Caro Romano,
Il Suo editoriale dal titolo "Un magistrato per amico" di sabato 30 luglio offre lo spunto per un approfondimento sulla distinzione tra attività lecite ed illecite da parte dei magistrati. Infatti alcuni esempi indicati come emblematici di "doppia lealtà", ovvero di "cuginanza", appaiono fra loro del tutto diversi, se non opposti.
L'impegno pubblico del magistrato, svolto nel rispetto delle leggi vigenti, costituisce un valore positivo per la vita politica ed istituzionale, nulla avendo a che fare con favori a un amico o a "un cugino". Il singolo magistrato, come può partecipare alla vita culturale ed associativa della comunità, può anche candidarsi alle elezioni secondo le regole fissate dal legislatore; infatti c'è un lungo elenco di magistrati, di diversa cultura e formazione, che sin dal 1946 si sono seduti sui banchi di tutti i gruppi parlamentari. Le norme attuali, dettate sullo schema di una democrazia proporzionale, sono certamente da riscrivere in un sistema maggioritario, tanto che l'ANM e lo stesso CSM hanno sollecitato un intervento legislativo che ad oggi è mancato. E' comunque auspicabile che, anche prima dell'approvazione di nuove regole, i magistrati si diano carico dei problemi posti in particolare dalle candidature nelle sedi ove essi hanno esercitato le loro funzioni.
Del tutto improprio mi pare invece l'accostamento tra l'impegno politico e associativo -svolto sempre alla luce del sole- di alcuni magistrati, e la "cuginanza" cui Lei si riferisce, che è fatta di contatti privati e occulti con il potere economico o politico, di favoritismi e di rivelazioni di segreti d'ufficio. Tali condotte, anche quando non costituiscono reato, violano gravemente i doveri di imparzialità e correttezza del magistrato e debbono essere oggetto di un rigoroso intervento sia in sede disciplinare sia, se del caso, in sede di procedimento di trasferimento di ufficio.
In attesa dei doverosi accertamenti da parte dell'autorità giudiziaria competente, dei titolari dell'azione disciplinare e del CSM, non intendo anticipare alcuna valutazione sul caso specifico che Lei ha evocato. Ma sin d'ora -da un punto di vista di principio- devo dire che se quella che nel Suo articolo è chiamata una "amichevole consulenza" fosse stata effettivamente fornita saremmo di fronte ad una condotta deontologicamente inammissibile.
Dobbiamo quindi augurarci, nell'interesse delle istituzioni e dello stesso magistrato chiamato in causa, che gli accertamenti, su questo come su ogni caso analogo, avvengano con la massima tempestività e con il necessario approfondimento.
RingraziandoLa per l'attenzione, Le porgo i migliori saluti.