle considerazioni
di un parere dell'Ufficio Studi) che un’iniziativa del
Procuratore della Repubblica che si proponga di esaminare tutti i
procedimenti assegnati ad un magistrato dell'ufficio ovvero di
visionare tutti i provvedimenti dallo stesso emessi all'esito della
trattazione dei procedimenti conclusi con richiesta di archiviazione
(o di rinvio a giudizio) non rientri nei ricordati poteri di
direzione, di organizzazione o di sorveglianza del titolare
dell'ufficio, così come definiti dalle norme di ordinamento
giudiziario lette alla luce delle numerose delibere consiliari
sull'argomento. Escludendo qualsivoglia riferimento ai poteri di
direzione ed organizzazione, la delibera si interroga circa la
legittimità di un'ispezione generalizzata sul merito delle
scelte investigative e processuali del sostituto alla luce del potere
di sorveglianza sancito dall'art. 16 comma 4 l. guar., orientandosi
verso una soluzione negativa anche avuto riguardo alla normativa
secondaria del Consiglio.
Ed,
invero, l'esame diretto dei fascicoli da parte del titolare
dell'ufficio, senza una preventiva richiesta di trasmissione in
visione che ne illustri i motivi e ne individui le concrete finalità
di accertamento, non risponde ai canoni di esercizio del potere di
sorveglianza indicati dal Consiglio nella delibera del 14/4/’93,
in quanto non consente di effettuare alcun controllo di congruità
della verifica rispetto alla possibile violazione da parte del
magistrato assegnatario dei procedimenti di norme di comportamento.
Né appare conforme alle linee generali della risoluzione del
25/3/’93, che traccia un quadro di rapporti tra Procuratore
della Repubblica e sostituto caratterizzato dall’assenza di
qualunque rapporto di tipo gerarchico nonché dal richiamo
pressante alla necessità che ogni intervento del titolare
dell'ufficio si muova nell'ambito di criteri predeterminati di
carattere generale (non su singoli procedimenti o, peggio, nei
confronti di singoli sostituti) a garanzia della autonomia del
magistrato del pubblico ministero che deve essere tutelata anche con
riguardo alla fase delle indagini preliminari.
Va
segnalata l’importanza di questa delibera rispetto ad una
riforma dell’ordinamento giudiziario che si pone in una
prospettiva simmetricamente opposta, volta a ripristinare modelli di
organizzazione gerarchica e verticistica degli uffici giudiziari
requirenti.
6. I rapporti tra Procuratore
generale della Corte d’Appello e Procuratore distrettuale
antimafia.
Altra
delibera approvata all’unanimità costituisce risposta al
quesito se il Procuratore generale abbia titolo (e potestà) di
pretendere che il Procuratore distrettuale antimafia lo informi delle
indagini in corso.
La
risoluzione affronta il tema sotto un duplice profilo, processuale e
ordinamentale; riguardo al primo l’analisi delle norme di
riferimento (artt.51 comma 3 bis, 371, 371 bis, 372
comma 1 bis c.p.p. e 118 bis disp. att. c.p.p.) porta a
concludere nel senso di ritenere insussistente un obbligo di
informativa ex art. 118 bis disp. att. c.p.p. gravante sul
Procuratore distrettuale antimafia, relativamente ai procedimenti
concernenti i reati indicati nell'art. 51 co. 3
bis c.p.p.
Sotto
il profilo ordinamentale la risoluzione, dopo aver sottolineato che
la norma primaria di riferimento in tema di rapporti tra Procura
generale presso la Corte d’Appello e le Procure della
Repubblica del distretto è costituita dall'art. 16 del R.D.L.
n. 511/1946, che sancisce il potere del Procuratore Generale di
sorveglianza su tutti magistrati inquirenti del distretto, richiama
sul piano della disciplina secondaria le delibere consiliari del
23/10/’91 e 14/4/’93, nelle quali si è affermato
che, dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale e
delle norme di adeguamento dell'ordinamento giudiziario, il
Procuratore generale non ha più potere gerarchico sui
Procuratori della Repubblica né per i rapporti di natura
giudiziaria né per quelli riconducibili all'amministrazione
della giurisdizione. Da questa premessa discende che oggetto
dell'attività di sorveglianza possano essere solo
comportamenti inerenti ai doveri d’ufficio e le relative
modalità di esplicazione; ciò si può configurare
sotto due punti di vista: da un lato il Procuratore generale può
controllare e rilevare dati formali e quantitativi (quali la dovuta
presenza in udienza, i dati statistici di lavoro, i tempi di
espletamento, ecc.), dall'altro può prendere in considerazione
quei comportamenti dovuti, la cui omissione può essere causa
di provvedimenti disciplinari o connessi ad eventuali incompatibilità
(in pratica il Procuratore Generale può indirizzare la sua
attenzione in entrambe le direzioni indicate.
Sulla
base di queste considerazioni si è ritenuto che “ove il
Procuratore Generale richieda in visione un fascicolo al Procuratore
della Repubblica (che può essere trasmesso anche in copia),
espliciti e motivi la propria richiesta, perché sia possibile
valutare la fondatezza o meno della stessa (esaminare, cioè,
se la richiesta rientra nelle ipotesi che oggi possono ritenersi
consentite), non potendosi più ritenere sussistente,
nell'attuale sistema normativo, un generalizzato potere del
Procuratore Generale di esaminare atti coperti dal segreto
investigativo. Ed è altresì necessario che il
Procuratore Generale specifichi, ove la richiesta sia inquadrabile
nell'attività di sorveglianza, la concreta finalità di
accertamento di una determinata omissione o lesione, cui è
funzionale l'esame degli atti; fermo restando che, ove gli vengano
trasmessi, lo stesso è tenuto al rispetto del segreto
d'ufficio, salvo il dovere d'informare il C.S.M. dei fatti rilevanti
eventualmente accertati”.
Pertanto,
un generale dovere di informativa del Procuratore distrettuale
antimafia al Procuratore generale relativamente ai procedimenti
concernenti i reati indicati nell'art. 51 co. 3 bis c.p.p., escluso
con riferimento all'art. 118 bis disp. att. c.p.p., non può
essere ricondotto ad un’insussistente posizione di supremazia
gerarchica del secondo rispetto al primo; tuttavia, la titolarità
del potere di sorveglianza ex art. 16 l. guar. comporta il
riconoscimento in capo al Procuratore generale della facoltà
di richiedere, anche con riferimento ai procedimenti concernenti i
reati indicati nell'art. 51 co. 3 bis c.p.p., le informazioni
funzionali all'esercizio del potere stesso, nei limiti e con le
modalità indicati dal Consiglio con le citate delibere.
Da
un ulteriore punto di vista, vanno ricordati gli interventi del
Procuratore generale presso la Corte d’appello nell'ambito
della procedura di applicazione di magistrati del pubblico ministero
ex art.110 bis ord. giud. e dal capo XVII della circolare
sull'organizzazione degli uffici giudiziari per il biennio 2004/2005.
Ancora,
ai sensi dell'art.110 bis cit., i Procuratori generali vengono
sentiti, insieme con i procuratori della Repubblica interessati,
prima dell’emissione del decreto di applicazione da parte del
Procuratore nazionale antimafia; inoltre, quando si tratta di
applicazioni alla Procura distrettuale avente sede nel capoluogo del
medesimo distretto, il decreto è emesso dal Procuratore
generale presso la corte di appello, che ne dà comunicazione
al Procuratore nazionale antimafia.
Pertanto,
anche in relazione all'esercizio delle funzioni ora indicate, deve
riconoscersi in capo al Procuratore generale la possibilità di
avanzare al Procuratore distrettuale richieste di informazioni, con i
limiti e le modalità sopra indicati che discendono dal
necessario collegamento tra l'attivazione di tale potere e la
funzione conoscitiva alla quale è preordinato in vista
dell'esercizio dei poteri di cui all'art.110 bis ord. giud.
Va,
pertanto, riconosciuta in capo al Procuratore generale la facoltà
di richiedere, anche con riferimento ai procedimenti concernenti i
reati indicati nell'art.51 comma 3 bis c.p.p. e nei limiti e
con le modalità indicati dal Consiglio con le delibere più
volte citate, le informazioni funzionali all'esercizio del potere di
sorveglianza e dei poteri di cui all'art. 110 bis ord. giud.;
tale riconoscimento e la già evidenziata insussistenza di un
obbligo generale di informativa ex art.118 bis disp. att.
c.p.p. gravante sul Procuratore distrettuale antimafia, relativamente
ai procedimenti concernenti i reati indicati nell'art. 51 comma 3 bis
c.p.p., definisce, in uno con la considerazione dello spirito di
collaborazione che deve animare i rapporti tra gli uffici, il ruolo
dei diversi organi del pubblico ministero presi in esame.
7. Il
parere del Consiglio sulla bozza del bando del concorso per uditore
giudiziario.
La
procedura per l'indizione del secondo dei tre concorsi per Uditore
giudiziario previsti dalla legge n. 48/2001 è ormai in pieno
svolgimento.
Come
si ricorderà il CSM già nel settembre scorso aveva
chiesto al Ministro di bandire i due concorsi residui (per il
che la legge pone il termine del 31/3/2004) ed ora ha deliberato
e diffuso il bando per la raccolta delle disponibilità a far
parte della commissione di concorso; quindi, ha provveduto al rinnovo
della Commissione per l'aggiornamento dell'archivio dei quiz per le
prove preselettive.
Il
Ministero ha inviato al Consiglio la bozza del bando per il parere,
il quale prevede, tra l'altro, l'esonero dalle prove preselettive per
i diplomati delle scuole post universitarie anche se iscritti prima
dell'anno accademico 1998/1999. Poichè il dato normativo sul
punto è particolarmente oscuro e possono astrattamente
profilarsi due interpretazioni contrapposte (il rinvio all'art. 123
bis ord.giud. di cui alla disciplina transitoria della l. del 2001
vale solo ai fini della previsione della prova preselettiva, ma non
anche dell'esonero dei diplomati delle scuole ovvero il rinvio è
integrale e comprende le categorie dei soggetti esonerati), si è
ritenuto opportuno segnalare al Ministro "che ricorrono
dubbi interpretativi attinenti all’applicazione integrale o
meno dell’art. 123 bis, come aggiunto dall’art. 2 D. Lgs
17/11/97 n. 398" e che "al fine di evitare possibili
incertezze applicative, appare oltremodo opportuno un tempestivo
intervento di chiarificazione normativa".
Si
auspica che il Ministro, anche per evitare un contenzioso sul
concorso, che potrebbe anche portare alla sua sospensione da parte
del giudice amministrativo, intervenga pure con decretazione
d'urgenza, riscrivendo la disciplina transitoria in modo da eliminare
ogni dubbio.
8. Il
rispetto delle regole nei trasferimenti - 2°
puntata ovvero The neverending Story.
Nello
scorso notiziario avevamo sottolineato la grave violazione delle
regole che la maggioranza della III Commissione (MI, Unicost,
Polo) aveva perpetrato nel proporre per il trasferimento alla
Corte d'Appello di Roma la collega Pucci anzichè il più
anziano Scaramuzzi, cui a tal fine era stato ingiustificatamente
abbassato il punteggio già attribuito nel precedente
concorso del dicembre 2002 da 4 a 3 per il merito (una valutazione
basata soprattutto sulla quantità e qualità del lavoro
svolto).
Al
Plenum del 19 febbraio la relatrice di maggioranza, cons.
Ventura Sarno, ha letto e poi depositato un maxiemendamento con cui,
alla luce evidentemente delle critiche formulate, si "irrobustisce"
la motivazione a favore di Pucci e si svilisce la figura di
Scaramuzzi, confutando (id est, tentando di confutare) la motivazione
della proposta di minoranza.
Data
l'ampiezza dell'emendamento (in verità una nuova motivazione),
si è chiesto da parte del relatore di minoranza il ritorno
della pratica in commissione, richiesta bocciata grazie al voto di
MI, Unicost, Polo.
Nella
discussione che ne è seguita, in alcuni interventi (Civinini e
Aghina) si è sottolineata l'irritualità
dell'introduzione nella motivazione di argomenti a confutazione della
motivazione di minoranza e la pericolosità di una tale
innovazione che, laddove prendesse campo, implicherebbe
l'instaurazione di una sorta di contraddittorio tra maggioranza e
minoranza della commissione in sede di stesura delle motivazioni al
fine di consentire la replica e comporterebbe comunque un inutile
appesantimento dei lavori del Consiglio, le contestazioni degli
argomenti avversari essendo riservate alla discussione orale in
plenum.
Nel
merito (su cui, data la gravità e esemplarità della
vicenda, si sono avuti interventi di tutti i consiglieri
dell'alleanza), sono stati posti i seguenti punti fermi: a)
Scaramuzzi ha una maggiore anzianità nel ruolo di Pucci; b) il
primo fa parte della seconda sezione civile addetta alla
trattazione di controversie in materia commerciale, ha statistiche
negli ultimi 7 anni nella media della sezione e, secondo il consiglio
giudiziario, tenuto conto di ulteriori impegni di servizio
(informatizzazione della sezione e altro), ha una produttività
superiore alla media; ha depositato importanti sentenze in materia di
interessi usurari, nuova contrattazione dei mutui e altro pubblicate
su riviste nazionali; la seconda fa parte di una sezione penale, ha
depositato soltanto le statistiche del 2002 da cui risulta una
produttività nella fascia medio alta (tenendo conto delle
statistiche del monocratico, non particolarmente elevate, e di
quelle del collegiale); c) nella motivazione originaria (approvata
col voto contrario di MD e Movimenti) si attribuivano 3 punti nel
merito a Scaramuzzi "avendo il medesimo prodotto statistiche
esclusivamente per l'anno 2002" (che è invece quel che ha
fatto la Pucci, cui si dava 4 senza motivazione); nella motivazione
di maggioranza successiva al ritorno della pratica in commissione il
motivo a sostegno dei 3 punti (1 in meno che nella valutazione di un
anno fa, diminuzione indispensabile per far sopravanzare la Pucci) è
che le statistiche sono solo nella media e nel maxiemendamento si
aggiunge che il rilievo sulla produttività del consiglio
giudiziario vale solo fino a ottobre 2000; d) per giustificare
l'attribuzione del punteggio di 4 a Pucci (e soprattutto la
differenza con Scaramuzzi in base al necessario giudizio comparativo)
il maxiemendamento parla di "statistiche aggiornate a tutto il
2002" da cui "emerge una produttività
particolarmente elevata, decisamente superiore alla media
dell'ufficio di appartenenza"; in verità Pucci ha
depositato solo le statistiche del 2002 e non è vero quanto si
dice di seguito e cioè che "la produttività della
dott.ssa. Pucci è stata eccellente quanto meno fino al 21
febbraio 2001, quando le valutazioni espresse dal Consiglio
Giudiziario ... sono state condivise dal CSM in occasione della
nomina a Consigliere di Cassazione; infatti, il 21/2/2001 il CSM ha
deliberato la nomina a magistrato di cassazione sulla base di
statistiche (rinvenibili nel fascicolo personale) fino a marzo 2000,
che testimoniano di una produttività media sia per le sentenze
con riserva di motivazione sia per quelle contestuali e che lasciano
completamente scoperto il periodo da aprile 2000 a dicembre 2001; e)
se anche volessimo valorizzare al massimo la posizione della collega,
potremmo attribuire ad entrambi 4 punti nel merito, col che dovrebbe
proporsi necessariamente Scaramuzzi, più anziano.
Alla
fine, il cons. Buccico ha chiesto un rinvio della decisione per poter
approfondire l'esame della pratica, visionare i fascicoli e leggere
le sentenze.
Si
ripristineranno le corrette regole del gioco? o ci attende una nuova
emozionante motivazione, la quarta?
Lo
scopriremo al prossimo Plenum ....
(come
diceva Oscar Wilde, "questa suspence è tremenda, speriamo
che duri...")
9. La
magistratura onoraria.
Il
plenum ha licenziato il bando per la nomina dei nuovi esperti presso
i tribunali di sorveglianza. Inoltre, accogliendo le linee adottate
dalla commissione, ha deliberato la revoca dall'incarico per tre
giudici di pace che si sono segnalati per significativi ritardi nel
deposito delle decisioni. In linea con i criteri che la sezione
disciplinare si è data per i magistrati ordinari, la
commissione non si limita a valutare l'entità quantitativa dei
ritardi nel deposito, ma valuta il numero delle decisioni tardive
alla luce della produttività complessiva del giudice di pace e
della lunghezza massima e media dei ritardi; il tutto tenendo conto,
ovviamente, delle giustificazioni addotte. Va considerato, a tal
fine, che molti giudici di pace sono di età avanzata e hanno
portato a propria discolpa ragioni di salute. Le delibere (giudici
Morgigni, Grassi e Bossini) possono essere consultate da chi intenda
verificare gli standard che il Consiglio si è dato. Si tratta,
in tutti i tre casi, di ritardi che concernono un numero elevato di
sentenze (oltre 200 per Morgigni), percentualmente assai rilevante, e
che in un caso vedevano le decisioni in parte non ancora depositate
al momento dell'esame della pratica in commissione.
B) Dalle Commissioni:
1. Proposte di nomine per incarichi
semidirettivi.
La Quinta commissione ha proposto
all’unanimità:
- la
dott.ssa Elisa Ceccarelli, Presidente del Tribunale per i
minorenni di Bologna, per il conferimento dell’ufficio di
Presidente di sezione del Tribunale di Milano;
- il
dott. Pio Ferrone, Consigliere della Corte d’Appello di
Potenza per il conferimento dell’ufficio di Presidente della
sezione lavoro della Corte d’Appello di Potenza. - il
dott. Eduardo Muzj, Sostituto procuratore generale presso la
Corte d’Appello di Roma, per il conferimento dell’ufficio
di Avvocato generale presso la Corte d’Appello di Trieste.
2. Sedi
per gli uditori e per la mobilità ordinaria.
In
questa settimana la Terza Commissione predisporrà l'elenco
delle sedi da assegnare agli Uditori giudiziari (che effettueranno la
scelta il 30 marzo) e la pubblicazione dei posti per i
tramutamenti ordinari, che poi saranno sottoposti al plenum nella
seduta di giovedì con ordine del giorno aggiunto.
Il
bollettino comprenderà circa 140-145 posti di primo
grado oltre ai posti vacanti in grado d'appello ed ai posti di
magistrato distrettuale non coperti in sede di prima assegnazione
(12); la pubblicazione dei posti di Cassazione e Massimario avrà
luogo separatamente a maggio.
La
questione che desta maggiore interesse è la ripartizione dei
posti di primo grado attualmente disponibili tra uditori e mobilità
ordinaria, essendo ormai a tutti noti i problemi connessi alla scarsa
mobilità ed alla situazione di sostanziale pieno organico.
La
Commissione ha lavorato intensamente ed ha pressochè definito
i concorsi per il primo grado e per l'appello pendenti (mancano 6
posti da assegnare), ha gestito tre tornate di trasferimenti dei
magistrati con diritto di prelazione perchè provenienti da
sedi disagiate (dei quali circa un terzo non ha allo stato fruito del
beneficio), ha concluso il concorso per il Massimario destinati
d'appello, ha quasi terminato le nomine in Cassazione, gestito
numerose posizioni di fuori ruolo, ha iniziato lo studio di varie
questioni - dalla tutela del diritto alla salute del magistrato alla
rilevanza dei motivi di salute dei familiari alla corretta
applicazione della l.n.104/1992 ai problemi connessi all'esercizio
del diritto di revoca (che comporta un'enorme quantità di
lavoro inutile per la commissione) e altro - che si tradurranno a
breve in modifiche della circolare.
All'esito
di tale lavoro sono attualmente vacanti circa 450 posti di primo
grado (58 posti al centro, 143 al nord, 245 al
sud, 17 posti in Sardegna), dei quali 308 devono essere
assegnati in prima sede agli uditori giudiziari.
La
ripartizione terrà conto delle esigenze di mobilità
orizzontale geografica e per funzioni, delle eventuali domande in
prevenzione, delle sedi che per posizione geografica o per funzione
rischiano di restare scoperte in sede di concorso ordinario.
Sono ben
presenti alla commissione l'attesa che si crea attorno alla
pubblicazione del bollettino e le tante esigenze e aspettative
umane, familiari, lavorative dei colleghi che da anni aspirano a
rientrare ove è il centro dei loro affetti e della loro vita.
Costituisce peraltro un'evidenza numerica che almeno 70 - 75
posti per gli uditori devono essere reperiti (tenuto conto anche di
minime esigenze di mobilità orizzontale negli uffici del sud)
nel centro-nord.
3. Gli interventi consiliari per
migliorare l’efficienza degli uffici.
In
relazione alle note vicende che hanno coinvolto gli uffici giudiziari
di Parma, la Settima Commissione ha convocato per questa settimana i
vertici distrettuali e locali per verificare se sussistano esigenze
di funzionalità e problemi gestionali, alla cui soluzione il
Consiglio possa contribuire. Nella stessa settimana la Commisisone
dovrà valutare come sviluppare la pratica che concerne la
funzionalità della Procura della Repubblica di Palermo. Aperta
su nostra richiesta dopo che alcuni aggiunti e sostituti avevano
chiesto di essere ascoltati dal Consiglio, la pratica (che si fonda
sulle competenza che la VII Commissione ha ricevuto dalla soppressa X
Commissione - criminalità organizzata) deve oggi avere
riguardo agli assetti organizzativi e operativi che per una procura
impegnata in modo particolare sul fonte del contrasto alla
criminalità mafiosa derivano, al termine di un periodo
caratterizzato da note e significative difficoltà interne,
anche dall’attuazione della nuova circolare sulle tabelle e
dalle importanti innovazioni in essa contenute.
E'
in programma altresì la stesura della relazione che conclude
il primo periodo di sperimentazione presso gli uffici bolognesi del
"sistema di indicatori di efficienza" impostato dal gruppo
misto Consiglio-Ministero.
4. La magistratura onoraria.
La
Commissione sta concludendo la redazione di un progetto organico di
formazione per tutta la magistratura onoraria, di cui daremo conto
tra breve, non appena i lavori saranno terminati. La Commissione sta
procedendo all'esame delle domande di conferma biennale di un numero
assai elevato di giudici di pace che già hanno completato i
due primi periodi. I consigli giudiziari hanno compiuto, per quanto è
dato di vedere, un ottimo lavoro di valutazione caso per caso, anche
mediante un esame a campione dei verbali di udienza e dei
provvedimenti redatti. Il numero dei giudici, di cui si propone la
non conferma, è assai contenuto (com’era da attendersi
dopo 8 anni di attività svolta e dopo che i casi più
problematici sono già stati oggetto di iniziative sul piano
disciplinare).
Nei
casi in cui è necessario la Commissione procederà ad
audizioni e la prima è programmata per la settimana prossima.