Il tema del congresso riguarda particolarmente da vicino il diritto privato, forse anche pi di quanto non inerisca al settore della giustizia penale. Se, in quest’ultimo, si assiste al tentativo, goffo per la verità, di alcuni imputati di sottrarsi al giudice naturale precostituito per legge, in ambito giusprivatistico si sta verificando, da qualche anno, un formidabile attacco al sistema dei controlli di legalità incentrati sul ruolo di garanzia della giurisdizione.
Non è un’operazione facile dare oggi una collocazione ed una identità precisa all’esercizio quotidiano della giurisdizione: sicuramente, non lo è per tutti quei magistrati che non sono abituati a ragionare collettivamente, e che comunque non sentono il bisogno di trovare luoghi e momenti di confronto, all’esterno ed all’interno della corporazione.
1. Innanzitutto desidero ringraziare Magistratura democratica, il Presidente ed il Segretario per avermi invitato al congresso. Ne sono onorato.
Il numero, la qualità degli interventi cui ho assistito e la molteplicità dei temi dibattuti denunciano una concezione “umanistica e sostanziale del diritto” cui ho inteso ispirare la mia ormai lunga esperienza professionale esercitata principalmente nel campo del diritto del lavoro.
Concordo con l’affermazione contenuta nella relazione di Claudio Castelli secondo cui “l’arroccarsi su posizioni di difesa comunque e dovunque è un limite grave che conduce inevitabilmente a contro riforme devastanti per gli assetti istituzionali”. E' il cuore di una riflessione che, identicamente, ci ha accompagnati in questo anno e mezzo di lavoro politico e parlamentare, in un quadro però così complesso ed irto di questioni che vale la pena di dipanare.
Sessione di lavoro 1
Giurisdizione e stato sociale
Ho ascoltato con grande interesse il dibattito congressuale di MD e la relazione di Livio Pepino e trovo una grande sintonia, nonostante le grandi differenze tra le nostre organizzazioni, tra la discussione in corso nell’Arci e quella che sta caratterizzando i vostri lavori.
Molti anni fa, ascoltando come testimone in una causa di mansioni un ingegnere delle Ferrovie dello Stato, gli chiesi come mai l’ente operasse nel modo così caotico e confuso che mi stava descrivendo. Mi rispose – sorridendo - che si meravigliava della mia sorpresa, e, citando un matematico di cui purtroppo non appuntai il nome, mi disse: «signor giudice, il caos non è una disfunzione è una funzione».